Meno male che Alberto Stabile, inviato di REPUBBLICA a Beirut, conclude il suo articolo che riportiamo da pag. 19, titolo " Mughnyeh, sospetti di tradimento,Damasco arresta " con la parola attivisti fra virgolette. Di questi attivisti ce ne sarebbero 50.000 al confine con Israele. Teniamo d'occhio la parola, c'è il rischio di trovarcela insieme a militanti, dato che terroristi non si deve dire.
DAL NOSTRO INVIATO
BEIRUT - Ma come hanno fatto gli assassini di Imad Mughnyeh a sapere che il capo militare dell´Hezbollah si sarebbe trovato la sera di martedì scorso in uno dei più sicuri e meglio controllati quartieri di Damasco per un impegno che lo avrebbe costretto ad esporsi? Il «giallo» sulla morte di Imad Mughnyeh si concentra tutto su questa domanda legittima, se è vero che per vent´anni l´esponente del Partito di Dio cui Stati Uniti e Israele davano la caccia per una lunga serie di attentati terroristici, aveva in sostanza fatto perdere le sue tracce. Qualcuno fra i pochissimi che erano a conoscenza dei suoi movimenti deve averlo tradito. Il giallo sulla sua morte si concentra su questa ipotesi, se è vero che per vent´anni l´esponente del Partito di Dio cui Stati Uniti e Israele davano la caccia, aveva in sostanza fatto perdere le sue tracce. In questa direzione sembrano andare le indiscrezioni riportate da due giornali libanesi. Secondo Al Akhbar, considerato una specie di organo non ufficiale del Partito di dio, l´intelligence siriana avrebbe fermato alcune persone appartenenti a «servizi di sicurezza che operano nei paesi arabi». In un primo tempo si era parlato di cittadini palestinesi, ora il giornale, citando «fonti ben informate» parla di «membri non civili» di questi apparati, «con cittadinanza araba». Interpellate dallo stesso Al Akhbar, le autorità siriane non hanno però voluto commentare. Se ne riparlerà alla fine delle indagini.
Nel silenzio delle autorità di Damasco, che serve a nascondere anche un certo imbarazzo, visti gli stretti legami esistenti tra la Siria e gli Hezbollah, sono le ricostruzioni giornalistiche a tenere il campo. Secondo una di queste rivelazioni, fatta dal quotidiano Al Hayat, considerato vicino all´opposizione, Mughnyeh non sarebbe stato ucciso da una bomba piazzata nella sua stessa macchina, ma da un ordigno sistemato in un´auto vicina, fatto detonare al passaggio della vittima designata.
L´ideatore dell´attentato sapeva che avrebbe aperto interrogativi sull´efficienza dei servizi di sicurezza siriani. Ma Hezbollah che accusa Israele (cosa che la Siria non ha ufficialmente fatto) non vuole aprire una polemica con Damasco. Tant´è che Mohammad Hassan Yaghi, vice capo del Consiglio esecutivo del Partito di Dio libanese, ha sottolineato che Hezbollah e la Siria conducono un´inchiesta congiunta sull´attentato. «Nessuno - ha detto Yaghi - può accusare la Siria solo perché l´assassinio è avvenuto in quel Paese. Stiamo investigando come la squadra di sicari sia entrata a Damasco». È al nemico esterno che si preferisce guardare: Stati Uniti e Israele. La minaccia di scatenare una guerra aperta allo Stato ebraico (che tuttavia ha negato un suo coinvolgimento nell´attentato) profferita da Hassan Nasrallah al funerale di Mugnyeh, sembra essersi tradotta per il momento, secondo il giornale vicino all´opposizione libanese Al Safir, in una mobilitazione generale dell´organizzazione. La quale avrebbe schierato 50 mila «attivisti» nel sud del Libano, pronti ad ogni evenienza.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.