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Storia
La nascita di Israele- parte seconda

Gli arabi.

La critica più severa vuole che il programma sionista non abbia considerato l’esistenza degli arabi. Ma tale critica fa risalire a fine 800 una realtà che a quel tempo non poteva esistere. A quel tempo si pensava, invece, come abbiamo visto, di portare a quelle genti progresso e civiltà.

E non si poteva chiamare colonialismo il sionismo che propugnava un lavoro durissimo, fra le malattie, per gente che, dopo aver acquistato le terre, le lavorava senza aver l’abitudine a quei lavori. E il kibbutz era una forma di socialismo integrale. Erano piuttosto gli europei che guardavano le terre fuori dai confini come colonie, e non certo gli ebrei immigrati.

Nei secoli l’atteggiamento degli arabi era stato antiebraico, ma meno di quello cristiano. Tuttavia si ricordano le stragi e le persecuzioni compiute da Maometto, quelle di Granada nel 1006, di Fez nel 1033, della Libia nel 1785, di Tunisi nel 1869, del Marocco del 1864 e 1880, e, fra il 1941 e il 1948, cioè prima della nascita dello stato di Israele, in Siria, Libano, Egitto e Yemen.

Verso il 1920 gli arabi cominciano ad avere movimenti nazionalisti; i francesi erano in Algeria dal 1830, in Tunisia dal 1881, in Marocco dal 1891, gli inglesi in Egitto dal 1882, ad Aden dal 1839, in Sudan dal 1899, gli italiani in Libia dal 1912; erano tutti territori a suo tempo occupati dall’impero ottomano. Ma non era solo colonialismo quello che portavano gli europei, ma anche lo spirito nuovo che prendeva piede in Europa. Questo nazionalismo arabo prima si appoggiava agli inglesi, poi alle forze nazi-fasciste, e poi all’URSS. A San Remo, conferenza della quale abbiamo parlato prima del 5 maggio 1920, gli arabi si sentirono traditi perché invece dell’indipendenza si trovarono sottomessi a Inghilterra e Francia. Direi che quello fu il momento cruciale dell’inizio di tutti i problemi che durano ancora oggi. E il bersaglio loro è diventato Israele che ha portato lo spirito europeo in quelle terre. E proprio nel 1920 vi furono i primi tumulti arabi nei kibbutzim e in Gerusalemme. Il 4 aprile 1920, durante la pasqua ebraica, vi furono pogrom in Gerusalemme vecchia.Nel 1921 furono a Tel Aviv e Haifa. Nel 1929 prima a Gerusalemme vecchia, poi a Hebron, Safed e altrove, anche dove gli ebrei, per antiche amicizie, si sentivano sicuri.

 

I morti furono 133 fra gli ebrei, 113 fra gli arabi, per le azioni della Haganà. Agli ebrei gli inglesi proibirono di portare panche e quant’altro potesse servire per pregare davanti al muro del pianto, e anche di suonare lo shofar.

Nel 1925, 26, 33 vi furono duri scioperi fra gli arabi, nel 1936 vi fu la grande rivolta araba con uno sciopero durato 6 mesi organizzata dalle potenze dell’asse, e tollerata dagli inglesi. 5000 arabi vennero uccisi e 120 condannati a morte. I capi furono arrestati o espulsi. Il paese rimase diviso e bloccato. Muoversi da Tel Aviv a Gerusalemme era un’impresa, Haifa era isolata. La Haganà perfezionò la sua tattica, mentre gli inglesi crearono la commissione Peel che propose la divisione del paese in due stati, nord ovest gli ebrei, il resto unito alla Transgiordania, tenendo Gerusalemme e Jaffa sotto il proprio controllo. Gli arabi rifiutarono. E fu questo, forse, il primo degli infiniti rifiuti arabi di avere lì un loro stato. Anche gli ebrei rifiutarono.

Dal novembre 1946 al febbraio 1947 6 personalità arabe favorevoli alla ricerca di un accordo furono assassinati. E anche il re di Transgiordania Ibn Hussein iniziò trattative che prevedevano divisione ed annessione, con annessioni da parte della Transgiordania e dello stato ebraico.

Pochi giorni prima di proclamare lo stato di Israele Ben Gurion mandò Golda Meir, vestita da araba, a incontrare il re di Giordania, certo il meno avverso fra tutti, ma le condizioni poste non permisero nessun accordo.

La Pravda scrisse che gli arabi non si battevano per i loro interessi nazionali e per la loro indipendenza, ma per impedire agli ebrei di avere un loro stato indipendente.

L’unico paese arabo con un esercito organizzato era la Transgiordania, il cui esercito era guidato da un inglese, Glubb Pascià. E le forze del Gran Muftì che lottavano per l’indipendenza della Palestina erano in antitesi con la Transgiordania che voleva annettersi quei territori, mentre gli egiziani volevano conquistare il Negev e Giaffa

Quando venne proclamato lo stato, gli arabi avanzarono su tutti i fronti, e bombardarono Tel Aviv. Gli ebrei avevano un piccolo esercito organizzato, il Palmach, con 3000 uomini con personaggi come Dayan, Rabin e Yigal Allon. L’Haganah aveva 70000 uomini, mentre l’Irgun 6000. Ma tutto serviva, anche battere le pentole per far rumore e far avere un’immagine falsata delle proprie forze. E poi c’erano staffette giovani, e si arruolavano i nuovi immigranti.

Ma il 28 maggio 1948 gli arabi guidati da Glubb Pascià isolarono la città vecchia e si accorsero che solo 34 combattenti superstiti erano riusciti a reggere all’attacco. Li fecero uscire dalla porta di Sion e andare nella città nuova. Era la fine di una presenza ininterrotta durata oltre duemila anni. Le artiglierie giordane colpirono la Gerusalemme nuova e la isolarono nuovamente, ma a Latrun venne costruita una nuova strada, ancora oggi davvero impervia, che permise di rompere l’isolamento.

L’ONU mandò come mediatore il conte Bernadotte, che il 24 maggio propose una tregua, che gli arabi subordinarono alla rinuncia all’indipendenza. Ben Gurion disse che gli stati arabi potevano avere sia la pace con Israele, sia la guerra, me sempre con lo stato di Israele. Il 11 giugno Bernadotte propose una nuova tregua, e gli arabi stranamente accettarono, permettendo agli ebrei, esausti, di armarsi (aerei e perfino un carro armato tedeschi). Il 22 giugno la nave Altalena (il soprannome di Jabotinski) era arrivata piena di armi. Ben Gurion ordinò che tutto finisse alle forze regolari, che dovevano prendere il posto delle armate di Jabotinski. Questi rifiutò e Ben Gurion fece allora affondare la nave con il suo prezioso carico. Ma fu una decisione fondamentale per le sue conseguenze politiche.

Il 1 luglio Bernadotte propose nuovi confini, che entrambi rifiutarono. Bernadotte considerava lo stato una cosa ancora da ridiscutere e questo portò poi alla sua uccisione per mano di sconosciuti della banda Stern, il 17 settembre. E il 17 luglio gli egiziani ruppero la tregua e attaccarono nel Negev. Ma gli ebrei riconquistarono Beersheba e bombardarono Damasco; in tal modo gli arabi si spaventarono e il 18 luglio accettarono una nuova tregua. Vi fu ancora un’offensiva egiziana fra dicembre e gennaio, e poi si giunse all’armistizio, firmato a Rodi il 24 febbraio con l’Egitto, il 4 marzo con la Giordania (che fu l’unico paese arabo ad avere grossi vantaggi), il 23 marzo con il Libano, il 20 luglio con la Siria, già allora la più dura. L’Iraq rifiutò di negoziare.

Alla fine di questa guerra lo stato sarà 1/3 più grande di quanto aveva stabilito l’ONU.

Il successore di Bernadotte, l’americano Bunche, propose nel settembre del 1948 un nuovo piano che fra l’altro attribuiva agli arabi il deserto del Negev, ma il piano non venne approvato dal governo americano.

, propose nel un nuovo piano che fra l’altro attribuiva agli arabi il deserto del Negev, ma il piano non venne approvato dal governo americano.

L’ondata migratoria palestinese iniziò a gennaio 48 per le operazioni belliche, poi si ripeté in aprile e a maggio. Erano soprattutto contadini, che avevano perduto ogni fiducia nelle possibilità della loro direzione nazionale.

Le trattative segrete tuttavia continuano, e Israele, con il re di Giordania Abdullah era arrivata alla bozza di un accordo. Ma il 20 luglio 1951 venne ucciso con un colpo di arma da fuoco da un palestinese, davanti alla moschea di El Aqsa. La stessa fine che subirà Sadat, 30 anni dopo.


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