Intervista a Marek Halter sul totalitarismo, l'islamismo e Israele
Testata: L'Opinione Data: 06 febbraio 2008 Pagina: 0 Autore: Stefano Magni Titolo: «Intervista a Marek Halter / Un libro da battaglia per la pace in Medio Oriente»
Da L'OPINIONE del 6 febbraio 2008:
Ieri, nel giorno in cui in Israele è tornato l’incubo del terrorismo e a Torino i gruppi di sinistra estrema filo-palestinesi volevano il boicottaggio di Israele alla Fiera del Libro, uno scrittore ebreo ha presentato a Milano un libro “da battaglia”, come egli stesso ama definire. Il libro in questione è “La mia ira”, edito da Spirali. Il suo autore è Marek Halter, uno scrittore nato in Polonia, fuggito miracolosamente allo sterminio nazista nel 1941 e salvato dall’altro totalitarismo del ‘900, l’Unione Sovietica di Stalin. Trasferitosi in Francia e divenuto uno scrittore di successo, Marek Halter non ha mai rinunciato al suo impegno politico e umanitario. E non ha nemmeno mai perso la speranza della pace: proprio ai tempi della Guerra dei Sei Giorni, fondò i “Comitati per la Pace Negoziata” con gli Stati arabi. Conobbe e incontrò molti dei leader mondiali e fu l’uomo che, in piena II Intifadah, cercò di far incontrare Ariel Sharon e Yassir Arafat. Abbiamo parlato con lui della pace in Medio Oriente, ma prima abbiamo voluto sapere cosa pensa del totalitarismo che ha vissuto sulla sua pelle.
Marek Halter, lei ha vissuto sotto entrambi i regimi totalitari del ‘900. Quali sono le caratteristiche che, accomunando la Germania nazista e l’Urss di Stalin, e permettono di parlare della categoria politica del “totalitarismo”? La Germania nazista e l’Unione Sovietica hanno tanti tratti comuni e altrettante profonde differenze. Il nazismo e il comunismo sono due ideologie totali e laiche, entrambe hanno la certezza di detenere una verità assoluta e dunque ritengono di avere il diritto di eliminare tutti coloro che non rientrano nella loro visione del mondo. Io comunque non paragono il “Manifesto Comunista” di Karl Marx al “Mein Kampf” di Hitler. Il filosofo e storico Ernst Nolte è convinto che si possa comparare l’odio di classe del comunismo all’odio di razza del nazismo. Io non sono d’accordo, il parallelo non è possibile e lo deduco dalla mia stessa esperienza. Sotto il nazismo io sarei finito in una saponetta, perché nato ebreo. Sotto il regime sovietico ho salvato la mia vita e mio padre, che faceva il mestiere del tipografo, e beneficiò della solidarietà di classe.
Il totalitarismo è un fenomeno relegato alla storia del ‘900 o si sta ripresentando in altre forme? Bisogna distinguere tra un totalitarismo nazionale, che è la ricerca e il mantenimento del potere totale in un unico paese e il totalitarismo transnazionale che deve espandersi per realizzarsi, come il comunismo e il nazismo. Oggi ci sono dittature in molti paesi del mondo, ma sono nazionali. Oggigiorno c’è un’unica ideologia totalitaria transnazionale che si sta espandendo: il radicalismo islamico. E’ una nuova forma di totalitarismo, non laico, ma religioso. Ma non si può dire che questo totalitarismo stia prendendo il potere in molti Stati del mondo. Sta prendendo forma. E l’unico antidoto per arginarlo, prima che prenda piede, è l’Islam moderato. Noi non possiamo fare nulla per fermare il radicalismo islamico, l’unica soluzione è interna all’Islam.
Tutte le religioni, compresa quella islamica, sono compatibili con la democrazia e la società aperta? Penso, contrariamente a molti miei amici intellettuali, che le religioni facciano parte del nostro patrimonio culturale. Possono coesistere con un governo democratico, ma l’unico modo di far coesistere più religioni è la laicità. Se non c’è uno Stato laico, la convivenza tra religioni e con le religioni è impossibile.
Secondo gli opinionisti più religiosi il ‘laicismo’ stesso diventa una sorta di religione intollerante... La laicità non è un’ideologia, è una forma di governo, una volontà di separare il potere religioso da quello politico. Spesso confondiamo i termini, perché spesso il laicismo viene scambiato per un ateismo di Stato. Ma essere laico non vuol dire combattere la religione, bensì liberare le istituzioni del potere politico dalla religione.
Di tutte le religioni, si dice spesso che l’Islam sia incompatibile con la laicità, perché, sin dalla sua nascita, ha fuso in sé il potere politico e quello religioso. Lei è più ottimista? E’ vero, ma aspettiamo prima di dar tutto per perso. L’Islam è la terza religione monoteista del mondo, è nato sei secoli dopo il Cristianesimo e, contrariamente alle altre religioni, non ha vissuto scismi o conflitti interni. L’Islam non ha avuto un suo Lutero ed è una religione che sinora è stata promossa e diffusa da alcuni Stati. Ma probabilmente arriverà il momento in cui gli interessi dell’Islam non coincideranno più con gli interessi politici degli Stati che lo stanno usando. Non sto parlando di odio o conflitto, ma semplicemente di una possibile divergenza di interessi. Questo potrebbe far nascere dei cambiamenti.
Israele si sta confrontando con dei nemici che sono sempre più islamizzati. Il suo obiettivo di pace negoziata è ancora raggiungibile in questo contesto mutato? Quando io ho incominciato a frequentare il mondo arabo, in Egitto era l’epoca degli Ufficiali Liberi, come Nasser e Sadat. Si richiamavano al nazionalismo arabo e il loro alleato di riferimento era l’Unione Sovietica. Era l’epoca dell’antagonismo tra diverse forme di nazionalismo. Anche Arafat era innanzitutto un nazionalista, non un religioso. La novità di oggi è che siamo in presenza di una terza forza: Dio. E questo complica tutto. In un mio articolo, scritto per il quotidiano francese “Le Monde”, ho scritto che per ottenere la pace nel Medio Oriente, si deve prima escludere Dio dal gioco.
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