Molti sono stati imprigionati nei loro paesi, alcuni hanno subito raffinate torture, come l’iraniano Amir Abbas Fakhravar, rinchiuso due mesi in una cella tutta bianca e insonorizzata, vestito di bianco e mangiando solo riso, rischiando di impazzire; all’iracheno Mithal Al-Alusi hanno ucciso i due figli in un attentato perché avevano commesso il di partecipare in Israele ad un convegno contro il terrorismo, sono questi alcuni dei protagonisti di < combattere per la democrazia nel mondo islamico >, il convegno romano che ha dato la parola, tra gli altri, ai coraggiosi patrioti musulmani che invece di tacere hanno scelto di alzare la voce contro le dittature che opprimono i popoli nel nome di Allah. Una conferenza che è stata la continuazione di quella tenutasi a Praga lo scorso giugno, organizzata da Vaclav Havel, alla quale partecipò anche il presidente Bush. E’ stata la forza trascinante di Fiamma Nirenstein a volerne una seconda edizione romana, alla quale ne seguirà un’altra nel giugno del prossimo anno a Madrid coordinata da Josè Maria Aznar. Perché ascoltare le loro ragioni vuol dire capire, al di là delle analisi degli specialisti, le sfide che le dittature islamiche pongono al mondo occidentale. Dopo tutto non è difficile valutare il pericolo rappresentato da uno come Ahmadinejad, sono le sue stesse parole a qualificarlo. Ben più arduo è rendersi conto quale può essere la controffensiva da parte del mondo libero. Ascoltando i rapporti dei dissidenti ci siamo resi conto che gran parte delle parole che si spendono in occidente per delineare future strategie partono da assunti sbagliati. Primo fra tutti il cosiddetto multiculturalismo. Quella che sembrava una possibilità di convivenza comune, in una società aperta a differenti culture, si è rivelata un fallimento. Invece di favorire l’integrazione, si è ottenuta la prevalenza del fondamentalismo islamico, che, poco a poco, sta invadendo l’Europa, nella quasi totale incoscienza dei governi e nel silenzio dell’opinione pubblica musulmana moderata. L’ha testimoniato lo scrittore americano Bruce Bawer, l’autore di < Mentre l’Europa dormiva >, purtroppo non tradotto in italiano. Bawer ha lasciato una decina di anni fa New York con il suo compagno, per venire in Norvegia, per vivere in un paese che lui pensava più attento ai diritti umani e civili che non gli Usa. Se questo è stato vero, ormai non lo è più, l’immigrazione islamica, anche se in Norvegia è solo del 2% (ma a Oslo raggiunge il 10%), ha rivelato dei connotati violenti, che non limitano a regolare le vite dei norvegesi di religione musulmana, ma stanno invadendo la società civile nel suo insieme. Mentre Bruce ci parlava a Roma, a Oslo il suo compagno veniva accoltellato da una banda di teppisti musulmani mentre aspettava il tram per recarsi al lavoro. Si è salvato solo grazie all’arrivo della vettura nella quale è riuscito a rifugiarsi. Come chiamare questa violenza che si abbatte su chiunque, musulmano o no, non segua le regole della sharia ? Come opporsi ? L’Austria, ci ricorda il prof. Sergio Della Pergola, entro il 2050 avrà una maggioranza islamica, a seguire Belgio, Olanda e altri paesi scandinavi, ma di questi argomenti, che non sono solo previsioni, non abbiamo il piacere di leggerne sui nostri giornali. Che abbondano invece di parole quali ,
, ed altre simili. Certo, esprimono contenuti condivisibili, augurabili, ma perché si realizzino occorre la partecipazione comune. Che invece non c’è, ma chi lo dice, chi lo scrive ? Il multiculturalismo è fallito, ce l’hanno detto i dissidenti siriani, iraniani, palestinesi,egiziani, nigeriani, sudanesi, libanesi, che ci hanno raccontato come soltanto con l’aiuto dell’occidente sarà possibile liberare i loro paesi dalla dittature. Ma l’occidente sembra più interessato a garantire i diritti degli oppressori piuttosto che quelli degli oppressi. Del processo a Saddam Hussein erano le condizioni nelle quali veniva tenuto il detenuto più dei crimini che aveva commesso ad interessare i media internazionali. Come le violenze nel carcere di Abu Graib, infinitamente meno gravi delle migliaia di vittime di Saddam, hanno avuto un rilievo sproporzionato. Noi tutti ricordiamo quelle immagini, viste un’infinità di volte sul piccolo schermo, ma le vittime gasate dal dittatore non hanno avuto ne volto né storia. E’ così che l’occidente dorme il sonno dell’incoscienza, mentre le percentuali si alzano, noi crediamo ancora agli effetti taumaturgici del culturalismo. Angelo Pezzana da Shalom del gennaio 2008