Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Una nuova edizione di "Pasque di sangue" di Ariel Toaff la cronaca di Susanna Nirenstein, un'intervista all'autore e la stroncatura di David Bidussa
Testata: La Repubblica Data: 21 febbraio 2008 Pagina: 48 Autore: Susanna Nirenstein - Michele Smargiassi - David Bidussa Titolo: «Torna lo scandalo Toaff - Difendo la mia ricerca - Resta un libro senza vero fondamento»
Da La REPUBBLICA del21 febbraio 2008,un articolo di Susanna Nirenstein che rievoca le vicende del libro "Pasque di sangue":
E così Pasque di sangue, il saggio di Ariel Toaff che nel gennaio 2007 indignò l´intera comunità degli storici (con l´eccezione di Franco Cardini e di pochi altri), oggi torna in libreria. "Quel magnifico libro di storia", come scrisse con enfasi Sergio Luzzatto, "quel gesto di inaudito coraggio intellettuale" che riapriva il dossier dell´accusa del sangue contro gli ebrei - accusa all´inizio religiosa, ma poi ripresa in Europa dall´antisemitismo razziale, dal nazismo e oggi dal fondamentalismo islamico -, fu smontato dalle critiche dei maggiori studiosi del Medio Evo o dell´ebraismo, da Adriano Prosperi a Carlo Ginzburg, da Anna Foa a David Bidussa, da Diego Quaglioni e Anna Esposito all´israeliano Robert Bonfil, agli americani Ronnie Po-Chia Hsia a Yosef Yerushalmi. Ognuno di loro dette giudizi negativi radicali che innanzitutto bocciavano il metodo della ricerca che investiva l´omicidio rituale di bambini cristiani in corrispondenza della Pasqua ebraica: dare per buone le confessioni estorte con la tortura che persino la Chiesa alla fine non aveva più considerato valide; promettere riscontri che non arrivavano mai o che tali non erano; costruire per l´esposizione uno scenario buio e stereotipato in cui i protagonisti non potevano che risultare ambigui, anzi colpevoli, meglio, assassini. Eppure, dopo averlo ritirato per la pioggia di contestazioni da tutto il mondo (accolte dal Mulino, e non solo, come "censura" e "linciaggio morale"), Ariel Toaff e la casa editrice ripropongono il volume (pagg.418, euro 27), con alcune modifiche - scrivono nel comunicato stampa - che comunque a prima vista non sembrano vistose (verbi al condizionale invece che indicativi, ad esempio), e soprattutto con una postfazione che in ogni caso riafferma la grandissima parte del lavoro proposto un anno fa. L´impressione è che si ritenti l´operazione editoriale del tabù infranto e dello scandalo. Ariel Toaff fa una sola vera concessione: «l´omicidio rituale è e rimane uno stereotipo calunnioso» scrive nella nuova postfazione, dopo essersi però proposto come vittima di un´autentica persecuzione da parte di chi lo ha criticato. Ma nonostante quest´affermazione che lo dovrebbe affrancare da qualsiasi forzatura interpretativa, ecco subito che non esclude «azioni criminali, coperte da rozze messinscene rituali» commesse da parte di gruppi di estremisti ebrei. Anche se, a sostegno di questa possibilità, «ci sono però soltanto le confessioni dei condannati, estorte con la violenza delle torture e dei tormenti, la cui veridicità rimane tutta da dimostrare». E dunque? Dunque Toaff va avanti, quel che gli interessa soprattutto è rintuzzare le opinioni degli storici "nemici". L´autore si propone come un intrepido ricercatore che non può farsi condizionare «dal pericolo di strumentalizzazioni e stravolgimenti» - argomento che corrobora citando un´affermazione del 1983 di Yosef Yerushalmi, ma ignorandone una successiva quella del 2007: "la miglior cosa è ignorare le tesi di Toaff". Poi passa all´idea che anche una confessione sotto tortura possa contenere delle verità. Ma anche qui non sceglie una via diritta, vuol trovare a tutti i costi negli studiosi a lui avversi qualche affermazione a proprio favore, oppure svilirne gli appunti: si rifa alle critiche di Anna Foa, per poi dire che anche lei vede nelle ammissioni dei torturati «le uniche (fonti) in grado di restituire la parola ai protagonisti»: vien subito da obiettare, una cosa è la testimonianza di una vita, altra la colpevolezza! Oppure passa a Prosperi, per sottolineare la sua coerenza quando non prende per buone neppure le confessioni dei marrani e li considera cristiani a tutti gli effetti, una visione della storia ebraica che però finirebbe «per coincidere con la storia dell´antisemitismo»: un´annotazione con cui Toaff si permette un´impossibile scissione tra le due narrazioni. Tanti sono gli argomenti toccati, soprattutto l´uso del sangue essiccato adoprato in certi medicamenti da alcuni gruppi di ebrei. Spiacevole comunque che Toaff ricorra, per trovare conferma alle sue tesi, a Ginzburg, a Ronnie Po-Chia e altri ancora... tira di qua e di là studiosi che hanno bocciato in toto Pasque di sangue, e che hanno parlato in modo esplicito, per questo caso, dell´irresistibile seduzione del rumore mediatico.
Un'intervista ad Ariel Toaff:
Professor Toaff, quanto ha corretto e quanto ha confermato in questa riedizione del suo Pasque di sangue? «Ho accettato le critiche alla metodologia, e ne ho tenuto conto. In alcuni casi ho cambiato gli indicativi in condizionali, soprattutto quando si tratta di deposizioni di torturati senza riscontri da altre fonti. Ho sottoposto il testo a diversi lettori, professori e rabbini, anche quelli più critici. Ho rafforzato con ulteriori documenti il capitolo in cui mostro come, a dispetto dell´autorità rabbinica che vietava l´uso del sangue, per certi gruppi di ebrei askenaziti il Seder di Pasqua s´era trasformato in una manifestazione scaramantica, basata su formule di maledizione anticristiana, con uso di sangue secco proveniente da donatori vivi. Queste sono certezze. Sulle quali i giudici fecero presa per costruire il mito delle uccisioni rituali». Nella nuova edizione però ha sentito il bisogno di distinguere meglio fra rito e mito. «La distinzione era certamente meno chiara nel primo libro. Era giusta la critica di Ginzburg. Benché esistano prove, anche di fonte ebraica, che mentecatti o criminali abbiano rivestito i loro delitti di pretesti religiosi». La storia si occupa di patologie individuali? «Non furono solo questo. Se per secoli accusi gli ebrei di uccidere bambini cristiani, ci sono pazzi che s´immedesimano: sono paradossalmente un prodotto dell´antisemitismo». Ritiene ancora corretto utilizzare come fonti confessioni estorte sotto tortura? «Sì, cercando di capire dove contengano elementi di verità. Del resto la storiografia ebraica per prima usa le confessioni dei processi dell´Inquisizione. Non è corretto farlo solo se il contenuto è edificante per le nostre convinzioni». Cosa pensa, un anno dopo, dell´esplosione di quella polemica? «La scelta dei rabbini di intervenire prima che il libro uscisse creò confusione, innescando reazioni viscerali. Non dico ingiustificate: dico viscerali». Quanto le pesa l´accusa di aver dato armi all´antisemitismo? «La reazione più facile in questi casi è voltare le spalle all´ambiente ebraico che ti ha colpito ingiustamente. Io invece ho deciso di spiegare intenzioni e limiti della mia ricerca, frutto di sei anni di lavoro assieme a studenti israeliani nessuno dei quali ha mai inteso che io credessi negli omicidi rituali». Il suo libro però è stato criticato anche in Israele. «Forse perché uno dei miei scopi era sfatare il mito dell´ebreo sempre vittima, che ha sempre ragione». È una critica alla storiografia ebraica? «Sì. Dopo la Shoah è ripiegata sull´agiografia: parliamo sempre di più di martiri ed eroi. La storia ebraica di ogni epoca è ridotta a storia contemporanea. E se illumini le zone d´ombra, ti accusano di dare armi al nemico antisemita». Quanto le è costata questa polemica? «Ho lasciato di mutuo accordo la cattedra all´università Bar Ilan. So a quali pressioni sono state sottoposte le autorità accademiche. Ci sono state anche cose peggiori, su cui però preferisco sorvolare». Anche suo padre, Elio Toaff, rimase amareggiato. «L´ho lasciato fuori e avrei voluto che lo facessero tutti. Non pretendo la sua benedizione, ma chiariti i presupposti so che i punti di disaccordo saranno marginali». Cosa le fa pensare che le prossime reazioni non saranno viscerali? «La logica. Alcuni colleghi stanno organizzando una discussione sul mio lavoro nell´unica sede adeguata, quella scientifica. Sono pronto a sostenere critiche da chi ha letto il mio libro. Avrei potuto concludere la mia carriera in silenzio, come mi fu chiesto. Invece voglio assumermi le mie responsabilità. Ma solo le mie».
E la recensione di David Bidussaalla nuova edizione di "Pasque di Sangue"
Ariel Toaff ripropone Pasque di sangue arricchendo il suo libro con una postfazione in cui risponde – o crede di rispondere - ai suoi critici. In questa postfazione Toaff sostiene che: 1) l´uso terapeutico del sangue era diffuso tra gli ebrei askenaziti; 2) era un sangue cristiano essiccato; 3) il sangue essiccato era in vendita da alchimisti sia cristiani sia ebrei; 4) i rabbini, obtorto collo, erano costretti a venire a patti con un uso popolare che si distaccava dalle norme; 5) i donatori del sangue erano vivi e vegeti; 6) i giudici aggiungevano tendenziosamente che quel sangue in polvere (disciolto nel vino durante le maledizioni contenute nel testo letto nel corso della cena pasquale ebraica e relativo alle maledizioni) era il prodotto di un omicidio rituale di un infante cristiano. Per concludere, punto 7, che l´omicidio rituale è un mito antisemita. La conclusione è dunque 1) che nella storia degli ebrei i comportamenti non corrispondono alle norme e che 2) affrontare la storia del comportamento degli ebrei significa anche ricostruire quegli aspetti che configurano atti non solo non leciti, ma anche violenti da parte di gruppi ebraici. Concordo con tutte e due le conclusioni (personalmente lo scrivevo già un anno fa). Ma continuo a ritenere questo libro sbagliato e la tesi di Toaff inesistente. Si può ritenere che così esposta la tesi di Toaff abbia una sua plausiblità e, soprattutto, non incorra in una sorta di rivalutazione e ripristino dell´accusa di omicidio rituale. Questo è l´intento di Toaff, almeno. Il libro, tuttavia, continua a non funzionare per almeno due buoni motivi. 1) L´uso del sangue, la sua vendita, il suo consumo rituale (essiccato o no) continua ad essere asserito, ma non dimostrato. 2) Ariel Toaff non comprende che non basta affermare che l´omicidio rituale è un mito per liquidare la questione, ma occorre analizzare il funzionamento della macchina mitologica che lo fa essere percepito come un rito. Per questo non sono sufficienti i documenti storici. Occorre capire come funzionano i miti. Un tema e un ambito con cui Ariel Taff non ha dimestichezza. Altrimenti le sue fonti metodologiche non sarebbero solo quelle che cita (per esempio il libro di Camporesi sul sangue) ma sarebbero altri: Ovvero: Karl Kérényj, Angelo Brelich, Furio Jesi, fra gli altri, tanto per citarne alcuni. Ma di questi nel libro di Toaff non c´è traccia. E non c´è perché c´è un deficit culturale nella sua ricerca. È per questo che il suo libro non funziona.
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