Che in Italia, e fra i lettori in ogni parte del mondo, ci sia un interesse molto alto verso l’editoria ebraica, e israeliana in particolare, è un fatto. Come è vero che i lettori non sono solo ebrei, anzi, considerate le vendite, si può tranquillamente affermare che è soprattutto fra i lettori non ebrei che è esploso il boom. E’ interessante capirne le ragioni, in particolare quelle che spingono in testa alle classifiche di vendita, autori come Oz, Yehoshua, Grossman, appartenenti a un paese che nel mondo della cosiddetta intellighentzia raccoglie più critiche che consensi. Ma se qualcuno arriccia il naso, altri, i più, comprano e leggono con entusiasmo autori che non possono essere certo classificati come facili, un genere d’evasione. “ La letteratura israeliana è l’erede di una grande letteratura ebraica, a cui il lettore italiano è arrivato tardi “, ci spiega Elena Loewenthal, scrittrice e massima traduttrice di autori israeliani, “ ma alla fine ci è arrivato, grazie anche al fatto che gli editori di casa nostra hanno scoperto che interesse e vendite potevano coincidere”. E’ un fatto che i cataloghi dei nostri editori, da quelli piccoli, dediti alla ricerca e alla sperimentazione, fino ai grandi gruppi editoriali, pubblicano a getto continuo romanzi, storia, saggistica varia, nei quali tradizione , storia , narrativa, di solido impianto ebraico o a tema Israele, sono ormai presenti come un tempo succedeva solo in quei paesi occidentali con una comunità ebraica in numero sufficientemente consistente da garantirne la vendita. Oggi non più, c’è voglia di conoscere il mondo ebraico- e di conseguenza quello israeliano – che vale la pena indagare. “ Questa letteratura “, spiega Elena Loewenthal, “ è tutto sommato una letteratura “esotica” per la tradizione italiana, è profondamente altra, e desta la curiosità che si prova verso l’ignoto. Certo, alla base, è una grande letteratura, capace come poche altre di sorprendere il lettore, ma anche di immedesimarlo nelle proprie storie, non ce ne sono mica tante di letterature così “. Una volta, i pochissimi autori israeliani venivano tradotti dalle versioni francesi o inglesi ( era successo, per esempio a Aharon Appelfeld, il cui Badenheim 39 è stato recentemente ripubblicato da Guanda ritradotto dall’ebraico proprio dalla Loewenthal dopo che Mondadori alla fine degli anni ’70 l’aveva fatto tradurre dall’inglese). Oggi le traduzioni avvengono sui testi originali. Le chiediamo che effetto fa tradurre dall’ebraico , “ Ogni esperienza di traduzione è diversa dall’altra, non solo fra un autore e l’altro, ma anche con lo stesso, è anche questo il bello del mestiere”, ci confida “ ho tradotto sia l’ebraico più slang (Alona Kimchi) sia quello più classico e complesso ( Oz, Shalev, Shabtai). L’ebraico, per sua natura, ti riporta sempre alla sua identità ancestrale, quella biblica. La lingua è la stessa, ma i rimandi sono più di quanto gli autori stessi immaginano della propria scrittura, è questo che mi affascina, la grande continuità di questa lingua. Gli autori tradotti sono ormai tantissimi, ma qualcuno meriterebbe più attenzione, Yoram Kaniuk, per esempio”. C’è una domanda che non appartiene solo a noi, ma che si sente fare sovente, e cioè quanto pesa sulla fama di certi autori che pubblicano regolarmente le loro analisi politiche su alcuni quotidiani italiani, sempre presentate come molto critiche verso la politica israeliana, e il successo che ottengono. E’ una conseguenza ? “ Onestamente non direi”, ci dice Elena Loewenthal, “ in Italia c’è piuttosto la tendenza a non ascoltare bene questi scrittori, o ad ascoltare solo quello che si vuole sentire. Di Amos Oz, per esempio, si fa in fretta a catalogarlo come un pacifista, trascurando invece la sua interessante disamina, e relative smontature, del concetto di pacifista. E’ comodo applaudirli quando pare di sentirli parlar male del governo, ma si applaudono prima che finiscano di parlare e spieghino come stanno le cose fino in fondo. Se si aspettasse di applaudirli una volta che hanno finito il discorso, magari si scoprirebbe che non hanno detto poi così male del governo, o che in fatto di pace e compromesso e questione palestinese non la pensano esattamente come vorrebbero chi li ascolta”. Dal ’95 ad oggi, le traduzioni dall’ebraico, le hanno portato premi e onori, per cui si può ben affermare quanto la diffusione della letteratura israeliana in Italia debba il suo prestigio anche alla grande qualità della traduzione. E il prossimo anno, durante la Fiera del Libro che si terrà a maggio a Torino, Israele sarà il paese ospite per festeggiare, anche sul piano culturale, i 60 anni dello Stato
Nota: In una precedente versione, il nome di Alona Kimchi, era erroneamente stato sostituito con quello di Maya Kimchi, autrice e traduttrice di testi giuridici e scientifici, che ovviamente non utilizza lo slang redazione Informazione Corretta
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