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Tempi Rassegna Stampa
01.02.2008 Tacere sulla barbarie di Nasrallah
e condannare Israele perché si difende: la politica di Massimo D'Alema analizzata da Giorgio Israel

Testata: Tempi
Data: 01 febbraio 2008
Pagina: 1
Autore: Giorgio Israel
Titolo: «Le macabre sparate di Hamas&Hezbollah e l'ostinato giustificazionismo di D'Alema»

Da TEMPI di giovedì 30 gennaio 2008:

Un tema su cui ho aperto la rubrica nel 2008 è stato il dramma dei 
soldati israeliani rapiti da Hezbollah e Hamas e di cui nessuno sa 
nulla da un anno e mezzo, il silenzio e l’assenza di reazioni attorno 
a questa vicenda, soprattutto da parte di chi è invece prontissimo ad 
accusare Israele di tutte le nefandezze del mondo. Il primo esplicito 
“intervento sul tema è venuto dallo sceicco Nasrallah, capo di 
Hezbollah, che ha dichiarato che il suo movimento detiene pezzi di 
cadaveri di soldati israeliani: piedi, gambe, teste e persino un 
tronco. Non ha specificato quali siano le modalità di conservazione. 
A un simile proclama degno di un serial killer non ha reagito quasi 
nessuno. Le teste si sono girate dall’altra parte. Nel mondo islamico 
non si è levata una sola voce, nessuno si è vergognato, nessuno ha 
sentito l’esigenza di prendere le distanze, almeno per salvare la 
faccia. Eppure ci si trovava di fronte alla prova tangibile che i 
proclami e le “carte costituzionali” (come quella di Hamas) che 
stabiliscono l’obbiettivo di trucidare ogni ebreo a tiro, non sono 
chiacchiere. Sarebbe stato naturale che la delegazione musulmana che 
si accingeva a visitare la Sinagoga di Roma almeno prendesse le 
distanze pubblicamente. E invece, per tutta risposta, la visita è 
stata annullata, sotto la pressione della dichiarazione di un 
esponente di spicco della Università Al Azhar secondo cui «il dialogo 
con l’Ebraismo non è contemplato finché non saranno restituiti i 
diritti a chi ne è titolare». Come ha spiegato chiaramente Magdi 
Allam, questo significa semplicemente: fino a che l’intera Palestina 
non sarà interamente sottratta agli ebrei.
Che cosa si sarebbe detto se l’esponente di un’altra religione – per 
esempio un cristiano – avesse fatto dichiarazioni come quelle di 
Nasrallah e nessuno le avesse deplorate, rincarando anzi la dose con 
la cancellazione della visita alla Sinagoga sotto lo stimolo di un 
intervento come quello proveniente da Al Azhar? Sarebbe scoppiato uno 
scandalo di proporzioni enormi.
In questo contesto drammatico, di fronte al continuo lancio di 
missili da Gaza sui territori israeliani, le inevitabili reazioni di 
Israele vengono stigmatizzate dal nostro ineffabile ministro degli 
esteri dicendo che se «nessuno può giustificare il lancio di missili 
da Gaza verso il territorio israeliano», allo stesso tempo «la 
punizione collettiva di un’intera popolazione, attraverso il taglio 
di servizi essenziali, tramite misure che mettono in discussione 
persino il funzionamento degli ospedali non può essere compresa». A 
prescindere dal fatto che questo taglio ha avuto finora un’entità 
molto limitata e che la responsabilità dell’esodo di palestinesi da 
Gaza verso l’Egitto ricade tutta su Hamas, sarebbe interessante 
sapere da D’Alema che cosa farebbe lui al posto di Israele, a parte 
lasciarsi bombardare senza reagire. Ma soprattutto si vorrebbe sapere 
da lui come vada definito il lancio di missili che ha praticamente 
ridotto la città di Sderot a una città fantasma, da cui la gente 
fugge perché è diventato difficilissimo viverci. Colpire la 
popolazione civile di un’intera città, in modo indiscriminato non è 
forse una “punizione collettiva”? Se non si ammette questo, vuol dire 
che si considerano i civili israeliani alla stregua di militari, 
ovvero si accetta la tesi dei terroristi. Questo è l’uomo che taluni 
descrivono come un vertice di intelligenza e di razionalità. La 
verità è che si tratta di una mente ottenebrata dall’ostilità e dal 
pregiudizio. La buona notizia è che il paese non sarà più 
rappresentato da un siffatto ministro degli esteri.

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