Le sue analisi sono sempre precise ed edotte ed è una voce di spessore e di tutta stima nel mondo ebraico. Tuttavia, si può talvolta non condividere le sue interpretazioni, come nell’attuale caso. Per me due sono gli errori che ha fatto, uno di interpretazione e l’altro nella sua conseguente critica pubblica. Nello stesso errore incorre la professoressa Anna Torti (contraddicendosi) nella sua lettera di condivisione che suona come una seconda interpretazione a quella erronea di Giorgio Israel. Per ricapitolare: 1) Laras e il Tribunale dei rabbini non hanno messo in discussione la forza della fede in ambito ebraico, ma il ritorno all’antigiudaismo rituale della Chiesa. 2) Non è l’ebraismo ad interrompere, su posizioni di intolleranza ed intransigenza, il dialogo ebraico-cristiano, ma sono le scelte in campo cristiano a determinare tale interruzione.
Non è la liturgia cattolica o cristiana – o i riti e credi di altre fedi - ad avere un benché minimo peso sul plurimillenario corpo dell’ebraismo. Noi rispettiamo le altre fedi, vorremmo che anche la nostra venisse rispettata. Soprattutto nel senso latino da cui discende il termine rispetto. Cioè, accettare pienamente l’altro. La Chiesa ha fatto grandi passi verso una onesta autocritica in questi ultimi decenni, e ora fa marcia indietro? Difficile non ritenere che le convenga sacrificare il dialogo con gli ebrei per un più ampio dialogo con un islam aggressivo per tutelare le minoranze cattoliche e cristiane nel mondo. E’ come se, avendo finalmente riconosciuto Israele, il Vaticano debba fare un notevole passo indietro. Come a dire: Israele si può difendere e difendere tutti gli ebrei (il principale fondamento della rinascita di Israele), mentre "noi" - Chiesa cattolica o Cristianità – dobbiamo difendere i nostri fedeli a rischio. La cinica strategia non cambia: fino al 1994, la Chiesa di Roma non ha riconosciuto Israele, per salvare i suoi fedeli; oggi la Chiesa di Roma torna ad indicizzare gli ebrei, per salvare i suoi fedeli. Malgrado ogni evidenza contraria. All’islam radicale non gliene frega nulla di chi riconoscano o non riconoscano i cristiani. Se non sei musulmano, cioè un fedele dell’"ultima rivelazione", sei automaticamente da convertire o da eliminare. Ma prendere tempo, mettendo pezze a discapito di altri, sperando di essere gli ultimi a soffrire, è la stolida e storica illusione occidentale: religiosa e politica.
Io sono laica, nel più puro senso del termine. Invero, mi impegno sempre più a migliorare in questo senso perché è un impegno infinito. Ma, finché viviamo in un sistema di paletti – religiosi, sociali, politici – non possiamo ignorare la portata di ogni causa-effetto. E, sarebbe quanto di più onesto, leggere correttamente quanto scritto, rifletterci, senza essere ciechi partigiani. Chi è che mi diceva con ironia che siamo il popolo del Libro? (per inciso: nell’impegno sia a leggere che nello scrivere). Cordiali saluti,
Danielle Sussmann