Colpa dell'amministrazione Bush se l'Iran, con scopi evidentemente difensivi, deve investire nel settore militare trascurando i servizi sociali.
E' l'assurda tesi di Farian Sabahi, che dimentica l'aggressività comprovata della Repubblica islamica.
Il programma nucleare non basta a tenere alto il morale degli iraniani e per questo Ahmadinejad gioca la carta della corsa allo spazio. Ieri il presidente della Repubblica islamica ha inaugurato un centro spaziale nella zona desertica di Semnan, a Nord del Paese, e acceso la miccia di un missile di prova. Tra maggio e giugno sarà un vettore analogo a lanciare in orbita il primo satellite interamente costruito in Iran: «Omid», in persiano «speranza».
È veramente un primo passo verso lo spazio, o si tratta della solita propaganda di una leadership messa in difficoltà dalla gravissima crisi economica? In realtà nello spazio c’è già un satellite iraniano per le telecomunicazioni e la ricerca, ma è stato mandato in orbita da un razzo russo, nell’ottobre 2005. Basato sul missile militare Shahab 3, e con una gittata massima di 1.600 chilometri, Omid sarà invece il risultato dell’autarchia in cui il Paese si è chiuso in questi anni.
Il lancio del razzo non cambia comunque l’immagine dell’Iran, che resta tecnologicamente arretrato. I suoi cittadini, ad esempio, sono obbligati a volare su vecchi Boeing della compagnia di bandiera Iran Air, vittima di quasi trent’anni di embargo statunitense, o, peggio ancora, su sgangherati Tupolev russi. Il ritardo tecnologico è tallone d’Achille di un Paese che, avendo il petrolio ma non le raffinerie, deve importare il 40 per cento della benzina necessaria al mercato interno.
La televisione di Stato ha mandato in onda le immagini del lancio con un sottofondo di musiche patriottiche. Mancano pochi giorni all’11 febbraio, la giornata in cui si commemora la vittoria dei rivoluzionari nel 1979, e Ahmadinejad ha sottolineato il significato politico dell'annuncio: «Il più importante strumento usato dal sistema dominante (gli Usa, ndr) è l'umiliazione attraverso cui vogliono far credere ai popoli che sono incapaci. Ma noi dobbiamo credere nelle nostre capacità. Tutte le conquiste della rivoluzione derivano da questo convincimento».
L’ostentazione tecnologica è diretta quindi sia al popolo iraniano sia agli Stati Uniti, che Ahmadinejad, paragonando la Repubblica islamica a un «leone messo in un angolo», ha più volte messo in guardia dal «giocare con la sua coda».
La Casa Bianca ha reagito ricordando che «è spiacevole che l’Iran continui a sperimentare missili balistici, questo regime continua a compiere passi, che non fanno altro che isolarlo, e con lui il popolo iraniano, dalla comunità internazionale».
A Washington non tutti saranno però dispiaciuti dei risultati di Ahmadinejad perché, spendendo in un programma spaziale anziché in welfare, fa il gioco dell’amministrazione Bush. Un po’ come ai tempi della Guerra Fredda, quando il presidente Reagan riprese la corsa agli armamenti, obbligando Mosca a fare altrettanto e dando avvio al tracollo dell’Unione sovietica. Ora come allora, Washington vende armi ai Paesi del Golfo e a Israele, obbligando Teheran ad adeguarsi. Il prezzo è alto: mancheranno le risorse per creare industrie e posti lavoro, ridurre l’inflazione, costruire raffinerie e finanziare un ampio programma di case popolari per ridurre la pressione – sempre più forte - sul mercato immobiliare.
Sempre dalla STAMPA, un articolo su una nuova sentenza omicida dei tribunali iraniani:
Medioevo e modernità si mescolano nella condanna a morte per lapidazione inflitta a due sorelle iraniane, Zohreh e Azar, 28 e 27 anni, entrambe sposate, entrambe con un figlio, entrambe colpevoli di adulterio. La prova l’ha fornita una videocamera che il marito di Zohrer aveva fatto installare in casa a Shahriar, vicino a Teheran, per tenere sotto controllo la moglie. Dai filmati era emerso che, quando lui era fuori, le due sorelle ricevevano uomini. Denunciate, sono state condannate a 99 frustate per «relazioni illegali». Ma la vicenda non si è conclusa lì perché, sei mesi più tardi, sono state riconvocate da un’altra Corte, che le ha riconosciute colpevoli di adulterio e condannate alla lapidazione. La Corte suprema, ha scritto ieri il quotidiano riformista «Etemad», ha confermato la sentenza. Secondo il loro avvocato, le due sorelle sono state condannate senza prove, con una sentenza basata sulla «sapienza del giudice», un principio della legge islamica che dà ampio potere discrezionale ai magistrati.
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