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Il Foglio Rassegna Stampa
09.01.2008 In Pakistan meglio la strategia di Petraeus che quella di Bolton
l'analisi di Carlo Panella, che risponde al consulente dell'Onu Arduino Paniccia

Testata: Il Foglio
Data: 09 gennaio 2008
Pagina: 3
Autore: Carlo Panella - Luigi De Biase
Titolo: «Meglio Petraeus che Bolton, per evitare un nuovo Iran in Pakistan - Confronto con al Qaida ed elezioni. A Islamabad c’è “l’uomo giusto”»
Dal FOGLIO del 9 gennaio 2008, apagina 1 dell'inserto:

Al direttore - Ho letto il “primo di una serie di articoli” su Musharraf (sul Foglio di sabato 5 gennaio 2008, ndr) e mi sembra proprio che, sviluppata in questo modo, su questi punti, la questione non abbia un grande interesse, perché va a finire in un’inutile conta su chi sostiene che Musharraf è “l’uomo giusto”, come dite nel titolo, e chi, come il sottoscritto lo ritiene una iattura. Rischia di diventare una questione di tifo. Il punto è tutt’altro. Musharraf è in grado di governare le contraddizioni del Pakistan? Sa fare le riforme indispensabili? Da quando il paese – golpe di Musharraf del 1999 – è “in mano all’esercito e ai servizi segreti”, come ha detto Arduino Paniccia, docente all’Università di Trieste e consulente dell’Onu sul Grande medio oriente, il Pakistan è diventato un paese sempre più instabile. Per 40 anni lo era stato solo ed esclusivamente a livello di vertice, di gruppi di potere. Oggi è instabile a livello di massa, politico e sociale. Un record del satrapo Musharraf. Come ha spiegato Daniele Raineri (sul Foglio di venerdì 4 dicembre 2008, ndr), l’ottimo Essa sta riuscendo ad aumentare la presa popolare dei Talebani ed è sotto gli occhi di tutti la crescente presa del fondamentalismo. Questo sul versante della destabilizzazione terrorista. Ma il vero problema emerso con nettezza negli ultimi mesi è che Musharraf, l’esercito e i servizi segreti stanno trasformando il Pakistan nel paese più instabile del mondo islamico sul versante dei rapporti con la parte non fondamentalista della nazione. Questo è il punto del contendere. Benazir Bhutto, gli avvocati in sciopero, il presidente della Corte suprema, lo stesso Nawaz Sharif rappresentano una parte fondamentale del Pakistan a cui Musharraf, esercito e servizi segreti non sanno e non vogliono dare alcuno spazio, alcun protagonismo e quindi loro – siccome sono una parte enorme del paese – protestano e “creano instabilità”. Gli Stati Uniti non danno alcun peso al fatto che il Pakistan sta diventando instabile da due versanti e che Musharraf si sta dimostrando una iattura proprio perché affronta il versante moderato con militaresca rigidità. L’uccisione della Bhutto – al di là delle responsabilità penali – è tutta da ascrivere a questa rigidità di Musharraf, che nega ogni disponibilità a condividere il potere con il blocco sociale riformista, moderato, laico del Pakistan, e che punta a un gioco tutto e solo teso alla preservazione del potere di una piccola casta di militari. In questo agisce in tutto e per tutto come lo scià di Persia, che non fu abbattuto dagli Stati Uniti, ma da un formidabile movimento di popolo, in cui si sono saldate le proteste dei vari Bhutto, Sharif, avvocati eccetera del fronte laico e moderato con quelle del movimento fondamentalista khomeinista. Questo è il tema. Purtroppo, su questo punto, la tradizione americana è pessima, perché privilegia solo un obiettivo immediato di tipo essenzialmente militare su scala regionale e non comprende mai (ripeto: Nasser, Van Thieu e Cao Ky, Saddam eccetera) che la stabilità anche di questi paesi non può, semplicemente non può essere garantita da “esercito e servizi segreti” e l’ex ambasciatore di Bush all’Onu, John Bolton, che si illude che questo sia possibile dà prova di scarsissime doti politiche. Il fatto è ancora più grave, lo ripeto, perché proprio in campo americano, il generale David H. Petraeus sta dimostrando una capacità politica straordinaria e ha rovesciato completamente questo assunto “alla Bolton”. Petraeus vince perché pone al primo posto non “l’esercito e i servizi segreti”, come è stato fatto per tre anni dai suoi predecessori, ma la rappresentanza politica e decisionale di settori territoriali del mondo sunnita (capitribù, etnie, ras locali eccetera). Petraeus dà loro potere, non si limita ad allearsi con loro per sparare meglio. Petreaus avrà un valore straordinario nella elaborazione di una nuova dottrina dell’antiterrorismo perché contrasta appieno quella tradizionale – e di Bush-Bolton – e pone al centro della strategia militare e dell’azione armata dei suoi uomini la conquista del consenso delle popolazioni locali. Una novità assoluta. Che impiegherà tempo per consolidarsi sul piano dottrinale, mentre tutto indica che ci sono molte possibilità che nel frattempo la rigidità dottrinale “alla Bolton” produrrà in Pakistan un nuovo Iran.

Di seguito, l'articolo del 5 gennaio di Luigi De Biase:

Roma. L’appello alla riconciliazione che il presidente pachistano, Pervez Musharraf, ha espresso durante il discorso alla nazione di mercoledì non ha placato le tensioni tra le forze politiche del paese. Ieri un team di investigatori di Scotland Yard è arrivato a Islamabad con il compito di aiutare le autorità locali a fare chiarezza sull’omicidio di Benazir Bhutto, l’ex premier uccisa in un attentato suicida il 27 dicembre nella città di Rawalpindi. A chiedere il loro supporto era stato lo stesso Musharraf, una scelta che il Partito popolare di Bhutto critica con ferocia. “Che cosa mai potrà combinare qui Scotland Yard?”, ha detto ieri Faroq Naik, uno dei più stretti collaboratori della defunta leader. “Lavoreranno sotto l’egida del governo, sarà una semplice esercitazione”. Il partito non collaborerà ad alcuna indagine che non sia patrocinata dell’Onu. L’Economist immagina il Pakistan come una bomba a mano sul punto di esplodere, per il settimanale Time il paese rischia la guerra civile: Musharraf ha confermato che le elezioni ci saranno, ma i sostenitori di Bhutto sembrano più attratti dalla brama di vendetta che dalla sete di democrazia. L’obiettivo della loro lotta non sono i probabili autori dell’omicidio di Bhutto – militanti islamisti legati ad al Qaida – ma Pervez Musharraf, l’uomo che George W. Bush considera uno dei migliori alleati nella regione. Per questo, sostengono i giornali liberal americani, la Casa Bianca dovrebbe riconsiderare la scelta di sostenere politicamente ed economicamente l’ex generale. Sul fronte opposto stanno i conservatori come John Bolton, per i quali “perdere il Pakistan non è un’opzione che gli Stati Uniti possono valutare”. Secondo Arduino Paniccia, docente di Relazioni internazionali all’Università di Trieste e consulente delle Nazioni Unite nell’area del Grande medio oriente, Pervez Musharraf non è soltanto la soluzione “meno drammatica” che George W. Bush avesse a disposizione per stabilizzare il Pakistan: l’ex generale ha dimostrato di essere l’uomo giusto per impedire che il paese e il suo enorme arsenale atomico finissero nelle mani degli estremisti islamici. “Per capire il Pakistan – dice Paniccia al Foglio – bisogna correre il rischio di camminare nelle periferie delle sue grandi città. Qui vivono migliaia e migliaia di rifugiati giunti dall’Afghanistan e dagli altri paesi della regione, tra loro sono tantissimi quelli infiltrati da al Qaida per destabilizzare il paese. A Musharraf non rimproverano di aver negato la democrazia, ma di non difendere l’islam come invece dovrebbe”. Al Qaida vuole l’atomica “Capisco bene il motivo per cui gli Stati Uniti abbiano sostenuto Musharraf e continuino a farlo – spiega Paniccia – In Pakistan la stabilità del paese è in mano all’esercito e ai servizi segreti. Il primo è decisamente più laico dei secondi. Musharraf ha dimostrato di saper controllare entrambi, cosa che pochissimi sarebbero in grado di fare. In più, ha mantenuto una posizione filo occidentale di fondamentale importanza nella regione, senza dimenticare che è riuscito a sedare il conflitto strisciante con l’India. Una guerra con Nuova Delhi avrebbe potuto avere conseguenze inimmaginabili, considerando il fatto che i due paesi possiedono armi atomiche”. La politica americana nella regione, spiega Paniccia, è stata guidata da due linee direttrici: contenimento e appoggio. “Washington ha cercato di dissuadere certi paesi, come l’Iran, dai propri intenti. Allo stesso tempo, ha sostenuto gli assetti di alcune nazioni, vedi Pakistan e Arabia Saudita. Possiamo dire che la fase di contenimento abbia avuto più successo rispetto a quella di appoggio, ma non possiamo parlare di fallimento in Pakistan. Il paese è da tempo nel mirino degli integralisti islamici, il cui obiettivo è quello di destabilizzare un paese che possiede armi di distruzione di massa per impadronirsene: è questa la loro strategia, si tratta di una scelta di cui dobbiamo prendere atto per agire di conseguenza. Ma quando il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, dice che il paese che ha il confine più lungo con gli Stati Uniti non è il Canada, bensì l’Iran, capisco che gli americani hanno fatto le scelte giuste per conservare il Pakistan. Se dalle urne di Islamabad uscirà un risultato costruttivo, il paese potrà guardare al futuro. E sarà anche grazie a Musharraf”.

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