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L'Opinione Rassegna Stampa
25.01.2008 Mojtaba Samareh-Hashemi, fanatico esponente del regime iraniano
ricevuto da Prodi e D'Alema

Testata: L'Opinione
Data: 25 gennaio 2008
Pagina: 0
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «L’ultima gaffe mondiale»
Da L'OPINIONE del 25 gennaio 2008:

Cadrà pure il governo Prodi ma non prima di avere fatto l’ultima gaffe di politica estera: l’incontro con l’ennesimo boia politico iraniano, Mojtaba Samareh-Hashemi, ricevuto mercoledì da Prodi e ieri da D’Alema. Rimane un mistero come il premier e il ministro degli esteri trovino il tempo per queste idiozie nel momento in cui tutto il paese va a rotoli e a loro viene presentato il conto, ma tant’è. E proprio nei giorni in cui la Nato fa capire che contro l’Iran potrebbe esserci un drammatico first strike, l’Italia mette in scena l’ennesima caricatura di dialogo con una personalità politica iraniana complice di esecuzioni, torture e campi di sterminio che in Iran sono ormai paragonabili a quelli della Germania nazista. Ma chi è quest’uomo per ricevere il quale Prodi e D’Alema hanno trovato il tempo in questi giorni di crisi convulsa e di calcio mercato di senatori? Gli uomini della resistenza iraniana lo descrivono così: “Devoto alla causa della rivoluzione islamica e fanatico sciita del dodicesimo Imam, è legato ai pasdaran e ai servizi segreti fin dai tempi della guerra contro l’Iraq.

Al fronte, rimasto ferito, non riuscì a morire e fu come se il martirio gli fosse stato negato perché indegno di sacrificare la propria vita per Allah”. Da allora, come disse lui stesso ai quotidiani di regime di Teheran, “mi sono ripromesso di non parlare e di comportarmi come se non esistessi, così che gli altri non potessero percepire la mia presenza”. Praticamente un pazzo fanatico con cui non si capisce quale dialogo possa instaurarsi a meno che D’Alema e Prodi non abbiano da perorare gli affarucci di qualche clientes italiano con l’Iran. O magari hanno parlato di Hezbollah e Hamas. Vallo a sapere. Per la cronaca Samareh Hashemi è molto legato ad Ahmadinejad di cui è cognato avendo sposato la sorella di sua moglie. Un aneddoto interessante sulla personalità di questo figuro è il seguente e risale a quando, finita la guerra contro Saddam Hussein, Samareh divenne direttore del placement office del ministero degli Esteri. Tra i suoi compiti, in particolare, quello di vagliare l’idoneità dei diplomatici che volevano essere inviati all’estero. I candidati venivano posti in isolamento negli scantinati del ministero per diversi giorni, il tempo di essere sottoposti ai pressanti interrogatori dell’intelligence e di essere addestrati al controterrorismo.

“La psicologia dell’infedele” era il metodo elaborato da Samareh per riconoscere le personalità sospette: nelle sue lezioni insegnava che “la corruzione si annida nella piega dei pantaloni, si manifesta nella scelta delle scarpe ed è conclamata se il soggetto sorride.” Gli esponenti italiani della resistenza iraniana, tra cui il noto Davood Karimi, saputo della girandola di incontri con questo figuro hanno anche scritto una lettera aperta a D’Alema. Ecco i passi salienti: “Sarebbe meglio che il ministro degli esteri D’Alema, prima di convincersi che con Teheran si debba negoziare, spieghi meglio agli italiani questo fondamentale concetto: che cosa ha ottenuto fino ad oggi la sua linea di negoziato con il principale paese sponsor del terrorismo internazionale?”
Altre domande contenute nell’imbarazzante missiva sono queste: “La linea D’Alema ha concesso o non ha concesso anni e anni di tempo al regime di Ahmadinejad per finire il suo progetto atomico militare? A chi giova allungare i tempi?

All’Europa o al regime di Teheran? In quali campi la politica di negoziato con Teheran ha dato frutti prefissati? Nel campo del terrorismo internazionale? Nel campo della pacificazione tra israeliani e i palestinesi? Nel campo del rispetto dei diritti umani? Signor ministro se lei è convinto che con la carota si può domare questo mostro religioso si sbaglia.” Sentiamo di fare nostro questo implicito invito a usare il bastone, quantomeno delle sanzioni internazionali, contro Teheran che viene a D’Alema (oramai fuori tempo massimo) dagli esponenti in esilio in Italia della resistenza anti-ayatollah.

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