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Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.02.2008 Sergio Romano non rinuncia alla lente anti-americana e a legittimare Hamas
anche quando scrive sul Kosovo

Testata: Corriere della Sera
Data: 23 febbraio 2008
Pagina: 43
Autore: Sergio Romano
Titolo: «KOSOVO INDIPENDENTE PERCHÉ PIACE AGLI AMERICANI»

Sergio Romano, sul CORRIERE della SERA del 23 febbraio 2008, risponde a un lettore sulla questione del Kosovo.
Informazione Corretta ha già pubblicato in merito  gli articoli di Maria Giovanna Maglie, che (tra gli altri argomenti contro l'indipendenza di Pristina) paventa il rischio destabilizzante di uno stato a maggioranza musulmana in Europa, e di Enzo Bettiza, che invece lo nega, ricordando il filoamericanismo della popolazione albanese del Kosovo.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=23551

L'ex ambasciatore Romano si schiera nel campo avverso all'indipendenza del Kosovo.
Sul merito della questione non intendiamo prendere posizione. Ci limitiamo a segnalare come anche su questa vicenda Romano utilizzi la lente deformante dell'antiamericanismo (gli Stati Uniti sosterebbero l'indipendenza del Kosovo sostanzialmente in funzione antieuropea e antirussa) e non rinunci a tirare in ballo (in negativo) Israele.

"Sappiamo" scrive l'ex ambasciatore "che gli americani «non parlano con i terroristi» e che non smettono di ricordarcelo ogniqualvolta qualcuno sostiene che il dialogo con Hamas potrebbe essere utile alla soluzione dell'imbroglio israelo- palestinese. Ma in quella occasione vollero che l'Uck venisse a Rambouillet e diventasse il legittimo interlocutore della diplomazia "

Se è per questo, notiamo noi, gli americani portarono anche il terrorista Yasser Arafat a Camp David. Credevano allora nella possibilità che egli divenisse un ex terrorista e accettasse una pacifica convivenza con Israele. Quella speranza si rivelò, proprio a Camp David, un'illusione.
Per quanto riguarda Hamas, non c'è nessuna possibilità di illudersi. Il gruppo islamista rivendica apertamente  sia le operazioni terroristiche contro i civili israeliani che l'obiettivo della distruzione di Israele.
Quando Romano invoca la "trattativa" con Hamas, invoca dunque la trattativa sull'esistenza stessa di Israele. Qualcosa di molto diverso, si ammetterà, del negoziato di Rambouillet voluto dagli americani per cercare di risolvere la questione kosovara.

Ecco il testo completo:

Nel 1995-96, a cavallo degli accordi di Dayton, ero a Belgrado a capo della missione di osservazione della Ue per Serbia e Montenegro. Incontrai i vertici politici e istituzionali, e delle organizzazioni internazionali presenti nell'area. Fui ricevuto da Ibrahim Rugova, capo del movimento che rifiutava, all'epoca in modo quasi esclusivamente pacifico, ogni contatto con le autorità serbe, promuoveva la creazione di scuole parallele a quelle ufficiali. Ma ancora non era presente in armi (armi prevalentemente ricevute dall'Albania dopo la crisi del 1997) l'Uck, che poi avrebbe innescato la catena di violenze che determinarono la reazione altrettanto violenta della parte serba. Venendo al presente, molti pensano che un Kosovo indipendente potrebbe diventare un crocevia di attività illegali.
Inoltre i 100.000 serbi residenti in varie «enclave» richiederebbero un impegno permanente della Comunità internazionale per la tutela della loro integrità fisica; senza parlare della Chiesa ortodossa e dei suoi monasteri ricchi di opere d'arte. Il Patriarca Pavle, che incontrai più volte, manifestava preoccupazioni per il futuro della sua Chiesa in Kosovo. E poi si dice «regaleremmo la Serbia a Putin riconoscendo l'indipendenza del Kosovo» e inoltre si potrebbero scatenare altre rivendicazioni di indipendenza, il diritto internazionale sulla sovranità degli Stati verrebbe violato e ancora sembra chiaro che l'attuale cosiddetta classe dirigente del Kosovo non sia affidabile né all'altezza del compito. E allora perché gli Usa e larga parte dei Paesi Ue (inclusa la nostra Italia) riconoscono l'indipendenza del Kosovo?
Perché non vengono esercitate pressioni sul governo serbo affinché al Kosovo venga riconosciuta una autonomia regionale anche più ampia di quella che Tito a suo tempo concesse e in parte Milosevic limitò? E perché non fare pressioni sui kosovari affinché la accettino?
Gen. B. (ris) Antonio Torsiello
antonio.torsiello@ fastwebnet.it Caro Torsiello,
E
sistono immagini televisive riprese a Rambouillet nel febbraio del 1990, dove i ministri degli Esteri delle maggiori potenze occidentali prepararono un lunghissimo documento di lavoro sul Kosovo (in parte costituzione, in parte programma di lavoro politico- amministrativo) che il presidente jugoslavo Milosevic rifiutò di sottoscrivere. In una immagine si vede il segretario di Stato americano Madeleine Albright (il presidente era Bill Clinton) che accoglie e abbraccia affettuosamente un giovane alto, magro e visibilmente felice dell'accoglienza riservatagli dal ministro degli Esteri della maggiore potenza mondiale. Il giovane è Hashim Thaci, oggi Primo ministro del Kosovo, allora leader della guerriglia kosovara e meglio noto con il nome di battaglia «Serpente ».
In una intervista al Corriere
(18 febbraio) Miodrag Lekic, ambasciatore di Jugoslavia a Roma durante i bombardamenti della Nato in Serbia, ha ricordato che i guerriglieri dell'Uck erano allora, nel giudizio dell'Onu, terroristi. È vero. Il 31 marzo del 1998, un anno prima dell'incontro di Rambouillet, il Consiglio di sicurezza dell'Onu approvò la risoluzione n. 1160 con cui viene condannato sia l'uso eccessivo della forza da parte della polizia serba, sia tutti gli atti di terrorismo dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck). Sappiamo che gli americani «non parlano con i terroristi» e che non smettono di ricordarcelo ogniqualvolta qualcuno sostiene che il dialogo con Hamas potrebbe essere utile alla soluzione dell'imbroglio israelo- palestinese. Ma in quella occasione vollero che l'Uck venisse a Rambouillet e diventasse il legittimo interlocutore della diplomazia internazionale.
In un'altra intervista al Corriere
lo storico americano Richard Pipes ha ricordato che gli Stati Uniti sono nati da una guerra di liberazione e «non possono che essere dalla parte del Kosovo». Ma credo che la politica di Clinton nel 1999 e quella di Bush oggi non siano motivate soltanto da considerazioni ideali e rientrino nelle grandi linee della strategia che gli Stati Uniti hanno perseguito in Europa negli ultimi quindici anni. Mentre Bush senior, nel 1991, aveva cercato di mantenere intatti, per quanto possibile, gli equilibri politici e territoriali scaturiti dalla Seconda guerra mondiale, i suoi successori hanno assecondato la frammentazione del-l'Urss e della Jugoslavia. Lo hanno fatto nella convinzione che i nuovi Stati sarebbero diventati amici dell'America e le avrebbero permesso di estendere la sua influenza nei territori occidentali della vecchia Unione Sovietica, nei Balcani, nel Caucaso e nel Caspio. Per ottenere lo scopo hanno offerto a questi Paesi l'ingresso nella Nato e hanno esortato l'Unione europea ad accoglierli nel suo seno. Con un doppio risultato: irritare la Russia, colpita nel suoi interessi, e diluire l'Ue sino a rendere sempre più difficile l'espressione di una politica estera europea. Capisco che l'indipendenza del Kosovo possa piacere agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna. Mi è difficile capire perché piaccia alla Francia, alla Germania e all'Italia.

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