Alla redazione de „Il Manifesto”
Alla cortese attenzione di Michele Giorgio
Gentile sig. Giorgio,
per principio mi rifiuto di leggere gli articoli pubblicati dal quotidiano per il quale lavora, tuttavia non ho potuto resistere alla tentazione di leggere quello che i fin troppo magnanimi ricercatori di Informazionecorretta definiscono “scenario da film western”, con ovvio riferimento all´ articolo in oggetto. Per completare il quadro da Lei cosí minuziosamente illustrato non ho potuto resistere alla tentazione di andare un attimino piú a fondo ed è cosí che ho pensato di inserire un paio di cosine, a mio avviso molto utili per chi la veritá ancora non l´ ha imparata a masticare. Allora, cerchiamo di capire dove si svolgono le riprese di questo “film” e chi sono i “protagonisti”.
Regista: Michele Giorgio. Non lo conosco, percui non posso dire nulla. Chissá, forse un giorno…
Produzione: Il Manifesto. Lo conosco ancora meno del regista.
Luogo: Nablus (Samaria). È qui che secondo un dettagliato ed attendibile rapporto stilato da varie agenzie, sono dislocate le infrastrutture di varie fazioni terroristiche palestinesi, dal FPLP al FDLP, da HAMAS a PIJ etc. etc. A Nablus esiste pure un piccolo ma sofisticato centro di progettazione di missili a corto raggio, tanto per non essere da meno a quelli di Gaza (i “cattivelli” delle IDF permettendo). Dopo essere stata per anni una roccaforte di Fatah (durante il cui dominio sono stati pianificati in loco abberranti attentati terroristici – strage di Haifa dicembre 2001, strage di Netanya 27.03.2002 tanto per citarne alcuni), a Nablus si insedia Hamas, la quale stravince alle elezioni municipali del 2005 ottenendo il 73,5% dei voti di coloro che si sono fidati di andare alle urne. Dopo la pubblicazione dell´ esito elettorale migliaia di sostenitori dell´ organizzazione terroristica Hamas scendono in piazza ed al grido di “Allah è grande”, portando in spalla colui che è destinato a diventare il nuovo sindaco della cittá, ossia il protagonista di codesto “Palestinian Western”: Adli Yaish.
Il protagonista: Adli Yaish. Ingegniere laureato e commerciante locale di ricambi per automobili, Adli Yaish viene definito dai piú (ignoranti) – o meglio si autodefinisce (astutamente) – “la parte umana di Hamas”. Il suo compito è quello di fornire una immagine di Hamas diversa da quella usuale (terrorismo+sangue+violenza+autobus e ristoranti fatti saltare in aria da sedicenti martiri suicidi), un´ immagine pulita, di quelle tipo “acqua e sapone con giacca e cravatta”. Memorabile l´ asserzione di Adli Yaish riportata dal csmonitor il 25.01.2006: “la gente pensa che Hamas sia solo composta da assassini. Questo è solo un lato della sua immagine. Noi ci dedichiamo pure ai problemi sociali…”. Un chiaro tentativo di irrufianarsi i Paesi sovvenzionatori di denaro, prospettando un inevitabile taglio all´ erogazione dei fondi. Israele comunque non la beve e dopo aver esaminato saggiamente i fatti (Hamas=terrorismo percui chi ne è membro=terrorista) arresta Adli Yaish in modo che possa andare a raccontare le sue stronzate peripatetiche ai suoi soci ospiti nelle odiate galere del “nemico osurpatore sionista”.
Il momento contingente: sindaci in gattabuia, cittá allo sbaraglio, brama di riassumere il controllo della regione partendo proprio da Nablus. L´ AP si ritrova con un´ ennesima gatta da pelare, ossia la smilitarizzazione delle fazioni estremiste/terroriste, prime fra tutte le AlAqsa Brigades (leggi Tanzim, Marwan Barghouti). Il problema principale sta peró nel fatto che questi gruppi terroristici da disarmare sono figli di Fatah, percui i dirigenti dei servizi segreti dell´ AP optano per l´inserimento di alcuni membri di essi (diverse decine di individui) nei propri ranghi, praticamente assicurando unilateralmente loro un´ amnistia . Inutile ripetere che ad un tale tentativo di prendere per il culo, Israele reagisce con l´ ennesima saggia decisione: un terrorista è e rimane un terrorista; uguale se appartenente ad Hamas, PIJ o a chi si voglia. Durante un´ efficace operazione condotta in profonditá e con l´ ausilio di sofisticate tecniche di penetrazione (una porta non si puó buttare giú a colpi di bazooka, e che siamo matti?), numerosi barbari assassini figli di Fatah e non, vengono invitati a raggiungere i compagni nelle carceri israeliane, dove potranno tranquillamente discutere sul livello di “umanitá da assumere come immagine in futuro”.
Nel frattempo Salam Fayyad riceve minacce di morte (fatwa laiche e non) ed invece di ringraziare le IDF per avergli sbrigato un compito alquanto intricato (la smilitarizzazione delle bande terroristiche che gli hanno assicurato quanto prima un posto nell´ aldilá) condanna il modus operandi di Israele, considerandolo una seria minaccia per le trattative “after Annapolis” in corso. Erekat appoggia la tesi del suo capo. Insomma, Israele proprio non ne imbrocca una giusta. Poco importa se ha contribuito a spidocchiare la cittá a loro evidente personale ed alquanto vitale vantaggio.
Passiamo ora alle comparse e cioè alla tenera Gabriella ed ai compagni volontari dell´ organizzazione “Zaatar”: chi siete, o meglio COSA SIETE? Come mai l´ operato della Vostra associazione viene costantemente rilevato da INFOPAL (che come è noto serve a diffondere la voce e l´ideologia della PIJ – jihad islamica palestinese)? Com´è che spesso, anzi spessissimo presenziate alle conferenze volte alla raccolta di denaro indette da ABSPP, organizzazione che guarda caso è considerata dal Ministero degli Interni in Israele “organizzazione strettamente collegata al Nablus Zakkat Committee-leggi supporto finanziario ad Hamas e cioè al terrorismo”? Perche´ il bravo regista Michele Giorgio non fa luce e menzione circa questa faccenda? Eppure è pagato per informare, che una volta tanto ci dimostri che lo stipendio se lo merita…
THE END
Paolo Scanferla – Jerusalem