Poeti israeliani a cura di Ariel Rathaus
Einaudi Euro 18,50
La storia ebraica ha una confidenza tutta particolare con il tempo: ne predilige le scansioni lente come un’onda lunga, nata chissà dove in mezzo all’Oceano. Per duemila anni questa musica del tempo ha avuto da metronomo, purtroppo, i traumi delle persecuzioni e delle cacciate. Dei ghetti e del disprezzo. Eppure, chissà come, il tempo ebraico non ha mai perso il fiato, ha saputo sempre trovare il modo e lo spazio per respirare a pieni polmoni, con il naso puntato sulla pagina di un libro.
Anche la poesia, che in ebraico ha un nome lieve uguale a quello del “canto”, conosce questi ritmi lunghi, che scavalcano secoli come fossero stagioni. Proprio questa storia racconta in filigrana l’antologia di “poeti israeliani” che Einaudi ha appena pubblicato con la cura di Ariel Rathaus. Nato a Roma, egli ha a lungo insegnato letteratura italiana presso
la Hebrew University di Gerusalemme ed è in particolare un grande studioso di poesia d’Israele. Dalla Bibbia in poi perché, per l’appunto, è una storia anche questa di lungo corso.
Il modello sta, come per molto altro, nel canone della parola sacra. Dove la poesia racconta l’amore nel Cantico, piange la nostalgia nei Salmi, si fa quasi sarcastica nei Proverbi. Nell’epoca post-biblica la poesia resta terreno quasi esclusivamente religioso. La preghiera ebraica è canto, il canto è poesia per antonomasia. Di qui alla letteratura ebraica israeliana il passo è certo ampio, ma anche sempre armonico. Nella sua introduzione Rathaus sottolinea giustamente come il lungo processo dell’Emancipazione ebraica, avviatasi dall’epoca napoleonica in poi con tremendi alti e bassi, avrebbe potuto costituire la via più “naturale” per l’estinzione della poesia ebraica tradizionale. E invece il paradosso vuole che tale fase storica sia divenuta l’occasione per un grande risveglio letterario, anche in versi.
Questa bella antologia copre a rigore “soltanto” gli ultimi vent’anni dell’attività poetica in Israele. Un Paese, dove, per inciso, di poesia se ne pubblica persino sulle pagine culturali dei quotidiani a grande diffusione. Ma nella realtà questo volume di testi, con corredo critico, rispecchia fedelmente molte generazioni letterarie. Offre uno spettro ampio che spazia dai più celebri poeti israeliani contemporanei – il compianto Amichai, Chaim Guri, Nathan Zach, Dalia Rabikovitch, Ori Bernstein giusto per fare qualche parziale nome. Presenta altra poesia non meno classica, benché decisamente di rottura (le due cose non sono in necessaria contraddizione): Weiseltier, Aharon Shabtai. Arriva sino agli autori d’ultima generazione (Rami Saari, Shimon Adaf). Rende con altrettanta fedeltà la natura composita della società israeliana, offrendo al lettore componimenti ad alto tasso erotico (la serie Ziva di Shabtai, ma anche versi di un grande talmudista come Admiel Kosman che in poesia ci spiega perché “non mi dondolo quando prego”.
Elena Loewenthal
Tuttolibri –
La Stampa