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Il Foglio Rassegna Stampa
29.12.2007 Le torture di Al Qaida non arrivano sul desk dei nostri giornali
Il silenzio colpevole dei nostri media

Testata: Il Foglio
Data: 29 dicembre 2007
Pagina: 3
Autore: La redazione
Titolo: «Le torture di Al Qaida non arrivano sul desk dei nostri giornali»

Come l'occidente usa due pesi e due misure nel giudicare il terrorismo. L'analisi del FOGLIO di oggi, 29/12/2007, a pag.3.

Roma. I soldati americani hanno trovato una fossa comune a nord di Baghdad. A pochi metri hanno scoperto un vero e proprio centro di torture dove c’erano catene fissate alle pareti cosparse di sangue e un letto di metallo ancora collegato a un sistema per infliggere scariche elettriche. Il centro, utilizzato da al Qaida per un intero anno, è stato rinvenuto grazie alle segnalazioni degli iracheni che senza la protezione degli americani avevano paura a rivelarne l’ubicazione. Sull’ingresso principale una scritta in arabo, “Lunga vita allo stato islamico”. Fosse comuni, con ventisei cadaveri, sono state rinvenute nelle vicinanze. Al Qaida ingannava gli iracheni con un manifesto affisso sulla porta: “Entrate, sarete al sicuro”. A una settimana dalla scoperta, nessun giornale italiano ha ancora dato la notizia. Perché se non c’è la firma americana, la tortura non vale la pubblicazione. Lo scorso giugno i marine liberarono 41 prigionieri iracheni da un carcere di al Qaida nei pressi di Baquba. Il Pentagono diffuse il manuale usato dai terroristi: mani trapanate, avambraccia tranciate, corpi trascinati con le auto, bulbi oculari estratti, gente appesa per i piedi, frustate, scosse elettriche sul torace, crani schiacciati, bruciature di sigarette e così via. Nella città di Miqdadiya è stata rinvenuta una fossa comune in cui si trovavano cadaveri ai quali erano stati estratti gli occhi. Nessun giornale o emittente televisiva, tranne la solita sparuta truppa neoconservatrice guidata dal Wall Street Journal, ha trasmesso le immagini, dopo che ci avevano nauseato di fotogrammi sulla bestialità iconografica di Abu Ghraib. L’unico grande intellettuale europeo ad aver denunciato segni lasciati da al Qaida sul popolo iracheno è stato Andrè Glucksmann, che sull’americano City Journal ha pianto i martiri della comunità yazida dilaniata da al Qaida lo scorso agosto (oltre 500 morti). Amnesty International, nel 2004 lauta di paragoni fra Guantanamo e il Gulag, è rimasta silenzio-sa sulle torture che gli islamisti in armi ingliggono sui loro fratelli musulmani. Dal mondo islamico ci arrivano richieste di aiuto che cadono nel vuoto. L’agenzia irachenaAswat AlIraq racconta di come al Qaida abbia deciso di utilizzare donne e bambini come kamikaze. Solo due mesi fa i terroristi avevano usato un bambino di dieci anniper colpire le milizie tribali. Al Qaida ha lanciato una vasta campagna di reclutamento di ragazzi nati negli anni 1991, 1992 1993, a ognuno dei quali sono state date armi, una bicicletta, un telefono prepagato uno stipendio di 100 dollari al mese. Hanno ucciso un bambino e minato il corpo in modoche esplodesse quando la famiglia fosse andata a recuperarlo. Hanno usato bambini per passare ai checkpoint e si sono fatti saltare in aria insieme a loro. Gli americanihanno trovato adolescenti decapitati alle porte di Baquba. “Sebbene pochissimi prigionieri nel carcere di Abu Ghraib furono umiliati, nessuno fu fisicamente percosso o tantomeno ucciso” ci dice Norman Podhoretz, saggista e decano del movimento neoconservatore. “ prigionieri di Guantanamo sono cresciuti di peso e ricevono trattamenti medici. Eppure media occidentali hanno accusato gli Stati Uniti di tortura. Ora comparate questa campagna con il silenzio con il quale hanno accolto il ritrovamento della stanza di al Qaida in cui un letto era legato al generatore elettrico. Quel silenzio ci ha ricordato cosa significa ‘tortura’, non quella che vorrebbero venderci i nostri media”. Secondo Raymond Ibrahim, che insieme allo storico militare Victor Davis Hanson ha tradotto in inglese i testi di al Qaida, “c’è una regola non scritta secondo la quale i media sono più interessati al ‘sensazionale’, a storie come Abu Ghraib, anziché alle mutilazioni e alle torture di al Qaida. Non fa notizia la crudeltà dell’islamismo, ‘sono disperati ecc.’. Ci diciamo umanitari, i media adorano parlare della nostra ipocrisia sulle tecniche di interrogatorio che chiamano tortura. Quando sono i terroristi a torturare davvero, non sono interessanti perché mancano di questa ipocrisia’”. L’islamologo Daniel Pipes, consigliere di Rudolph Giuliani, ci spiega che media hanno imposto una sola narrativain questo quadro”. Si è parlato della rivolta sunnita come della prima resistenza musulmana contro al Qaida. Pipes non è d’accordo. “Il rifiuto dell’oppressione islamista in Algeria aveva le stesse caratteristiche”. Dalla città-simbolo della violenza settaria irachena, Samarra, proviene l’ulema sunnita Ahmed Abdul Ghafur al Samarrai, ne porta il nome come da tradizione araba. Lo chiamano “il Sistani sunnita”, dal nome del pacificatore sciita che ha forgiato con le sue fatwe la democrazia costituzionale. Nella scorsa primavera il Consiglio sunnita per gli Affari religiosi ha lanciato un appello perché si ponesse fine alle violenze di matrice confessionale. “Invito i nostri fratelli, i religiosi e i politici sciiti, a intervenire con le squadre della morte che uccidono i sunniti”, ha detto lo sceicco Abdul Malik al Saadi. “Allo stesso tempo, invito anche l’altra parte a far cessare l’uccisione degli sciiti”. Due anni fa Samarrai aveva invitato i sunniti ad entrare nella polizia nell’esercito iracheno, mentre al Qaida bombardava le file di volontari delle forze di sicurezza, bollandoli come “apostati” “collaborazionisti”. Samarrai ha diviso gli ulema islamici per combattere il terrorismo. Si chiama “Consiglio degli ulema dell’Iraq” la nuova formazione che emetterà fatwe contro al Qaida. “Chi uccide musulmani deve andare all’inferno. E’ tempo che gli studiosi insegnino ai musulmani a rispettare gli altri. La vera resistenza considera sacro il sangue iracheno”. Per sostenere l’iniziativa di Samarrai, il governo centrale di Baghdad ha iniziato a trasmettere dalla tv di stato i sermoni sunniti contro al Qaeda. “E’ tempo del perdono” dice l’insigne ulema della rivolta. “Chiedo ogni iracheno di essere dottore e curare le ferite degli altri perché sono profonde e il dolore è grande. Non dobbiamo avere paura di nessuno se non di Allah. Ci batteremo contro chi non dà valore alla vita umana”.

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