Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Murales anti Israele cancellati dagli stessi palestinesi la cronaca di Davide Frattini
Testata: Corriere della Sera Data: 29 dicembre 2007 Pagina: 16 Autore: Davide Frattini Titolo: ««Non siamo asini. Via dal muro» I palestinesi cancellano Banksy»
La propaganda antisraeliana si rivolta contro chi la produce. Anche grazie alla mancanza di senso dell'ironia da parte palestinese, sono stati loro stessi a cancellare i disegni murali di un artista inglese. Ecco la cronaca di Davide Frattini sul CORRIEREdella SERA di oggi, 29/12/2007, a pag.16. Dopo l'articolo alcuni murales oggetto della protesta.
«Non siamo asini. Via dal muro» I palestinesi cancellano Banksy
Ma qualcuno offre 250 mila dollari per i suoi murales
Palestinesi infuriati per i graffiti sul muro tra Israele e Cisgiordania: «Non giochi con il nostro sacrificio» DAL NOSTRO INVIATO BETLEMME — I pellegrini dell'arte guerrigliera storcono la testa per intuire le figure sotto la vernice bianca. I taxisti continuano a fermarsi vicino al muro, anche se il dipinto è stato cancellato. Fa parte del graffiti tour e per cento dollari le tappe non sarebbero abbastanza. «Qui si vedeva un soldato israeliano che controlla i documenti a un asino», commenta la guida improvvisata. Affrescato durante un'incursione notturna dal britannico Banksy, è stato cancellato da una controincursione di palestinesi infuriati per il paragone. A Mike Kanawati, proprietario del negozio di fronte, non è piaciuto fin dall'inizio. «Era un insulto. Siamo esseri umani non animali. E certo non stupidi come gli asini. Dicono fosse contro gli israeliani, ma sono contento che l'abbiano coperto». Anche lui aveva pensato di mandare i suoi commessi a rovesciarci sopra un vaso di vernice. «Eppure un americano era venuto a offrirmi 250 mila dollari (attorno ai 170 mila euro, ndr) e stavo progettando di staccare il muro per venderlo a chiunque fosse pronto a pagare». Per i soldi persi non gli dispiace, per Banksy sì. «Questo signore è venuto a dipingere sulle case, senza chiedersi che cosa avrebbe pensato la gente di Betlemme. Tutti mi ripetono che lo ha fatto per noi, che vuole attirare l'attenzione sulla situazione della città. Provi a ritrarre Tony Blair come un asino e vediamo che succede ». Kanawati resta convinto che «i turisti arrivino per la basilica della Natività e non per ammirare la nuova impresa di Banksy». Anche Victor Batarseh, il sindaco cristiano eletto come indipendente nella lista di Hamas, crede più nell'attrazione della fede che in quella dell'arte sovversiva. «I pellegrini sono venuti per il Natale, difficile capire quanto i murales abbiano influito». Critica chi ha cancellato i dipinti, ma ammette che «forse Banksy avrebbe dovuto documentarsi meglio sulla cultura del posto ». Ai palestinesi non è piaciuto neppure il piccolo topo che da un blocco di cemento punta la fionda verso una torretta di guardia (vera) dell'esercito israeliano. I ratti anarchici, ribelli, sono una delle firme del graffitaro di Bristol. I palestinesi immaginano altri simboli per la loro causa e il topo è stato fatto sparire da una spruzzata di vernice nera. «Qui non si scherza sui ragazzini che sacrificano la vita per questa terra — continua Kanawati —. Non sono sorci, sono leoni». Non è la prima volta che l'artista britannico — dovrebbe avere 33 anni, nessuno conosce la sua identità, qualche settimana fa un suo quadro è andato all'asta per 437 mila euro — organizza a Betlemme un raid alla Zorro con spray e pennelli. Nel 2005, aveva «aperto» delle finestre sul muro di sicurezza costruito dagli israeliani per mostrare la vita in luoghi lontani dal conflitto. Quest'anno si è presentato all'inizio di dicembre e in tre-quattro sessioni notturne ha disegnato sei murales. In piazza della Mangiatoia, gli operai stanno smontando la mostra alla galleria il Ghetto di Babbo Natale, voluta da Banksy per offrire il ricavato alla città. All'esposizione ha partecipato anche Suleiman Mansour, uno dei più celebri pittori palestinesi. Ammira Banksy («le sue opere vengono dal cuore»), ammette che l'artista avrebbe dovuto preoccuparsi di più della cultura locale. «I dipinti non sono stati capiti. L'asino è un simbolo usato dagli intellettuali e scrittori arabi. È chiamato Abu Saber, il padre della pazienza. Non è una figura negativa, questo lo sa solo chi ha potuto studiare». Maha Saca è entusiasta del suo affresco personale, una colomba della pace costretta a indossare il giubbotto antiproiettile. «Banksy mi ha chiesto di scegliere tra cinque immagini. Ho scartato quella dell'asino, è offensiva». I vicini sono meno contenti. «La colomba è brutta da vedere. Non ha senso, senza pace non ci può essere bellezza». Davide Frattini La difesa Il pittore Suleiman Mansour: «Le opere non sono state capite. Ma non tutti qui hanno studiato» Pericolo di pace La colomba di Banksy in giubbotto antiproiettile (Ap) L'asino e il soldato L'opera contestata L'oltraggio L'asino cancellato Giù le armi La bambina del murale perquisisce un militare israeliano (Ap)
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