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Il Giornale Rassegna Stampa
31.01.2008 Presentato il rapporto della Commissione Winograd
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 31 gennaio 2008
Pagina: 16
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: ««Libano? Guerra disastrosa» Ma Olmert resta al suo posto»

Dal GIORNALE del 31 gennaio 2008, un articolo di Fiamma Nirenstein:

No, dopo la risoluzione della Commissione Winograd di ieri, Ehud Olmert per ora non andrà a casa; e neppure si dimetterà, come ponderava il suo ministro della Difesa Ehud Barak, che aspettava per decidere se spaccare il governo. L’esercito, ieri criticato direttamente come mai nella storia d’Israele per i fallimenti della guerra del Libano, ha già tappato molte delle falle che la Commissione Winograd gli attribuisce. Il grande terremoto, che pure c’è perché Winograd dice che Israele ha affrontato la guerra senza preparazione né politica né militare non riuscendo nello scopo indispensabile di conseguire la vittoria, lascia in piedi per ora l’esecutivo. «Kishalon», fallimento, resta la parola chiave del documento, ma Winograd e i suoi colleghi hanno deciso di non impegnarsi in nessun corpo a corpo personale. Il Capo di stato maggiore del 2006, Dan Halutz, si è già dimesso con altri ufficiali, né è più al suo posto il vecchio ministro della Difesa Amir Peretz, da tutti ritenuto incompetente. Adesso sembra che il documento nella sua ambivalenza tenga piuttosto a preparare il Paese alle prossime sfide, che non a un cambio della guardia tramite le dimissioni del Primo ministro. Olmert può respirare. I giudici hanno di nuovo indicato senza pietà gli errori e i fallimenti, ma hanno fatto una scelta precisa, che certo sarà al centro di un furioso dibattito: indicare tutti gli errori, disegnare in generale le responsabilità, ma lasciare nelle mani del pubblico israeliano la discussione politica.
Ieri sera alle 5, nella neve che copriva Gerusalemme silenziosa e vuota, una processione di jeep bianche ha condotto l’ex giudice della Corte Suprema Eliahu Winograd, 82 anni carichi di autorità indiscussa, insieme agli altri quattro colleghi, dal primo ministro: Olmert attendeva pallido il documento destinato ad aggravare o alleggerire le accuse già formulata nella prima parte delle risoluzioni: sventatezza, incompetenza... Di fatto, le ha alleggerite, ma semplicemente perché non le ha caricate ulteriormente: ci sono stati errori enormi, dice il documento, si doveva scegliere fra una dura risposta agli hezbollah con un’aspra operazione di pochi giorni, oppure l’uso della fanteria per un’ampia operazione di terra che sarebbe costata cara ma avrebbe permesso di vincere la guerra. Invece si è lanciata l’operazione di terra solo nelle ultime 60 ore e non si è mai riusciti a fermare il lancio di missili; e mentre ormai si firmava la tregua venivano uccisi 33 soldati, fra cui il figlio dello scrittore David Grossman. Tuttavia, scegliere di andare in guerra è stato giusto, hanno detto i giudici, e in secondo luogo decidere di procedere, sia pure nei tempi supplementari, a un’operazione di terra è stata una scelta quasi obbligata, e comunque onesta.
Olmert temeva l’accusa di irresponsabilità. Invece la Commissione, con una specie di lavacro democratico forse senza paragoni nel mondo, ha disegnato un’immagine problematica, coraggiosa. Non sono solo i leader politici, ha detto il giudice, colpevoli «di essersi imbarcati in una lunga guerra iniziata da noi, finita senza una chiara vittoria militare», ma un insieme di cause, fra cui scelte errate nel passato (come quella di non agire contro la costruzione della forza nemica oltre il confine), mancanza di preparazione dell’esercito. Insomma, la Commissione ha implicitamente sollevato parte della responsabilità da Olmert e dal suo governo. Solo sul valore personale dei soldati, e sulla resistenza della società, i giudici hanno dato un messaggio di fiducia totale.

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