Da PANORAMA dell'11 gennaio 2008, un articolo di Fiamma Nirenstein:
È bizzarro come sotto il riflettore delle impossibili elezioni del presidente libanese, in programma per sabato 12 gennaio, gli hezbollah siano solo ombre. Eppure, quello che succede in «Hezbollandia», nel sud del Libano, dovrebbe interessare soprattutto gli italiani, visto che uno dei principali compiti della forza Unifil, e anche il suo maggiore problema, è impedire che le milizie facciano arrivare armi nell’area. Ma a sud del fiume Litani ci sono nuovamente missili e katiusce di fabbricazione iraniana e siriana: l’8 gennaio è stato attaccato un convoglio Unifil (due soldati irlandesi feriti) mentre due razzi hanno colpito la cittadina israeliana di Shlomi.
Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è tornato a gettare sul Libano la sua ombra, rendendo difficile ottenere dalla riunione del parlamento del 12 gennaio un risultato politico stabile. Le elezioni sono già fallite otto volte nel sangue di attentati presumibilmente firmati Siria e Iran; il Libano è uno degli snodi per la stabilità dell’area e per l’espansione dell’egemonia iraniana. La settimana scorsa si è assistito a una battaglia nel quartiere di Basta a Beirut fra i partigiani di Saad Hariri ed Hezbollah, e l’anno nuovo è stato accolto a colpi di mitra. Tutti episodi che denunciano la situazione: i libanesi sono armati e in allarme rosso, e anche se molti sperano di evitare il conflitto (povero capo del governo Fuad Siniora) il paese sembra destinato a un equilibrio del terrore.
Il ritorno dello sceicco Nasrallah con un’intervista di 3 ore alla tv Al Manara, dopo 3 mesi di assenza, la dice lunga: era il solito Nasrallah con le solite minacce di guerra a Israele e agli Usa. Inoltre, il leader delle milizie sciite ha annunciato di essere in possesso di pezzi dei corpi di soldati israeliani (ma non di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev, rapiti al confine con il Libano nel luglio 2006) da usare come merce di scambio. E ha avanzato una richiesta mai fatta prima: Hezbollah non permetterà l’elezione del presidente libanese finché non avrà un terzo dei posti nel governo e la possibilità di imporre veti. Quel terzo dovrà infatti essere ritenuto «decisivo» o «preventivo»; solo una maggioranza di due terzi potrà decidere, per esempio, di processare gli assassini di Rafik Hariri, o di fare la pace con Israele.
Con questa mossa Nasrallah mostra di nuovo la sua preminenza come leader di Hezbollah, che era stata messa in dubbio dall’Iran scontento, pare, dei risultati modesti ottenuti in guerra dai suoi protetti. Lo sceicco lancia un messaggio di sfida rivolto a Nicolas Sarkozy, che ha rotto i rapporti con la Siria a causa della crisi in Libano, a Egitto e Arabia Saudita, che cercano di fermare la Siria per ottenere la calma in Libano.
Anche il re di Giordania Abdullah si è detto preoccupato per la situazione libanese, come l’instancabile presidente francese, che martedì scorso ha incontrato il leader della maggioranza Saad Hariri, figlio di Rafik, il primo fra i leader antisiriani assassinati. Inoltre una delegazione libanese guidata dal ministro degli Esteri ad interim Tarik Mitri (tra le proteste del ministro-hezbollah Fawzi Sallouk, che si è dimesso) ha chiesto per scritto alla Lega araba che il Libano sia aiutato a reagire contro le interferenze.
George W. Bush ha avvertito: «Sono stufo del comportamento siriano». Ma sebbene dalla Lega araba al presidente Usa tutto il mondo sia per la pacificazione del Libano, da quando gli hezbollah hanno dovuto nascondere la loro presenza nel sud del paese, nell’estate del 2005, Nasrallah ha un solo scopo: sostituire il governo Siniora con un nuovo potere che sia il custode delle ambizioni siriane e iraniane, e quindi delle sue.
Il gioco è delicato: perché la Siria ha bisogno del Libano, ma anche del consenso arabo, che sta evaporando, fino a mettere in forse il summit della Lega araba previsto a Damasco per marzo. E per l’Iran c’è un limite al prezzo da pagare per il coinvolgimento in quella che è solo una pedina della sua strategia. Forse Nasrallah tira troppo la corda.
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