A Torino qualcuno, rimpiangendo i bei tempi in cui in Germania si bruciavano i libri degli scrittori “degenerati”, sovversivi e/o ebrei, auspicava un sistema più perfezionato e adatto alla nostra epoca. Perché, si devono essere chiesti i cospiratori, in attesa di agguantare l’agognato potere invece di bruciare i libri non bruciamo gli scrittori ebrei?
Un semplice calcolo di convenienza (in Italia bruciare la gente è ritenuto gesto ostile) faceva alla fine votare per un rogo almeno simbolico. Non potendo bruciare gli scrittori la geniale pensata che raccoglieva l’entusiastica adesione della maggioranza del partito dei comunisti italiani e dei lettori del loro foglio, “Il Manifesto”, era quella di boicottare quegli stessi scrittori, i loro libri, la loro partecipazione alla Fiera del Libro della città, Israele, il paese di cui erano cittadini e che si ostinava a non voler rendere felice chi intendeva cancellarlo dalla carta geografica. Boicottaggio! Boicottaggio! andavano dicendo e scrivendo.
Dopo tutto, un esempio di democratica moderazione. Che diamine, mica volevano seguire proprio le stesse orme di Stalin, di Mao Zedong, di Pol Pot, di Fidel Castro e dei loro fertili compagni d’Africa, d’Asia e di Sudamerica. Boicottaggio,, che sarà mai di fronte agli orrori perpetrati da… Ma da chi? Ma da Israele, che diamine, perché mai, in nessun momento della storia umana, mai si era visto un genocidio come quello messo in opera dallo Stato ebraico. Hitler? Ma Hitler era uno scherzo in confronto!
Così, boicottaggio. Peccato che questi scalmanati ragazzi di Torino non abbiano avuto molti conforti. Peccato,forse li avranno alle elezioni del prossimo 13 aprile.
Roma tuttavia non poteva essere da meno di Torino. Così altri quattro gatti, invidiosi, che ti vanno a pensare?. Pensa e ripensa, ecco l’idea. Una grande idea. E su un blog, prudentemente anonimo per evitare la ferocia di poliziotti e giudici, da noi particolarmente crudeli, stendono un documento in cui rivelano i nomi dello stato maggiore della lobby ebraica in Italia, il cui covo principale è proprio a Roma, dove nelle sue università si annidano la bellezza di 172 docenti ebrei. E quindi, giù i nomi. Per metterli nel mirino e a chi tocca tocca.
Centosettantadue. Davvero questi ebrei si sono diffusi come una metastasi nel corpo innocente del paese. Davvero si sono ispirati ai vecchi Protocolli dei Savi di Sion, davvero danno la scalata al mondo, cominciando dall’Italia dove si annidano nei gangli principali del sistema.
Un’azione meritoria, quella dei quattro gatti neri – perché è il nero il loro colore di riferimento, un nero che vira al bruno – che potrebbero dare una telefonata a Torino per formare un gruppo coeso più resistente.
C’è solo un piccolo inconveniente. I nomi dei 172 nomi della lista di proscrizione non erano tutti di ebrei, che nelle tre università romane in verità sono una decina, ma di sottoscrittori di un appello di protesta di qualche anno fa per certe discriminazioni antiebraiche avvenute nelle università britanniche. Ma ecco 160 “ariani” che forse saranno stati illuminati e, convertendosi all’ebraismo, avranno deciso da che parte stava la Verità vera. Quella dei Protocolli, si capisce.
Luciano Tas