Un nuovo miracolo economico Come Israele combatte la siccità
Testata: Libero Data: 02 gennaio 2008 Pagina: 31 Autore: Gaspare Di Sclafani Titolo: «Israele, Silicon Valley dell'acqua da bere»
Da LIBERO di oggi, 02/01/2008, a pag.31, l'articolo di Gaspare Di Sclafani, dal titolo " Israele,Silicon Valley dell'acqua da bere".
GERUSALEMME Il mondo ha sete: l'acqua scarseggia sempre di più tanto che, secondo un allarmante rapporto delle Nazioni Unite, la prossima guerra mondiale potrebbe avere come casus belli proprio le risorse idriche. La carenza d'acqua ha molte cause. Prima fra tutte, il fattore uomo. Si pensi solo a quanto è accaduto al Mare di Aral, ex Urss nell'Asia centrale: con una superficie di 70 mila chilometri quadrati, era un tempo il quarto bacino d'acqua dolce del mondo, che assicurava alle flotte di pescherecci un pescato di 45 mila tonnellate all'anno. Negli anni Sessanta il governo sovietico deviò il corso dei due fiumi che lo alimentavano, l'Amu Darya e il Syr Darya, per irrigare delle lontane lande desolate, dove avviare una produzione intensiva di cotone. Risultato: il lago d'Aral non esiste quasi più, la sua superficie si è ridotta del 60% e il volume dell'80, mentre il livello è sceso di 16 metri e la salinità dell'acqua è quadruplicata. Se è vero che ci sono Paesi, come il Mali e l'Etiopia ma anche vaste zone del Medio Oriente e dell'America Latina, dove la carenza d'acqua è sempre stata un problema drammatico, è altrettanto vero che in altri Paesi più fortunati l'"oro blu" ha incominciato a scarseggiare per motivi quasi sempre legati alle attività dell'uomo. Le dighe, che hanno un enorme impatto sull'ecosiste ma idrico, l'urbanizzazione, le attività industriali, la stessa agricoltura: tutto contribuisce a trasformare l'acqua in un bene sempre più raro e prezioso. Ma come rimediare, tenendo anche conto dell'aumento della popolazione che renderà il problema sempre più drammatico? Un passo avanti si può fare incominciando, ad esempio, a limitare gli sprechi. Ma ridurre i consumi non basta. Bisogna fare in modo di aumentare la disponibilità di acqua potabile. Come? Prendendo a esempio gli israeliani. Come scrive il mensile "Le Scienze", con una media di 1000 millimetri all'anno di precipitazioni nel nord e appena 100 nelle regioni centro-meridionali, privo di corsi d'acqua e con il 60% del territorio arido, questo piccolo Paese ha come unico bacino d'ac qua dolce il Mare di Galilea, all'estremo nord, da cui ogni anno l'azienda idrica nazionale pompa 400 milioni di metri cubi d'acqua. Il fabbisogno nazionale è però di circa 2 miliardi di metri cubi. Così, Israele ha affrontato il problema ricorrendo alla tecnologia che, nel giro di qualche decennio, ha trasformato il suo territorio nella "Si licon Valley dell'acqua". Israele, il primo Paese negli anni Cinquanta a introdurre l'irriga zione a goccia che consente di ridurre al minimo gli sprechi, oggi alimenta il 90% delle coltivazioni nazionali e la sua tecnologia è conosciuta e usata in tutto il mondo. È stato il primo per la quota di acqua potabile ottenuta dalla dissalazione di acqua marina, con 29 impianti in attività, fra i quali un megacomplesso - il più grande del mondo - inaugurato nell'agosto del 2005 a Ashkelon. Questo enorme impianto, che ha una capacità di 100 milioni di metri cubi all'an no, è basato su una tecnologia rivoluzionaria - l'osmosi inversa che richiede una bassa spesa energetica e ha permesso di ridurre i costi di produzione da 2 a 0,6 dollari per metro cubo. In pratica, la spesa per produrre acqua potabile è ormai inferiore alla cifra che Israele pagava fino a qualche tempo fa solo per il trasporto dell'ac qua che importava dalla Turchia. Non basta, Israele è oggi il primo Stato al mondo per capacità di riciclo, depurando e utilizzando il 72% delle acque reflue. Uno degli ultimissimi sistemi per la disinfezione dell'acqua ha dell'avveniri stico: prevede il passaggio del liquido da depurare in una camera in quarzo dove la luce ultravioletta interagisce con i microrganismi danneggiandone il Dna e impedendo che si possano riprodurre. Si ottiene così una disinfezione totale dai contaminanti organici. Ma non è tutto. Gli israeliani non si sono fermati ai soli tentativi di incrementare sempre di più la disponibilità di acqua potabile per gli usi abitativi o per l'agricol tura. Sono andati più in là. Una equipe di scienziati dell'Universi tà di Haifa ha infatti isolato un gene capace di rendere le piante resistenti al sale. Il gene è stato prelevato dal Dna di un fungo, l'" Eu rotium herbarium", che vegeta in uno dei luoghi più inospitali della Terra: il Mar Morto, le cui acque hanno un grado di salinità record, attorno al 34%, vale a dire dieci volte maggiore di quelli degli oceani. È proprio questo gene che dà all'"Eurotium" la capacità di vivere in un ambiente tanto ostile. Gli scienziati israeliani lo hanno clonato e, attraverso un microbo portatore, lo hanno trasferito in una pianta, l'"Arabidopsis thaliana", che è poi riuscita a sopravvivere in un terreno salino. La scoperta è di enorme importanza: se tutto va bene, infatti, sarà possibile, un domani non troppo lontano, ridare vita a immense distese che oggi sono sterili a causa dell'eccessiva concentrazione di sale nel terreno. .COSÌ IL DESERTO DIVENTA UN GIARDINO A sinistra, un impianto di dissalazione basato sulla tecnologia dell'osmosi inversa. Sopra, il Mare di Galilea, l'unico bacino di acqua dolce di Israele da cui ogni anno l'azienda idrica nazionale pompa 400 milioni di metri cubi d'acqua. Ma il fabbisogno è di 2 miliardi. Per questo Israele ha sviluppato un sistema onde ricavare acqua potabile da quella marina