lunedi` 21 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
14.02.2008 Il fondamentalismo islamico contro la libertà
parlano Kurt Westergaard, vignettista danese condannato a morte, e Ayaan Hirsi Ali

Testata: La Repubblica
Data: 14 febbraio 2008
Pagina: 19
Autore: JASON HANSEN - J.M.MARTI FONT
Titolo: «"Il mio Maometto con la bomba avevo paura, ora solo rabbia" - "Ma il velo è un falso problema la minaccia è la morale sessuale"»
Da La REPUBBLICA del 14 febbraio 2008, un articolo Kurt Westergaard, vignettista danese minacciato di morte dai fondamentalisti islamici:

COPENAGHEN - La vignetta di Kurt Westergaard che riproduce il Profeta Maometto con una bomba nel turbante ha avuto allarmanti conseguenze. Westergaard, oggi settantatreenne, ha ricevuto minacce di morte, al pari degli altri vignettisti e di alcuni redattori del Jyllands-Posten, il giornale che aveva originariamente pubblicato i disegni. «Le vignette e quanto accaduto in seguito alla loro pubblicazione sono parte del fardello che mi porto dietro, compresi i rischi che corro» dice Westergaard. «Tuttavia, prima di quest´ultima minaccia, i rischi si erano un po´ ridotti. Ho sempre pensato che se una cosa del genere doveva succedere, sarebbe successa parecchio tempo fa, non adesso». Il servizio danese di sicurezza e di intelligence, noto con l´acronimo di Pet, aveva informato Kurt e la moglie Gitte del complotto già l´8 novembre. Un´indagine della polizia aveva fatto luce su un piano islamico a buon punto di organizzazione finalizzato ad aggredire Kurt Westergaard nella sua stessa casa. Era addirittura possibile che i terroristi fossero già riusciti a entrarvi, in quanto sono stati trovati in possesso di una piantina precisa per quanto abbozzata delle planimetrie dell´edificio. «In una simile situazione non si ha proprio voglia di andarsene in giro per il mondo. Al contrario, diventa quasi una necessità continuare a vivere nella propria quotidianità la routine di tutti i giorni, accanto ai propri figli e ai propri nipoti, andando a lavorare e cercando di condurre una vita del tutto normale. È per tutta questa serie di ragioni che abbiamo deciso di restare nei paraggi» ha spiegato Gitte Westergaard.
Il Pet a quel punto ha subito fornito alla coppia ospitalità in una villetta, nella quale si è trasferita sotto scorta armata. E ha avvisato Kurt Westergaard di non recarsi al lavoro. «Ho trasformato la mia paura in rabbia per il fatto di essere a rischio solo perché ho svolto il mio lavoro» ha detto il vignettista. «In un certo senso si arriva a provare una sorta di legittima indignazione che al contempo diventa una sfida. Sono ferocemente arrabbiato di trovarmi in una situazione simile». A metà dicembre si è arrivati a una svolta: ben prima di immaginare il rischio che avrebbero corso, una cinquantina di persone hanno preso parte nella casa della coppia alla festa di compleanno di Gitte Westergaard, che dice: «Abbiamo seguito il consiglio del Pet di festeggiare il mio compleanno come al solito. Disdire la festa dopo aver invitato così tanti ospiti sarebbe stato rischioso. Avrebbe potuto saltare fuori la verità». Spiega Kurt Westergaard che la loro situazione è veramente spaventosa. «Potremmo quasi definirla uno shock. Per due anni interi ho avuto il pensiero fisso che qualcuno volesse uccidermi per quella vignetta e all´improvviso la mia paura si è fatta reale». Westergaard crede che i suoi assassini cerchino il martirio e il prestigio: «Alcuni fanatici presumibilmente sperano di ottenere fama dal mio assassinio e forse anche una grande ricompensa nell´aldilà, se dovessero riuscire a farmi fuori. Per simili gesti pare vi siano varie forme di ricompensa. Sono sicuro che dal loro punto di vista e per la loro cultura uccidermi sarebbe qualcosa di glorioso. In fondo ho disegnato l´unica vignetta che non riescono a dimenticare».
copyright 2008, Jyllens-Posten

Sempre da La REPUBBLICA, un'intervista ad Ayaan Hirsi Ali:


PARIGI - Ayaan Hirsi Ali, nata 38 anni fa a Mogadiscio, già deputata liberale in Olanda, vive oggi nascosta e protetta, in una sorta di clandestinità. E´ una donna bella e luminosa, dallo sguardo sereno. Per la sua critica radicale dell´Islam, e per aver difeso i diritti delle donne, è stata condannata a morte dal fondamentalismo islamico. Il luogo e l´ora del nostro incontro restano segreti fino all´ultimo momento. L´appuntamento è in un albergo del centro di Parigi. Attualmente Hirsi Ali sta portando avanti una campagna per chiedere al Parlamento europeo di garantire la protezione di chi denuncia la minaccia teocratica, a suo parere sottesa alla società musulmana.
Il governo di Parigi le ha offerto la nazionalità francese?
«Vari intellettuali e politici francesi, tra cui personalità quali Bernard-Henry Levy, Rama Yade, Rachida Dati o Fadela Amara, hanno preso l´iniziativa di invitarmi a venire in Francia, visto che gli olandesi non si assumono la responsabilità di proteggermi; quanto alla nazionalità, questa decisione non dipende da loro. Ma il presidente Nicolas Sarkozy ha detto che il problema deve trovare una soluzione, a livello nazionale o europeo. In una sua mozione il socialista Benoit Hamon, deputato al Parlamento europeo, ha chiesto che la protezione delle persone minacciate dai gruppi islamisti sia considerata come un problema europeo».
In risposta alla sua campagna, il governo olandese ha sostenuto di aver già provveduto alla sua protezione.
«Questa è solo metà della verità. Tra il 2002 e il 2006 sono stata costretta a innumerevoli traslochi. La mia non era una vita normale. Il governo mi ha sistemata di volta in volta presso commissariati di polizia o basi militari; mi ha trasferita negli Stati Uniti in segreto, con un aereo militare, per poi riportarmi in Olanda; e mi ha fatto sapere che dovevo vendere la mia casa perché era in pericolo. Ma in definitiva mi ha chiesto di continuare a lavorare sul problema delle donne musulmane, perché se ad occuparsene fosse stato un bianco di genere maschile si rischiava l´accusa di etnocentrismo o di maschilismo. Mi sono presentata al Parlamento e ho tenuto fede all´accordo, per la parte che mi riguardava. Ho studiato il tema e proposto soluzioni, molte delle quali sono state adottate dal parlamento. Il governo olandese mi ha assicurato che mi avrebbe protetto in ogni modo. Ma non lo ha fatto».
Come analizza il dibattito sul velo in Turchia? Democrazia contro laicità?
«A mio parere è un errore, in Turchia come in Europa, discutere sul velo – o sul burka, o sul fazzoletto o su qualunque altro capo di vestiario. Il vero dibattito riguarda il tipo di morale sessuale rappresentata dal velo: secondo questa morale la donna è responsabile della sessualità dei maschi. Per evitare che l´uomo possa eccitarsi noi dobbiamo coprire il nostro corpo e restarcene chiuse in casa. È di questa morale che dobbiamo discutere».
copyright El Pais
Traduzione di Elisabetta Horvat

Per inviare una e-mail alla redazione della Repubblica cliccare sul link sottostante

rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT