Una lettera inviata alle redazioni de La Repubblica, La Stampa e Avvenire sulla morte del terrorista palestinese George Hababsh
Gentili Redazioni,
sono temporaneamente ospite presso uno dei tanti Kibbutzim a ridosso della Valle dell´ Yezreel, un posto magnifico dal cui refrettorio comune si puó ammirare il profilo delle colline del Gilboa. All´ ora di pranzo ritrovo un paio di amici che mi invitano a sedermi al loro stesso tavolo. Discutendo del piú e del meno, Eyal mi comunica che presto dovrá lasciare il Kibbutz per associarsi ad un gruppo di volontari operanti in una struttura ospedaliera specializzata nel trattamento di bambini handicappati. Il loro contributo all´ assistenza a bambini disabili avrá la durata di un anno, dopodiché dovranno indossare la divisa militare per 3 anni.
Incuriosito chiedo ad Eyal che sensazione penserá di provare nel momento in cui passerá dal camice d´ infermiere alla “casacca verde”. – Dobbiamo darci da fare nel miglior modo possibile per aiutare chi ne ha bisogno ed allo stesso tempo preoccuparci di non crepare per mano dei terroristi - risponde . Ed aggiunge: - qui il problema è il terrorismo, nient´altro-. Proprio ieri è stato accoltellato un militare nei pressi di Gerusalemme. L´altro ieri è stato sventato un attacco in una Yeshiva, sempre nell´ area Gerosolimitana. Il tutto dopodiché l´ Alta Corte di Giustizia Israeliana aveva deciso di “allentare il road-block” attorno alla Capitale. – Facilissimo è attaccare ma altrettanto difficile è potersi difendere -
Chiedendo ragguagli circa l´ etnicitá dei bambini ospitati presso l´ istituzione ospedaliera nella quale Eyal presterá il suo prezioso servizio di volontario assieme ad altri 20 ragazzi:
-Circa 350 bambini, per il 20% arabi per lo piú provenienti dai cosidetti territori. No, scusa: circa metá di essi sono di Gaza, arrivati un paio di mesi dopo il disimpegno -. Eyal sorride e Ofer prende la parola: - Sai, io ho partecipato all´ arresto di Marwan Brghouti. Ero in servizio alla Brigata Benyamina quando arrivó l´ ordine di arrestarlo. Non fece alcuna resistenza, tanto che credevamo volesse farsi saltare assieme a noi, magari indossando una cintura esplosiva. A ricoprire il luogo di “martiri suicidi” sono gli “sfigati”, mica i capi.-
Ad un certo punto la radio inizia a divulgare il notiziario: - morto George Habbash, capo del PFLP.- Chiedo ad Eyal se il nome gli ricorda qualcosa. Risposta: - no, nulla. Chi era? –
“Un medico, rispondo. Un medico il cui scopo era quello di eliminare il piú ebrei possibile”
Eyal mi guarda e sorride: - Ma come, quello mica si chiamava Mengele? –
Ofer scuote la testa e sorride. Pure io.
Paolo Scanferla – Ein Harod