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Il Foglio Rassegna Stampa
04.01.2008 Pakistan, le difficoltà dell'America
L'analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 04 gennaio 2008
Pagina: 4
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Perchè per Bush è difficile trovare un Piano B»

Sul FOGLIO di oggi, 04/01/2008, a pag.IV, Carlo Panella analizza i motivi per i quali l'America non ha ancora trovato la soluzione pr sconfiggere il terrorismo in Pkistan. Titolo: " Perchè per Bush è difficile trovare un Piano B ".

La posizione dell’Amministrazione americana a fronte della situazione pachistana non può non lasciare interdetti: George W. Bush infatti sostiene con forza un dittatore, Pervez Musharraf, che pure sul piano della realpolitik non gli offre in cambio nulla di quanto altri dittatori oggi garantiscono. Musharraf non conduce affatto un efficace contrasto al terrorismo in Afghanistan come dimostra la permanenza del vertice di al Qaida nel Waziristan e il rafforzamento dei talebani pachistani), come invece garantisce re Abdullah in Arabia Saudita. Tantomeno Musharraf garantisce agli Stati Uniti una stabilizzazione del Pakistan, come invece garantisce il regime di Hosni Mubarak in Egitto. Una scelta, dunque, apparentemente incomprensibile che però ha una semplice spiegazione, ben sintetizzata da un funzionario dell’Amministrazione americana al Washington Post: “Non abbiamo un piano B per il Pakistan”. La Casa Bianca in Pakistan non ha definito alcuna strategia di riserva: o Musharraf o Musharraf, qualsiasi cosa faccia, e ne fa di pessime. Il tutto avvolto in un equivoco: Bush è convinto che Musharraf sia un “nuovo Atatürk”, convinzione priva di fondamento e opposta alla realtà dei fatti. Invece di puntare a separare religione e stato, come fece Atatürk in Turchia, Musharraf – che ha trescato personalmente con Osama bin Laden – è convinto dell’opposto, e appartiene proprio a quel “partito” militare che nel 1979 ha impiccato Ali Bhutto, seguace di Atatürk, e ha islamizzato lo stato. Tantomeno Musharraf, durante nove anni di dittatura, ha mai compiuto un gesto, uno solo, per laicizzare lo stato. Ne ha difeso la struttura fondamentalista, compresa quella Blasphemy Law, introdotta dai militari nel 1984, che ha trasformato i tribunali pachistanipachistani in una Santa Inquisizione islamica. Bush si trova oggi nella scabrosa situazione di chi non ha una strategia ricambio ed è a capo di una Amministrazione in cui il suo fiduciario per Pakistan, John Bolton, lancia feroci critiche pubbliche contro la linea pachistana di Condoleezza Rice, segretario stato. Intervenendo infatti nel talk show Hannity & Colmes”, Bolton ha sostenuto “che accondiscendendo al desiderio di Benazir Bhutto di tornare in gioco Pakistan, guardando a lei come a una alternativa a Musharraf, noi abbiamo effetti accelerato le dinamiche che hanno portato al suo tragico assassinio”. poi concluso con una bocciatura netta della strategia sostenuta da Rice: “E’ difficile pensare che questa strada potesse avere successo”. Di più, Bolton è arrivato a dire che l’assassinio di Bhutto insegna a non cercare di influenzare dettagli di quello che avviene in paesi come questo. Quello che ci ritroviamo adesso è un percorso che porta diritto verso il caos. Il paese è su una lama rasoio”. Là dove i “dettagli” sono costituiti dal processo di democratizzazione tentato da Rice. La posizione che Bolton esprime crudezza lessicale è di straordinario interesse perché esprime una costante bipartisan della politica americana chegià dato esiti disastrosi nel passato, quando fu applicata dai democratici. Esattamente come fece l’Amministrazione Carter con Reza Pahlavi in Iran, Bolton sostiene che è indispensabile puntare su Musharraf, con disprezzo per le dinamiche politiche interne al paese, con l’attenzione rivolta soltanto allo scenario geopolitico militare: “Io credo che Musharraf sia la persona su cui scommettere. Altrimenti rischiamo di avere la fazione militare, e questo porterebbe alla possibilità che elementi radicali dell’esercito e di altri settori della società pachistana prendano il controllo. Io non sto sostenendo che Musharraf sia un democratico Jeffersoniano. Io sto sostenendo che al momento è colui che ha più possibilità di tenere insieme l’esercito e di conseguenza il paese”. Come nel caso dello scià, la “dottrina” americana bipartisan di cui Bolton si fa oggi continuatore,dittatore in grado di compiere operazioni riformiste e un satrapo orientale, capace soltanto di difendere il suo potere. Una cecità d’analisi prodotta anche dagli intimi legami tra l’apparato militare americano e questi satrapi. Il centro del ragionamento di Bolton riguarda la tenuta della casta militare pachistana e il controllo delle atomiche perché ritiene che il pericolo che esse cadano in mani non fidate possa essere evitato soltanto da un generale sinora interno alla “catena di comando” americana (come lo erano i generali iraniani negli anni Settanta). Sfugge a Bolton, come sfuggiva al democratico Carter con lo scià, che il pericolo della caduta delle armi atomiche in mano inaffidabile non cade dal cielo, ma è stato creato dalla dissennata politica “non riformista” di Musharraf dal 1999 a oggi (come quella dello scià dal 1963 in poi). strutture fondamentaliste immutate Vi sono nella storia del Novecento alcuni esempi di dittatori che hanno gestito regimi autoritari in maniera “riformista”, interagendo con l’evoluzione della società e del quadro internazionale, sia pure senza concessioni democratiche: Kemal Atatürk in Turchia, Francisco Franco in Spagna, Hassan II in Marocco e Sadat in Egitto. Musharraf, all’opposto, dopo avere interrotto nel 1999 con la forza un decennio di lento processo democratico, non ha sviluppato una riforma che sia una sul terreno politico, ha lasciato immutate le strutture fondamentaliste dello stato riformato regressivamente dal suo ispiratore, il dittatore Zia ul Haq, e si è occupato di manovre di palazzo. Uniche sue riforme come lo scià – sono state quelle economiche, che hanno favorito investimenti esteri e quindi una discreta ripresa (ma con enormi costi sociali), che abbagliano certi analisti americani. Musharraf, come lo scià, altri non è non un satrapo con una forte carica ferocia antidemocratica (ma non è questo il punto). Oggi proprio questa assoluta mancanza di processi riformatori e la fine da lui imposta al processo democratico impediscono alle tensioni interne alla grande società pachistana trovare mediazioni politiche, rafforzano il senso di appartenenza tribale ed etnica e costituiscono il brodo di cultura deBolton sbaglia non per astratte ragioni ideologiche, perché non difende tentativo di democratizzazione tardiva tentato da Rice, ma perché non si rende conto che proprio l’incapacità riformista di Musharraf lo condanna a una più che probabile, più o meno rapida, come accadde con lo scià nel 1979. Dopo nove anni di dittatura di Musharraf, in Pakistan il bilancio è indiscutibile: aumentata la presa del fondamentalismo (come dimostra la Moschea Rossa, prima protetta dai suoi servizi segreti, poi silenziata), non si è consolidata una leadership nazionale in grado unificare le spinte divergenti che dilaniano e addirittura il controllo delle bombe atomiche rischia di passare mano a causa di intrighi di palazzo caserma, come si trattasse di una repubblichetta caraibica. “piano B” non esiste, infatti, soltanto perché Musharraf ha fatto il deserto attorno a sé, eliminando dalla scena interlocutori, democratici o autoritari che fossero (né gli eredi di Bhutto hanno la caratura necessaria). I 10 miliardi di dollari versati dagli Stati Uniti 2001 sono stati bruciati in spese militari e in corruzione, consolidando clientele di Musharraf. Non servono divinatorie per prevedere un peggioramento della crisi pachistana, incluso attentato riuscito contro Musharraf ennesimo golpe. Ancora una volta 1959 un presidente americano deve prendere atto del fatto che generosi aiuti economici in un paese islamico non innescano affatto un “nation building” non è questione di democrazia, ma gruppi dirigenti nazionali solidi, anche autoritari – ma corruzione e dispotismi inefficaci, come nel caso di Nasser, dello scià, di Van Thieu, e dello stesso Saddam Hussein. Se soltanto l’Amministrazione Bush nel 2001 avesse preso dell’essenza fondamentalista dei generali pachistani – Musharraf incluso imposto un accordo con la parte laica paese che Bhutto rappresentava, senza staccare assegni in bianco, oggi piano B” sarebbe praticabile. Sarebbe errato attribuire a Bush l’intera responsabilità del disastro imminente e anche le sue false illusioni che portano a scambiare un Musharraf fondamentalista per un novello Atatürk. I democratici Carter e Clinton hanno fatto di peggio. L’origine degli odierni è infatti in una “dottrina” americana di rapporto con i regimi islamici che non si è adeguata al dopo Guerra fredda. Nel 1977, Carter appoggiò il golpe di Zia ul Haq (che impiccò Bhutto, col plauso di Musharraf) senza dare peso al fatto che trasformava Pakistan, alleato col fondamentalista Abu Ala al Mawdudi, il “Khomeini sunnita”, in uno stato basato sulla sharia e sul jihad. Clinton poi non accorse che le motivazioni realpolitiker Carter (il contrasto all’invasione sovietica dell’Afghanistan) erano decadute col 1989. Da qui la sua tolleranza nei confronti della creazione dei talebani parte dell’Isi diretta dai generali di Zia ul Haq (e di Musharraf). L’errore di Bush e dei suoi predecessori aver compreso che il fondamentalismo in Pakistan non riguarda settori marginali, ma è ideologia di stato, condivisa soprattutto dai generali (caso unico nel mondo musulmano), Musharraf incluso. La probabile implosione del Pakistan dopo l’assassinio di Benazir segnala così il fallimento di un’intera dottrina americana di relazioni con i musulmani. Soltanto dalla elaborazione di questo fallimento dipenderà definizione di un “piano B”.

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