Una lettera inviata al Corriere della Sera:
D’Alema sembra convinto che siano state le potenze occidentali (e/o alleate) a compiere l’attentato che ha reso “il mondo un luogo migliore” come ha sentenziato Bush. Condivido entrambi. Certo, potrebbe anche essere possibile che l’attentato sia stato causa di lotte all’interno del sistema del terrorismo organizzato di stato (Iran e Siria). Ma mi sembra davvero improbabile, considerata la storia e capacità strategica annientante di uno dei numeri uno del male qual’era Mughniyeh. A meno di un pasdaran o siriano ubriachi, come pensare ad un simile suicidio strategico da parte dei nemici di Israele e dell’occidente? Non è su questo tipo di criminalità statalizzato che D’Alema si sofferma, fino ad ignorarlo del tutto. D’Alema si sofferma sulla dottrina del: se a perpetrare un attentato, od omicidio mirato, sono le democrazie occidentali (incluso, politicamente e soprattutto nella denuncia dalemiana, Israele), di terrorismo e solo di terrorismo si tratta. Se il terrorismo arabo e/od islamico si abbatte su due, cento, mille e più civili israeliani ed occidentali, per D’Alema si tratta solo di un “errore” compiuto da movimenti indipendentisti e di liberazione (verrebbe da chiedergli quali e a spese di chi). Si arriva al paradosso del 2006, quando – per giustificare e garantire l’incolumità del contingente italiano dell’UNIFIL – D’Alema va a braccetto con un esponente Hitzballah e convoca un vertice a Roma. Consentendo un assurdo – a cui non ha potuto replicare in diretta la Rice (la brevissima illusione dalemiana del “bye bye Condy”) – teatrino, finalizzato a lasciar dichiarare a Fouad Seniora che le Fattorie di Sheba’a erano ancora occupate da Israele. Un falso ribadito come tale ai media internazionali dallo stesso Kofi Annan ad Ariel Sharon, con un documento presente nell’archivio dell’Assemblea delle Nazioni Unite, dove viene dichiarato che, all’unanimità, Israele si è ritirato da tutto il Libano nel 2000. 4500 razzi contro Israele da una Gaza liberata dagli israeliani e con le serre attive e rilevate da un finanziatore palestinese americano, gli infiniti attentati in Israele, il rapimento di soldati israeliani, non sono atti di terrorismo e e tanto meno uno o più stati si devono difendere. Laddove, l’esercizio della politica estera dalemiana frana non solo davanti ad una minima capacità di realismo politico, ma soccombe nel dottrinale a fronte di un’assenza di principi e di valori.
Danielle Sussmann |