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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Travis Holland Storia di un archivista 21/02/2008

Storia di un archivista Travis Holland
Guanda

«N on avevo mai letto un libro di Isaac Babel prima di imbattermi in una sua antologia di racconti, in un negozietto di libri usati ad Atlanta, dove allora vivevo » racconta emozionato Travis Holland in un albergo di New York mentre il suo primo romanzo,
Storia di un archivista (in uscita da Guanda), sta scalando la classifica dei bestseller americani dopo avere attirato l'attenzione della stampa.
Il tema del libro di Holland è caldo, in effetti, in questi tempi di rigore putiniano. Si tratta del potere della censura di distruggere una vita. Ma che ne sa di censura e di morte questo giovane scrittore arrivato fresco dal Michigan, che non ha una formazione da storico o da slavista? «In quell'antologia di Babel c'era un racconto, Di Grasso — continua Holland —, di cui m'innamorai: poche pagine, forse cinque o sei soltanto. E anche per questo fu uno choc, un vero colpo, per me, quando venni a sapere che il suo autore era sparito negli anni '30, letteralmente spazzato via dalle purghe di Stalin. Più tardi, quando scoprii cosa gli era successo veramente— cioè che era morto in prigione a Mosca dopo esser stato costretto sotto tortura a confessare delle assurdità, come aver fatto la spia per i giapponesi e aver cospirato per assassinare Stalin, e aver subito la confisca dei racconti a cui stava lavorando, che successivamente sparirono con lui — la storia di Babel diventò per me un'ossessione». E quell'ossessione è diventata questo romanzo circolare e malinconico, in cui la vita fuori dalle mura della Lubjanka non è meno oppressiva di quella all'interno della prigione.
Tuttavia Storia di un archivista,
che racconta la storia di un giovane professore di letteratura caduto così in basso da lavorare all'inceneritore degli archivi della Lubjanka, non è soltanto il tentativo di rendere omaggio al genio letterario di Isaac Babel. È anche qualcosa di più: il tentativo di rispondere a un interrogativo ambizioso. Può, un singolo atto di sovversione, cambiare il corso della Storia? Nella verità fittizia di Travis Holland, mentre Hitler avanza e la violenza delle purghe aumenta, l'ex professore di liceo Pavel Dubrov mette a rischio la propria vita per rubare un manoscritto dello scrittore ebreo arrestato dalla Nkvd nel maggio del 1939, che incontrerà solo per un breve colloquio, e che non lo degnerà della minima attenzione prima di essere giustiziato nel gennaio del 1940. Ma la vita di Pavel Dubrov, divisa tra un lavoro infamante, una madre malata, la nostalgia per la giovane moglie morta in un incidente misterioso, e un'amante omertosa, non sarà mai più la stessa.
«E tuttavia non vorrei dare l'impressione di avere considerato il destino di uno scrittore come Isaac Babel più importante di quello di migliaia di artisti e di milioni di uomini e donne che hanno sofferto sotto Stalin. Babel fu solo uno tra molti — sottolinea Travis Holland che si è recato a Mosca per raccogliere testimonianze —. È inimmaginabile quello che è andato distrutto nelle purghe sovietiche. Stalin una volta disse che la perdita di un uomo è una tragedia, e la perdita di milioni di uomini una mera statistica. Ma la letteratura non si misura in cifre, la letteratura e l'arte si confrontano con l'individualità più pura, sono la porta d'accesso all'anima di esseri umani che sono altro da noi. Ed è per questo che qualunque poesia o lavoro teatrale, qualunque lettera o diario distrutto dalla Nkvd rappresenta una voce che è stata azzerata nel silenzio ».
Dei sublimi racconti che Isaac Babel aveva dedicato al mondo ebraico — dopo che tutti i membri della sua famiglia tranne il nonno erano sopravvissuti ai pogrom del 1905 grazie all'aiuto di vicini cristiani — si sono salvati quelli dell'Armata a cavallo che Pavel nel romanzo insegnava ai suoi studenti a scuola, e gli altri pubblicati fino al '37, tra cui l'ultimo, l'autobiografico Di Grasso,
che raccontava l'entusiasmo giovanile dello scrittore per il teatro. «Non sappiamo cosa sia accaduto ai racconti successivi, quelli a cui stava lavorando quando è stato arrestato — continua Holland —. Sappiamo solo che le sue ultime parole furono "Non mi hanno lasciato finire". Per il resto, gli archivi della Nkvd indicano che sono stati presi in consegna da un ufficiale di nome Kutyrev, lo stesso Kutyrev che nel mio romanzo è il diretto superiore di Pavel l'archivista. E la cosa più probabile è che siano stati archiviati e poi distrutti dopo l'esecuzione del loro autore. Anche se io, naturalmente, non ho potuto fare a meno di immaginare per loro un destino diverso».
Livia Manera
dal Corriere della Sera del 21 febbraio 2008, 

L'archivista che «salvò» Babel





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