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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Jenna Blum Quelli che ci salvarono 20/02/2008

Quelli che ci salvarono                Jenna Blum

 

Traduzione                                     Giovanna Scocchera

 

Neri Pozza                                      Euro 18,00

 

 

Una piccola custodia d’oro con la svastica sul coperchio. Dentro, in una cornice di velluto marrone, una fotografia che raffigura una giovane donna seduta con una bimba dai capelli biondi in braccio. Alle loro spalle un ufficiale delle SS in alta uniforme.

 

Quale segreto racchiude questo oggetto di raffinata fattura?

 

Quali tormenti si celano dietro lo sguardo apparentemente sereno della giovane donna?

 

L’autrice, Jenna Blum, che proviene da una famiglia tedesca per parte di madre ed ebraica per parte di padre, lo svela pagina dopo pagina con una magnifica storia che penetra nel lato oscuro dell’animo umano, dove il senso di colpa, l’amore, il perdono si fondono in un groviglio di sentimenti offrendo il ritratto di due donne straordinarie: Trudy ed Anna.

 

Il romanzo, caratterizzato dal continuo alternarsi fra il racconto degli anni della seconda guerra mondiale e l’ultimo decennio del 1900, prende avvio con l’immagine di un funerale nella chiesa luterana di New Heidelburg dove molte famiglie “sono venute a porgere l’estremo saluto a uno di loro”.

 

Jack, un uomo buono e semplice, molto amato in quella cittadina del Minnesota è accompagnato nel suo ultimo viaggio dalla moglie Anna e dalla figlia adottiva Trudy.

 

L’azione si sposta a Weimar negli anni quaranta quando il nazismo che ha ormai messo le radici nella società tedesca si manifesta nel suo immane progetto criminale di eliminazione degli ebrei.

 

Tra i primi a farne le spese è il buon dottore Max Stern che Anna conosce quando si reca nel suo ambulatorio per un caso di emergenza e del quale si innamora al punto da nasconderlo nella sua abitazione, incurante della minaccia rappresentata dal padre Gerhard, amico fedele dei nazisti.

 

La loro storia d’amore non dura a lungo: scoperto e denunciato dal padre di Anna, Max  viene portato nel campo di Buchenwald.

 

Anna in attesa di un bimbo si rifugia da Frau Mathilde Staudt, una fornaia della città che aiuta, a rischio della vita, la resistenza fornendo di nascosto il pane ai prigionieri del campo.

 

Quando Frau Staudt viene scoperta e giustiziata, Anna vorrebbe prendere il suo posto ma il destino ha in serbo per lei un’amara sorpresa.

 

L’Obersturmfuhrer Horst Von Steuern recatosi al forno per prendere il pane per gli ufficiali, obbliga Anna a diventare la sua amante.

 

Senza l’amato Max, privata anche della protezione che la fornaia le ha offerto negli ultimi anni, Anna capisce che per salvare se stessa e la figlia non ha scelta. Tuttavia le umiliazioni, le prevaricazioni cui la sottoporrà l’ufficiale nazista scaveranno un solco profondo nella sua anima, una cicatrice che si porterà dentro per tutta la vita.

 

In parallelo si snoda la vita di Trudy, docente di storia tedesca all’università che, forse per trovare quelle risposte sul suo passato che invano ha cercato dalla madre, avvia un progetto di ricerca che la porterà ad intervistare alcuni tedeschi con l’intento di approfondire il ruolo che hanno avuto nella guerra.

 

Farà la conoscenza di persone ciniche e grette come Frau Kluge che per ricevere la ricompensa promessa dalla polizia rivelerà il nascondiglio di molte famiglie ebree condannandole a morte certa, della dolce e malinconica Rose-Grete Fischer che racconterà che “alcuni in paese nascosero gli ebrei o li aiutarono a fuggire nella foresta, dove c’erano dei gruppi partigiani”, di Rainer Joseph Goldman, un ebreo tedesco che raccontandole la storia straziante della morte del fratellino Hainsi, farà breccia nel suo cuore.

 

Molte sono le domande che si pone Trudy e fra esse la più importante: “Di chi sono figlia?”

 

Anna però “si è caricata sulle spalle il peso del silenzio…..che la punizione sia adeguata al crimine”, troppo grande è la vergogna che prova per essere stata l’amante di un ufficiale nazista.

 

“Il passato è morto ed è meglio che resti così” è la frase che Anna ripete a Trudy ogniqualvolta la figlia cerca di scoprire il segreto che si cela nel passato della madre.

 

In questo romanzo stupefacente, il cui epilogo non sveliamo al lettore, Anna e Trudy sono le vere protagoniste, ritratte con grande maestria nelle pieghe più intime della loro complessa personalità, gravata l’una da un profondo senso di colpa, l’altra da un conflitto che fin dall’infanzia non ha trovato soluzione.

 

Jenna Blum, che ha lavorato per la Shoah Foundation di Steven Spielberg intervistando i sopravvissuti della Shoah, scruta i suoi personaggi con la delicatezza e l’intensità di chi sa che la vita si compone di frammenti, tutti preziosi, tutti taglienti.

 

Il risultato è un romanzo di ampio respiro dal progetto chiaro e definito carico di emozione ribelle, un’appassionante storia di amore e di odio, una vivida rievocazione della vita durante la seconda guerra mondiale, un libro che resta impresso a lungo, ben oltre l’inchiostro della pagina.

 

 

Giorgia Greco

 


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