sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Manifesto Rassegna Stampa
17.02.2008 La solita disinformazione, ma c'è anche una buona notizia
L'Egitto comincia ad aprire gli occhi

Testata: Il Manifesto
Data: 17 febbraio 2008
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio- radazione
Titolo: «Venti di guerra in Libano-Delegazione italiana respinta dall'Egitto»

Gli articoli di Michele Giorgio dovrebbero essere studiati nelle scuole di giornalismo quali esempio di come non si fa giornalismo. Sul MANIFESTO di oggi, 17/02/2008, a pag.8, con il titolo " Venti di guerra in Libano ", Giorgio suona il solito refrain della interpretazione dei fatti. La popolazione del Libano non teme di continuare ad essere un protettorato di Siria-Iran, no, è invece preoccupata per l'eliminazione del capo Hezbollah. E se il clima è la colpa è naturalmente di Israele. Vale la pena di leggerlo, per non dimenticare come si fa disinformazione.

Dopo il pezzo di Giorgio, riportiamo una breve nota sulla stessa pagina del MANIFESTO. Dal suo contenuto apprendiamo che l'Egitto comincia a tenere gli occhi aperti. Ne prendiamo nota con piacere. 

Per mesi si è parlato del rischio di una guerra civile in Libano tra le forze filo americane capeggiate dal sunnita Saad Hariri e l'opposizione cristiano-sciita di Michel Aoun e Hassan Nasrallah. E invece i venti di guerra più forti spirano di nuovo a sud, al confine con Israele già teatro di una offensiva sanguinosa e distruttiva lanciata nell'estate 2006 dalle forze armate dello Stato ebraico.
Da quando a Damasco, a inizio settimana, è stato assassinato il comandante militare di Hezbollah, Imad Mughniyeh - con ogni probabilità dal Mossad israeliano - la popolazione del Libano del sud si prepara al peggio. A far temere una nuova guerra è anche la decisione che il governo israeliano potrebbe prendere, al più presto secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, di dichiarare «morti» Eldad Regev and Ehud Goldwasser, i due soldati catturati lungo il confine da Hezbollah, il 12 luglio 2006. Una dichiarazione che aggiunta alla fine delle trattative per il loro rilascio renderebbe più libere le mani di Ehud Olmert. Secondo alcuni, l'eliminazione di Mughniyeh sarebbe una prima indicazione di questo sviluppo. L'attentato al comandante militare di Hezbollah potrebbe perciò rivelarsi il preludio di un nuovo conflitto che passando per il Libano arrivi fino a Teheran, entrata nel mirino dell'aviazione israeliana che si addestra per ridurre in polvere le centrali nucleari iraniane. Un clima pesante che accredita le indiscrezioni riferite ieri dal quotidiano progressista libanese a-Safir sull'allarme lanciato da Hezbollah che nelle ultime ore avrebbe allertato più di 50.000 attivisti e simpatizzanti ed evacuato la maggior parte dei centri politici e sociali del partito.
Il giornale ha precisato che le misure sono state prese «per far fronte a un'aggressione israeliana». La tensione e il clima di sospetto si sono ulteriormente aggravati dopo che i servizi di sicurezza siriani hanno arrestato arabi «non civili» e un numero imprecisato di palestinesi, sospettati di aver avuto un ruolo nella morte del capo militare di Hezbollah, avvenuta non a causa dell'esplosione di un ordigno posto nella sua auto bensì per «un'autobomba parcheggiata lungo la strada». Gli attentatori comunque erano molto ben organizzati ed informati perché pare che Mugniyeh fosse arrivato in Siria solo un giorno prima la sua uccisione. Il quadro che ne viene fuori è quello di un'operazione organizzata da Israele con l'aiuto di collaborazionisti arabi. L'ipotesi mette in imbarazzo Damasco che si vanta di avere un sistema di sicurezza tra i più efficienti del mondo arabo.
La Siria ha smentito la notizia data dall'agenzia stampa di Teheran Irna, di un'indagine congiunta con l'Iran per far luce sull'omicidio di Mughniyeh. «È un'ipotesi totalmente infondata» ha detto una fonte governativa affermando con tono perentorio che l'inchiesta sarà portata a termine solo dalla Siria. Siamo di fronte a una presa di distanza da Teheran nel momento in cui Usa e Israele cercano di mettere sullo stesso piano siriani, iraniani e Hezbollah? Sullo sfondo di questo scenario di guerra, rimane insoluta la crisi interna libanese. I negoziati tra maggioranza e opposizione sono stati rinviati al 24 febbraio quando il Segretario della Lega Araba, Amr Musa, tornerà a Beirut per un'ultima mediazione prima della seduta del Parlamento, prevista due giorni dopo, sulla nomina del capo dello stato (il paese è senza presidente dal 23 novembre).
È probabile che l'elezione venga nuovamente rinviata. Non sono però esclusi pericolosi colpi di scena. Spinta da Washington e Riyadh - due giorni fa si sono incontrati George Bush e il ministro degli esteri saudita Said al Faisal - la maggioranza filo occidentale potrebbe tentare il colpo di mano, ovvero eleggere il presidente con una maggioranza semplice e non dei 2/3 dei deputati. Una mossa che aprirebbe le porte ad uno scontro senza precedenti con l'opposizione.

Delegazione italiana respinta dall'Egitto
Le autorità egiziane hanno impedito ieri a 22 attivisti e giornalisti italiani appartenenti a Forum Palestina, Unione Arabo-Palestinese e varie associazioni di solidarietà con il popolo palestinese, di raggiungere Rafah, dove avrebbero dovuto manifestare contro la chiusura di Gaza attuata da Israele. La delegazione è stata fermata dalle forze di sicurezza e costretta a non muoversi da el-Arish, ad una trentina di km da Gaza. Germano Monti, uno dei promotori, ha riferito che la polizia aveva seguito la delegazione sin dal suo arrivo al Cairo e ieri mattina ha circondato l'hotel e sequestrato per qualche ora i passaporti ai partecipanti. La delegazione ha quindi manifestato ad El-Arish, in contemporanea con un raduno, nella parte palestinese di Rafah, dal Fronte popolare per la liberazione della Palestina. In serata, scortati dalla polizia, gli italiani hanno fatto ritorno al Cairo. L'iniziativa rientrava nella campagna «2008, Anno della Palestina». Intanto resta un mistero la potente esplosione che venerdì a Bureij ha ucciso un dirigente del Jihad Islami, sua moglie, due figli e altri quattro palestinesi. Secondo il Jihad si è trattato di un attacco aereo israeliano. Tel Aviv nega.

Invitiamo i nostri lettori ad esprimere la loro opinione sulla delegazione italiana respinta dall'Egitto, cliccando sulla e-mail sottostante .


redazione@ilmanifesto.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT