Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Dialogo tra Ayaan Hirsi Ali e Timothy Garton Ash su Occidente, Islam e libertà
Testata: Corriere della Sera Data: 11 gennaio 2008 Pagina: 56 Autore: Ayaan Hirsi Ali e Timothy Garton Ash Titolo: «Occidente e Islam: la sfida delle libertà - Religiosa o laica? La scuola fondata sulle opportunità»
Dal CORRIERE della SERA dell'11 gennaio 2008:
L'Islam è compatibile con la democrazia, la legge e la libertà di pensiero? È questo il tema di un dibattito tra Ayaan Hirsi Ali e Timothy Garton Ash che si è svolto recentemente presso la Royal Society of Arts di Londra, con la collaborazione della Scuola di giornalismo della Reuters, moderato da John Lloyd, scrittore e opinionista politico tra i fondatori del «FT Magazine» e direttore del corso di giornalismo al Reuters Institute. Il gruppo multimediale Axess Publishing & Broadcasting, con sede a Stoccolma (Svezia) ha ora messo a disposizione sul suo sito (http://www.axess.se) un video dell'avvenimento con una trascrizione del dibattito in inglese, omettendone alcune parti in accordo con gli intervenuti. Noi pubblichiamo qui a fianco le parti principali di questo dibattito per concessione della fonte (Axess Publishing & Broadcasting AB). Le domande sono state poste da John Lloyd e dal pubblico presente. Abbiamo isolato a parte il tema sull'opportunità della diffusione delle scuole di ogni religione per l'importanza che l'argomento riveste anche in Italia.
Di seguito l'intervista:
Timothy Garton Ash «Innanzitutto vorrei esprimere la mia immensa ammirazione per il coraggio, la chiarezza e l'onestà di Ayaan Hirsi Ali (...) Sfortunatamente in una recensione l'ho qualificata come "fondamentalista dell'Illuminismo" e questa espressione è stata equivocata a più riprese. Vorrei stabilire chiaramente che non esiste alcuna simmetria tra i fondamentalisti islamici e i fondamentalisti dell'Illuminismo, sarebbe come equiparare gli assassini alle loro vittime. Colgo quindi l'occasione per abiurare ufficialmente da questo termine infelice. Tuttavia, se il fondamentalista è qualcuno che crede nei valori fondamentali della società libera, allora anch'io sono un fondamentalista. Sono fermamente convinto che occorre definire con chiarezza quali sono questi valori fondamentali e sostenerli con forza. A cominciare dalla libertà di espressione, che comprende anche il diritto di offendere, che si trattasse di vignette blasfeme o di Salman Rushdie, di libertà civili, di uguaglianza di diritti, per le donne, per gli omosessuali, e il diritto basilare all'apostasia, il diritto cioè di rimettere in questione, sfidare, cambiare o abbandonare la propria religione. Questo è un valore portante in una società libera e non è negoziabile. Negli ultimi tempi sono emerse diverse versioni del multiculturalismo che hanno violato questi valori fondamentali. Nel nome del multiculturalismo infatti si è verificata un'oppressione interna di gruppi e comunità etniche, ad opera dei loro leader. Siamo andati troppo in quella direzione e oggi occorre aggiustare il tiro. Direi tuttavia che si potrebbe sostenere la causa di un multiculturalismo liberale. Il monoculturalismo francese, ovvero il modello repubblicano di assimilazione, è fallito; come pure il multiculturalismo britannico. Oggi tuttavia sono convinto che bisogna delineare e affermare con chiarezza quali sono i valori fondanti di un Paese libero e di una società liberale, affinché tutti sappiano qual è la nostra posizione e quello che è negoziabile e quello che non lo è. (...) Un altro punto riguarda l'Islam, una visione semplicistica e riduttiva dell'Islam. Di nuovo, faccio riferimento a una citazione di Ayaan, che ha detto in un'intervista che per lei l'Islam è incompatibile con la società liberale così come è emersa dall'illuminismo. Se questo fosse vero, saremmo nei guai. Se fosse vero che non si può essere musulmano e pieno cittadino di una società libera, sarebbe una catastrofe. Io non credo che questa affermazione sia vera: nella storia ci sono esempi di grandi conflitti ma anche momenti di compromesso lungimirante. Guardiamo quello che fanno e dicono i musulmani oggi in Inghilterra e in Europa, in particolare la gioventù musulmana di seconda generazione. Per la maggior parte, anch'essa invoca un compromesso. Questi giovani vogliono sentirsi dire che è possibile essere buoni musulmani ma anche buoni cittadini di un Paese libero. E secondo me dovremmo incoraggiare e ascoltare attentamente ogni voce all'interno dell'Islam. Chiamiamoli revisionisti, riformatori o dissidenti dell'Islam. Penso a Hamza Yusuf Hansen, che ha un grande impatto sui giovani musulmani britannici, o a Tariq Ramadan. Costoro non sono ancora pienamente in accordo con una società liberale e democratica, ma almeno vanno nella direzione giusta e stanno aiutando la gioventù musulmana in Europa, sono dei ponti». Ayaan Hirsi Ali«Sono talmente avvezza ad essere citata a proposito e a sproposito che mi sembra indispensabile ripartire daccapo. Ho trascorso i primi due decenni della mia vita sforzandomi di vivere secondo i dettami morali che mi erano stati insegnati dai miei genitori e la guida morale dei miei genitori si riassume così: obbedisci ad Allah, al suo profeta, a tuo padre e a tua madre, in quest'ordine. E questo richiedeva sacrificio. Sacrificio della volontà, del corpo e della mente. Ma più è completa la sottomissione, più generosamente essa sarà ricompensata e additata come esempio per le ragazze. Questo mi dicevano madre, nonna, zie, tutti. Noi apparteniamo a un clan superiore, alla religione più eccelsa, dobbiamo dare un esempio agli infedeli. È con queste nozioni in testa che sono arrivata in occidente, nella terra degli infedeli. E quello che mi ha colpito, sbarcata a Francoforte, è stato quanto erano puliti, ordinati, sani e felici gli infedeli. (...) Sono andata all'università per scoprire il segreto del successo degli infedeli. E ho studiato la storia dell'Occidente, dai greci al medioevo, dal rinascimento all'Illuminismo. E questo è stato il periodo che mi ha maggiormente affascinato. La storia degli infedeli, per me, è una storia di liberazione. Liberazione dalla chiesa, dalla monarchia, liberazione delle donne, dei lavoratori, l'emancipazione degli ebrei, l'abolizione della schiavitù, ma ancora più essenziale, la liberazione della mente. (...) Molti pensano che ce l'abbia con l'Islam per la morte di mia sorella. Al contrario. Lei stessa diceva che era il suo stato di libertà a deluderla. Perché lo stato che le era più familiare era quello della sottomissione. (...) Mia sorella ha preferito rientrare a Nairobi per rifugiarsi nel clan familiare. Poco tempo dopo ha dichiarato che non valeva la pena di vivere e quando mia sorella minore è morta ho capito che cosa significa perdere la ragione. Grazie alla sua battaglia sono giunta alla conclusione che essere liberi significa vivere con modestia la propria libertà. Se questo fa di me una fondamentalista dell'Illuminismo, ben venga. (...) Io sono giunta alla conclusione che il mondo degli infedeli è lontano dalla perfezione, ma è comunque di gran lunga superiore al mondo offerto dall'Islam, e che l'Islam come dottrina religiosa riduce l'individuo a uno stato di schiavitù. E la donna a uno stato ancora inferiore a quello di uno schiavo. Come dottrina religiosa, l'Islam incoraggia il fatalismo. Ma se l'Islam appare come una dottrina insidiosa, non si tratta di una malattia genetica incurabile, in altre parole non è una patologia. Il musulmano non nasce musulmano, ma lo diventa. In altre parole, se il cristiano e l'ebreo possono diventare infedeli, anche il musulmano può farlo. Non intendo dire con questo che voglio imporre ai musulmani l'abbandono della fede, ma semplicemente constatare che, come tutti gli individui, anche il musulmano possiede il dono della ragione. E pertanto, quando vive in un Paese libero, anche il musulmano, come tutti gli altri, deve accollarsi le responsabilità e le conseguenze logiche dei suoi pensieri e delle sue azioni. La libertà di coscienza e la libertà di espressione, vissute senza timore, incarnano gli ideali più alti dell'Illuminismo. Ma nella società liberale queste libertà sono oggi sotto costante minaccia, una minaccia composta da un lato da uno strano fenomeno chiamato il "senso di colpa dei bianchi", e dall'altro da una minoranza molto agguerrita nel nome dell'Islam. Nei corsi universitari americani ho scoperto questo "senso di colpa dei bianchi". In tutte le discussioni di storia, politica, psicologia politica, quando si analizzavano i fenomeni della schiavitù, colonizzazione, apartheid, discriminazione delle donne e olocausto, il bianco era l'autore di tutti i mali (...). È stata forse questa responsabilità morale a senso unico, che ha imputato a un unico gruppo tutti i mali dell'umanità a escludere, forse inconsapevolmente, gli altri gruppi dal condividere la responsabilità. Così gli studenti bianchi si sentivano responsabili per le colpe dei loro antenati, mentre gli studenti neri provavano rabbia, odio e desiderio di vendetta, non solo verso gli antenati degli studenti bianchi, ma nei confronti dei bianchi in generale. La colpa dei bianchi ha anche portato a una situazione in cui si consente alle minoranze che vivono nelle società liberali di aderire a principi non condivisi da quelle stesse società». Ayaan afferma di non voler costringere i musulmani a una conversione di massa, e invoca anche per loro la libertà di parola. Timothy Garton Ash, come la pensa? Timothy Garton Ash «Ayaan e io abbiamo molti punti in comune e sono convinto che abbia ragione nel dire che la libertà di espressione viene erosa giorno dopo giorno. (...) A questo punto occorre affrontare con serietà la questione dell'attenzione e della visibilità che accordiamo a questi riformatori islamici, per quanto problematici possano essere sotto altri punti di vista». Ayaan, lei non pretende che i musulmani in Europa e altrove nel mondo di colpo si trasformino in laici, o abbandonino la loro religione, o si convertano al cristianesimo? Ayaan Hirsi Ali «Io non chiedo nulla ai musulmani, ma vorrei semplicemente che non esistessero distinzioni tra noi e loro in base alla fede religiosa o che si tratti di cittadini europei o immigrati. Io vorrei che anche i musulmani, come tutte le persone, fossero in grado di pensare e ragionare e cercare un dialogo critico al di fuori della religione. È infatti un'occasione sprecata per noi — ma un'occasione d'oro per i fautori dell'Islam che puntano a marginalizzare e isolare i musulmani — immaginare che l'individuo musulmano sia innanzitutto un musulmano, che ogni cambiamento debba per forza scaturire dall'interno dell'Islam e che l'unico dialogo possibile con un musulmano debba passare esclusivamente attraverso i suoi testi sacri». Timothy Garton Ash «Siamo tutti cittadini e abbiamo tutti uguali diritti e doveri e in una società libera ognuno deve essere libero di cambiare religione. Il problema è il modo in cui parliamo dell'Islam. Se ne parliamo in termini monolitici, ecco che spunta lo scontro di civiltà: l'Islam contro l'Occidente. L'Islam è incompatibile con la società liberale, come lei ha affermato, oppure siamo disposti a riconoscere la profonda diversità dell'Islam, che consiste nel comportamento odierno di tanti musulmani?». Ayaan, lei è una femminista, laica, aperta, una figura classica di sinistra. Perché gli attacchi peggiori le sono piovuti addosso proprio dalla sinistra, che si vanta di essere liberale? Ayaan Hirsi Ali «Tutti conosciamo amici musulmani, teologi, cittadini, che si offendono terribilmente se critichiamo l'Islam o se affermiamo che è incompatibile con la democrazia e con i valori del liberalismo. (...) Ripeto: un gruppo di intellettuali occidentali, bianchi, si ritiene moralmente responsabile di tutti i mali dell'universo. Per il passato, presente e futuro. E sono loro ad aver inventato il multiculturalismo, un sistema di rapporti perverso. Se siete trattati da bambini, o da vittime, o moralmente irresponsabili, vi comporterete a quel modo. Vi sentirete pieni di odio e di rancore. La maggior parte dei musulmani non uccide e non ricorre alla violenza domestica e non tutti fanno riferimento al Corano che consente di battere la moglie. Ma coloro che lo fanno portano a giustificazione la religione, la tradizione, le usanze e allora sono questi i principi che occorre contestare. Ma se non mettiamo in discussione questi principi, per timore di offendere, non ci sarà nessun progresso». Timothy Garton Ash, lei dice che i musulmani di seconda generazione invocano un compromesso, e questo fa ben sperare. Dove sono i segnali di questo germe riformista? Timothy Garton Ash «Occorre prendere i dissidenti e i riformatori così come sono. Ho iniziato la mia carriera svolgendo indagini sulla resistenza tedesca contro Hitler e posso affermare che non si trattava né di democratici né di liberali, ma di gente comune che si opponeva a Hitler. Solgenitsin si avvicinava molto a posizioni antisemite ma era uno strenuo antagonista del comunismo sovietico e lo stesso accade oggi per molti riformatori e dissidenti islamici. Ce n'è di ogni tipo e non occorre essere per forza d'accordo con loro, ma dico che politicamente sarebbe uno sbaglio ignorare le loro voci». Un'ultima domanda: come definireste la situazione attuale? Ci sono speranze? Timothy Garton Ash «I politici hanno adottato strategie inadeguate, sia nel modello britannico che in quello francese, ma se guardiamo alla vita di tutti i giorni nelle nostre grandi capitali, a quel che accade nei quartieri di Londra, lì intravedo motivi di speranza». Ayaan Hirsi Ali «La prossima sfida è la seguente: a chi spetta la responsabilità dell'integrazione? A mio avviso, se continueremo ad addossare questa responsabilità esclusivamente sulle spalle dei bianchi, allora davvero non ci sarà più speranza. Ma se anche noi ci accolliamo quella responsabilità, se l'immigrato non solo beneficia dei diritti ma accetta gli oneri e la responsabilità di far avanzare la società, allora sì che c'è speranza. Ed è su questo punto che si addensa il mio pessimismo. Perché si è già infiltrato nei libri di scuola, è già penetrato nel sistema educativo, è già visibile nel modo di comportarsi dei Paesi ospitanti, questo senso di buonismo e di colpevolezza nei confronti degli immigrati. Secondo me occorre sbarazzarsi al più presto di questo atteggiamento pavido e cauteloso per misurarci onestamente a parità di diritti e doveri».
La parte dell'intervista dedicata all'educazione e alla scuola, separata dal CORRIERE dal resto del testo:
Cosa pensate della libertà di religione nel contesto dell'educazione familiare: fino a che punto i genitori hanno il diritto di allevare i loro figli secondo la propria tradizione religiosa? Ayaan Hirsi Ali «(...)In una società liberale, l'educazione dei bambini non punta solo a inculcare i principi liberali, ma li incoraggia a diventare individui liberi e autonomi. Farli studiare in scuole religiose, specie in scuole islamiche, li priva di questa opportunità. (...) Per questo motivo mi oppongo decisamente alle scuole islamiche e mi batto per la loro chiusura. E mi sono chiesta, sia in parlamento che fuori, se questo significa che anche le scuole ebraiche e cristiane devono essere chiuse. In principio, direi di sì. È sbagliato inculcare ai bambini il dogma religioso, qualunque esso sia. Ma in realtà i cristiani e gli ebrei hanno accettato i principi della società liberale, controllano quello che viene insegnato nelle loro scuole e sanno offrire ai bambini tutti gli strumenti di riflessione e di dubbio, di apprendimento e di individualismo. Non è questo il caso delle scuole islamiche. Esiste inoltre il problema di integrare le minoranze nella nostra società, soprattutto le minoranze musulmane. E inserire i bambini musulmani in scuole islamiche li priva di questa opportunità. Pertanto mi sono convinta che sia urgente chiudere le scuole islamiche, e non quelle ebraiche e cristiane, perché i genitori e gli insegnanti di queste ultime hanno accettato i valori fondamentali di questa società, mentre le scuole islamiche non l'hanno fatto». Timothy Garton Ash «Qui abbiamo due pesi e due misure e mi sembra un problema assai grave. Idealmente, anch'io vorrei che le scuole fossero più francesi, più repubblicane, più laiche e siccome questo non è possibile nel breve termine, la soluzione sarebbe quella di imporre alle scuole religiose di accogliere almeno un 25% di allievi di altre tradizioni religiose, in modo che i bambini possano avere un'esperienza più variegata. Io mi batto tuttavia per una scuola repubblicana e laica. In quanto alle responsabilità dei genitori, se questi vogliono imporre la mutilazione genitale o i matrimoni forzati alle loro figlie, ebbene la patria potestà finisce dove iniziano i diritti dell'infanzia, che dovranno essere ben chiariti e tutelati. In quanto all'incompatibilità dell'Islam con la democrazia, come si può fare una simile affermazione quando ci sono grandi intellettuali musulmani, politici e centinaia di migliaia di nostri concittadini britannici, i musulmani britannici, per i quali è compatibile eccome? Sono convinto che occorre dare maggior spazio alle loro voci, e tutti coloro che lavorano nei mezzi d'informazione hanno il dovere di incoraggiarle e diffonderle. Mi limito pertanto a ribadire: ci sono le voci dei revisionisti e dei riformatori islamici, dobbiamo ascoltarle».
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