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Informazione Corretta Rassegna Stampa
18.02.2008 Anche per i rifiuti c’è un paradiso
è la discarica di Hiriya: un modello dal quale in Italia avremmo molto da imparare: un articolo di Luciano Tas

Testata: Informazione Corretta
Data: 18 febbraio 2008
Pagina: 1
Autore: Luciano Tas
Titolo: «Anche per i rifiuti c’è un paradiso»
Anche per i rifiuti c’è un paradiso

Almeno così pare a Marco Cattaneo che su “Le  Scienze” di febbraio titola appunto il suo articolo “Il paradiso della monnezza” (per i non romani “immondizia”).

Il paradiso a cui si riferisce l’autore si trova in Israele a Hiriya, nella regione del Gush Dan con Tel Aviv e altre 17 municipalità.

A Hiriya sorge una discarica che copre un’area vastissima e contiene 16 milioni di metri cubi di immondizia. La discarica è stata chiusa nel 1998 e diventerà entro una dozzina d’anni un grande spazio di verde pubblico.

Hiriya resta però sempre nel settore e. Rifiuti che impianti avveniristiciriceve 2700 tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno, si separano e  riciclano: si tratta di plastica, legno, metalli e “umido”.

Scrive Cattaneo che nell’impianto di trattamento biologico la spazzatura viene “trattata” in vari modi fino a che, eliminate le sostanze inorganiche, resta il materiale per il trattamento biologico. Vengono ricavati: acqua, compost e metano. Quest’ultimo è usato per produrre elettricità con una turbina di 1,5 megawatt.

Poi, riporta ancora Marco Cattaneo, c’è un impianto pilota di gassificazione, mentre è in fase di pianificazione il trattamento di pneumatici. Infine, ultimi arrivati, l’impianto per le aree umide (nelle cui vasche affondano le radici di specie diverse di fiori che purificano i  rifiuti) e l’impianto di trattamento per le acque reflue del processo di smaltimento. Infine 63 pozzi raccolgono il biogas prodotto dai materiali interrati. Quel biogas serve a produrre 4 megawatt che alimentano un’azienda vicina.

Sono cento gli addetti a tutte le operazioni, e Cattaneo sottolinea che, di questi cento, trenta sono laureati e 42 diplomati, a indicare l’alto livello tecnologico dell’azienda.

Israele, rileva ancora l’estensore dell’articolo, investe nella ricerca il 4.8 per cento del PIL (un primato assoluto), ed a questo partecipano con il 3.25 le imprese locali.

Non sembra che queste notizie siano state molto diffuse da noi. Eppure stiamo vivendo un momento drammatico in materia di rifiuti, tanto che si parla di “esportare” in Germania una parte dell’immondizia della Campania. Forse una occhiatina in Israele potrebbe fornire qualche utile suggerimento e fornire un certo aiuto alla soluzione del problema.

A meno, naturalmente, di boicottare anche l’Environmental Sevices Company, l’azienda pubblica israeliana, in nome di grandi, virginali  e totalitari principi.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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