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La Stampa Rassegna Stampa
15.02.2008 Israele interverrà a Gaza per porre fine al dominio di Hamas ?
un articolo di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 15 febbraio 2008
Pagina: 14
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Israele: Presto ci libereremo di Hamas»
Da La STAMPA del 15 febbraio 2008:

Israele ufficialmente tace. Come nelle ore successive al bombardamento della base siriana, cinque mesi fa, politici e generali lasciano che siano gli altri a rilasciare dichiarazioni, avanzare ipotesi, puntare il dito. «Non abbiamo alcun commento» ripete il portavoce del ministero degli Esteri Arye Mekel. Bocche cucite sull'origine della bomba che martedì notte ha polverizzato il super ricercato Imad Mugniyeh ma anche sulla minaccia di guerra totale lanciata ieri dal leader di Hezbollah Nasrallah dalla piazza di Beirut listata a lutto.
Eppure, anche il silenzio ha il suo linguaggio. Tra i corridoi della Knesset e ai piani alti dello Stato Maggiore circola una battuta «Haniyeh fa rima con Mughniyeh», come dire senza esporsi che al numero uno di Hamas nella Striscia di Gaza potrebbe toccare la stessa sorte del collega protetto da Damasco. Ismail Haniyeh da giorni vive in clandestinità: Hamas conosce a fondo l'avversario e sa leggere oltre i no comment.
«L'intervento a Gaza è cosa decisa, tempo poche settimane e vedrete come ci libereremo di Hamas nel giro di una giornata» rivela una fonte interna agli apparati di sicurezza israeliani. I ripetuti annunci del ministro della Difesa Barak di una larga imminente operazione a Gaza e le successive smentite sarebbero banalissimo fumo negli occhi: «Non siamo i soli a volere l'eliminazione di Hamas, lo chiede l'Autorità Nazionale palestinese del presidente Abu Mazen, la Giordania, l'Egitto, preoccupatissimo per la frontiera di Rafah. Certo, non lo ammetteranno mai ufficialmente, e quando avremo finito il lavoro ci condanneranno tutti. Ma poi, sotto sotto, festeggeranno».
Una delegazione di Hamas guidata da Mahmoud el-Zahar è arrivata ieri al Cairo per discutere la chiusura del confine con il Sinai. Israele non se ne cura, spiega un'altra fonte, a Tel Aviv: «L'Egitto non ha alcun interesse a sostenere Hamas, come non ne ha nella Striscia di Gaza. Dopo gli accordi di Camp David il premier Begin offrì Gaza a Sadat, un pacchetto comune con la resa del Sinai. Lui non volle, Sadat disse no grazie». Oggi le cose non sembrano essere cambiate granché: «L'errore è stato lasciar correre Hamas alle elezioni. Ariel Sharon non voleva, ma la Casa Bianca insistette, Condoleezza Rice soprattutto, gli americani non capiscono bene il Medioriente». Adesso la situazione è a un punto di non ritorno. Nelle ultime tre settimane la tensione, tra pioggia di razzi Qassam e raid aerei israeliani, è cresciuta in modo esponenziale. Il problema è Hamas: Israele l'ha ripetuto in questi giorni ai partner regionali, al Cancelliere tedesco Angela Merkel durante la visita di Olmert, agli egiziani, ai turchi, a Washington. Il dado è tratto e la morte del leader di Hezbollah sponsor militare di Hamas assomiglia a un avvertimento.

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