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La Stampa Rassegna Stampa
27.01.2008 Ricordiamo le leggi razziali, parte della storia italiana
un articolo di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 27 gennaio 2008
Pagina: 33
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «La memoria dell'Italia peggiore»
Da La STAMPA del 27 gennaio 2008:

La memoria non è di per sé terapeutica. Come diceva Primo Levi, il fatto che sia accaduto non azzera, anzi moltiplica le probabilità che accada di nuovo. La percezione della storia attraverso la memoria è invece istruttiva: guardare al passato per capire che cosa e come siamo. E quest’anno il presidente Napolitano ci ha ricordato che l’Italia di oggi viene anche, ebbene sì, dall’infamia delle leggi razziali.
Gli italiani amano sparlare del proprio paese e delle sue disfunzioni. Guai però a toccare il cosiddetto «carattere nazionale», dentro il quale vige tenace l’immagine degli italiani «brava gente». Ma a dispetto di questo inossidabile stereotipo, settant’anni fa esatti questo paese è stato capace di sfoderare una legislazione razziale che non fu seconda a nessuno. Nemmeno alla Germania nazista. «Leggi che suscitarono orrore negli Italiani rimasti consapevoli della tradizione umanista e universalista della nostra civiltà» e anticiparono lo sterminio, ha ricordato il presidente Napolitano. Il censimento degli ebrei italiani che nell’agosto del 1938 fu la premessa per una applicazione «a tappeto» delle leggi razziali emanate quell’autunno, costituì dopo l’8 settembre 1943 un comodo strumento per i tedeschi a caccia di stücke («pezzi» come loro chiamavano i deportati) per i vagoni merci, i forni crematori.
Le leggi razziali, firmate da «Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della nazione re d’Italia – imperatore d’Etiopia», stabiliscono restrizioni che vanno dal divieto di contrarre matrimonio misto a quello di firmare manuali scolastici, proibiscono agli ebrei italiani di avere dipendenti, di essere dipendenti di enti statali, banche, assicurazioni, di prestare servizio militare, possedere terreni e aziende. Pretendono, con brutale ottusità, di definire l’appartenenza ebraica in termini di sangue (art. 8, comma a: è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica). Queste leggi, tanto spietate quanto assurde, non furono un meteorite precipitato sul ridente pianeta Italia da una remota regione siderale, bensì il prodotto di forze congiunte: il regime fascista, la consenziente monarchia (i cui degni eredi, forse perché non hanno più nessun regio decreto da firmare, si son dati allo sport, con risultati davvero eccellenti nel lancio di boutades) e il popolo italiano. Stretto nelle maglie di questa orribile storia, che tuttavia è proprio la sua.

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