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Il Giornale Rassegna Stampa
01.02.2008 Le buone ragioni per evitare la crisi di governo in Israele
l'analisi di R.A. Segre sul rapporto della commissione Winograd

Testata: Il Giornale
Data: 01 febbraio 2008
Pagina: 0
Autore: R.A. Segre
Titolo: «Così Olmert è sopravvissuto alla guerra»

Dal GIORNALE del 1 febbraio 2008

La commissione d’inchiesta Winograd (dal nome del giudice che l’ha presieduta) ha consegnato alla stampa le sue conclusioni sulla guerra del Libano, 629 pagine che non aggiungono molto a quello che già si sapeva. E che possono riassumersi in una sola frase: fallimento del governo e dei comandi militari. Per il premier Olmert, maggiore indiziato da un’opinione pubblica in cerca di un capro espiatorio, il rapporto finale della commissione è stato comunque motivo di sollievo.
La Corte suprema israeliana ha proibito alla Commissione di indicare specificatamente responsabilità individuali, e poiché la commissione, nominata dal governo e non dal Parlamento, non aveva il diritto di chiedere le dimissioni di persone responsabili, il premier Olmert ha subito dichiarato - come nel corso dei due anni passati - di non avere intenzione di dimettersi. Questo provocherà una nuova ondata di proteste da parte di media, riservisti, associazioni dei parenti dei caduti che chiedono la testa del primo ministro. Ma c’è almeno una mezza dozzina di buone ragioni perché la crisi di governo sia evitata, per lo meno nell’immediato.
1) Non c’è soluzione di ricambio all’attuale coalizione e la maggior parte dei deputati temono elezioni anticipate dalle quali potrebbero uscire malconci.
2) Tutta la dirigenza politica israeliana è accusata di gravi responsabilità nella condotta di questa guerra. Con Olmert, logicamente, dovrebbero dimettersi altri membri dell’attuale governo che ha approvato la guerra e la sua condotta. E nessuno dei ministri sembra interessato ad abbandonare il campo.
3) Gli ambienti finanziari temono le ricadute negative sull’economia, in pieno sviluppo dopo una lunga crisi.
4) La dirigenza militare ha già iniziato profonde riforme. Da una caduta del governo potrebbe essere trascinata in una crisi interna che scuoterebbe le strutture di comando delle forze armate, il loro prestigio e la disciplina nelle unità combattenti.
5) Un Israele in preda a una nuova pubblica autocritica e in campagna elettorale regalerebbe agli Hezbollah e a Hamas una vittoria d’immagine nel momento in cui entrambe queste organizzazioni sono in difficoltà nel Libano e a Gaza.
6) Due anni sono trascorsi dalla guerra. Il tempo ha calmato le ire e diminuito la volontà di vendetta. Il governo Olmert può vantare una serie di successi, ad esempio l’attacco alla presunta base nucleare siriana il 6 settembre scorso. Il premier ritiene che la maggiore attenzione sviluppata dalle forze internazionali dell’Onu nei confronti delle attività anti-israeliane in Libano sia un risultato positivo di una guerra che è andata male soprattutto perché le aspettative che lui stesso aveva alimentato erano esagerate. La vera colpa di Olmert non è stata quella di andare in guerra senza un esercito preparato (non era comunque lui il responsabile), ma di non aver arrestato i combattimenti quando gli scopi possibili erano ormai stati raggiunti. Infine c’è la crescente collaborazione con la metà cisgiordana dei palestinesi: c’è una significativa riduzione della disoccupazione, ci sono gli accordi che hanno messo fine a un lungo sciopero con gli insegnanti delle scuole superiori e dell’università.
In fondo, la guerra del Libano è già storia. La commissione Winograd difficilmente ne scriverà una nuova.

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