Un difetto impercettibile Nancy Huston
Traduzione di Federica Aceto
Rizzoli Euro 18,50
Quattro generazioni: da Salomon che ha sei anni nel 2004 a Kristina che ebbe la stessa età nel 1945. L’ultimo romanzo di Nancy Huston, Un difetto impercettibile, nell’ottima traduzione di Federica Aceto, percorre a ritroso le vicende di una famiglia ebrea di origine ucraina trapiantata in America, facendo suo il punto di vista dell’infanzia. Di quattro infanzie, quelle dei protagonisti delle quattro parti in cui è scandito il libro: Solomon detto Sol, suo padre Randall, Sadie sua nonna e madre di Randall, e la bisnonna Kristina detta Erra, che è nonna di Randall e madre di Sadie. Ognuna delle quattro parti è scritta in prima persona, voci narranti sono volta a volta i quattro protagonisti al loro sesto anno di età.
Una premessa è necessaria per parlare di questo importante romanzo, insignito in Francia del Prix Femina 2006 e considerato a oggi la migliore riuscita di una scrittrice già nota e stimata, canadese di nascita, newyorchese d’adozione, poi francese per scelta. Uso le sue parole: “Tra il 1940 e il 1945, per compensare le perdite tedesche causate dalla guerra, fu intrapreso un ampio programma di germanizzazione di bambini stranieri nati nei territori occupati dalla Wehrmacht. Per ordine di Heinrich Himmler, più di duecentomila bambini furono rapiti in Polonia, Ucraina e nei paesi baltici. Quelli che erano in età scolare furono mandati in centri speciali dove sarebbe stata impartita loro un’istruzione ariana; i più piccoli, tra cui molti neonati, transitarono per i centri Lebesborn (letteralmente fonte di vita), prima di essere assegnati a famiglie tedesche”.
Un libro sulla transizione, lo definisce Nancy Huston. Come dire: su cosa diventiamo, a partire da ciò che le generazioni precedenti ci hanno trasmesso. Quando in partenza c’è una faille, una ferita, una frattura, che cosa succede nella storia di una famiglia? Come negli altri suoi libri,
la Huston riflette sulla nozione di identità. In questo caso, segue o meglio risale lungo una linea di frattura che, apertasi in quella famiglia a causa del programma nazista di germanizzazione dell’infanzia rapita, ha continuato ad attraversarne i destini di generazione in generazione. La bisnonna Erra, vittima di quel programma, ha trasmesso la sua ferita alla propria figlia Sadie e, attraverso di lei, al nipote Randall e al pronipote Solomon. Quest’ultimo, bambino americano e totalmente americanizzato, è alla fine più vittima di tutti, ignaro della ferita ma, rispetto al padre, alla nonna e alla bisnonna, molto meno armato per difendersi.
Lui cresce in ambiente superprotetto, nell’America di oggi. Sua madre, moglie di Randall, donna nevrotica che incanala le sue ansie in un’ossessiva ricerca della preservazione globale per il povero bambino, lo tratta come un reuccio e ogni sua azione, come ogni sua parola, sono mirate a garantirlo da qualunque rischio di turbamento psicologico. Sol si è così convinto di essere il centro del mondo, e che nessun male potrà mai accadergli. Massimo godimento per lui è toccarsi mentre, a insaputa della madre, guarda scaricandoli dal web video in cui i prigionieri di guerra vengono sgozzati o decapitati. Traccia fisica della sua appartenenza alla famiglia di Erra è un grosso neo che ha sulla tempia. Tutti e quattro i protagonisti del libro ce l’hanno, in punti diversi del corpo. E’ grazie al neo che nonna Sadie, storica di professione, è riuscita a ricostruire la vicenda familiare, il trauma originario che ha segnato la vita di sua madre, rapita neonata, affidata a una famiglia tedesca e poi, a sei anni, adottata da una coppia canadese di origine ucraina. A Solomon quel neo, quando ha sei anni, viene fatto estirpare: la madre vuole scongiurare l’eventualità che possa evolvere un giorno in melanoma. Vuole in realtà cancellare il segno visibile della sua discendenza da Erra.
Nel romanzo, ognuno dei quattro bambini arriva sulla linea di frattura (peccato che non sia stato conservato nell’edizione italiana il senso del titolo originale, Lignes de Faille) al compimento del sesto anno, chi in un modo chi in un altro. Non è un caso: quando Nancy Huston aveva sei anni, sua madre decise di andare via di casa.
Gabriella Bosco- Tuttolibri –
La Stampa