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Avvenire Rassegna Stampa
19.12.2007 Apologia del cardinal Martini
di Giorgio Bernardelli

Testata: Avvenire
Data: 19 dicembre 2007
Pagina: 19
Autore: Giorgio Bernardelli
Titolo: «Martini e gli ebrei, nessuna chiusura al diaologo»

Informazione Corretta ha ripreso a suo tempo da SHALOM  l'articolo di Giorgio Israel sui passi dedicati all'ebraismo del nuovo libro del cardinal Martini
Ecco il link:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=157&sez=120&id=22800

Pubblichiamo di seguito un articolo di Giorgio Bernardelli, ripreso da AVVENIRE del  19 dicembre 2007.
Articolo che contesta la lettura data da Israel delle dichiarazioni di Martini.
Ma lo fa senza apportare argomenti e nuovi elementi di giudizio, limitandosi ad affermazioni apodittiche.
Tanto che l'articolo di Israel, che spiega in modo puntuale la gravità delle parole di Martini, resta la migliore replica alla critica che Bernardelli ha voluto muovergli.

Ecco il testo completo.



U n percorso di riconci­liazione tra i più si­gnificativi tra quelli la­sciatici in eredità dal Nove­cento. Ma anche una strada in cui non si può mai dare per scontato che ferite antiche sia­no davvero rimarginate. Sono i due volti che – fin dalla di­chiarazione
 Nostra Aetate
hanno scandito le diverse fasi del dialogo tra cristiani ed e­brei. Cammino non senza fa­tiche e incomprensioni. Ma proprio queste difficoltà ci hanno insegnato l’importan­za di capire il pensiero dell’al­tro, senza fermarsi alle sue ca­ricature.
 
Per questi motivi mi ha mol­to sorpreso un articolo appar­so sull’ultimo numero di Sha­lom, la rivista della Comunità ebraica di Roma. Titolo e sot­totitolo in questo caso sono molto efficaci: Il passo indie­tro del cardinale Martini. Nel suo ultimo libro ripropone la 'teoria della sostituzione', af­fermando la fine storica dell’e­braismo.
  Non nascondo di es­sere sobbalzato sulla sedia: il cardinale Martini che – a Mi­lano come a Gerusalemme –
conosciamo noi è quello dei dialoghi con l’allora rabbino capo Giuseppe Laras o quello della laurea honoris causa da poco conferitagli dalla He­brew University (il più presti­gioso ateneo israeliano) pro­prio per l’amicizia nei con­fronti del popolo ebraico. Pos­sibile una svolta così improv­visa? Lo stupore è ulterior­mente cresciuto guardando il nome dell’autore dell’articolo: il professor Giogio Israel, voce importante dell’ebraismo ita­liano di oggi. Un uomo la cui lucidità di pensiero su que­stioni culturali decisive come il rapporto tra scienza e an­tropologia si è avuto più volte il piacere di presentare ai let­tori su queste pagine.
 
L’articolo prende spunto da un brano del recente libro del car­dinale Martini Le tenebre e la luce (Piemme), anticipato da un quotidiano. Nel brano in questione Martini analizza il racconto che il quarto evange­lista offre del processo di Gesù davanti al sommo sacerdote. Il cardinale-biblista sottolinea in particolare un punto: il fat­to che Giovanni lo presenti co­me un «processo farsa», con l’intenzione «probabilmente di sottolineare un indice di de­cadenza religiosa e giuridica». Agli occhi dell’evangelista – so­stiene Martini – «ci troviamo di fronte al crollo di una istitu­zione che avrebbe avuto il compito primario di ricono­scere il Messia». Questo – con­tinua il porporato – pone «il problema gravissimo della possibilità che anche un’isti­tuzione religiosa decada: si leg­gono ancora i testi sacri, però non sono più compresi, acce­cano invece di illuminare». Un pericolo che vale per tutte le religioni. E infatti – poco più a­vanti e al contesto cristiano cui sta parlando – l’arcivescovo e­merito di Milano indica come antidoto «la conversione radi­cale » alle parole pronunciate da Gesù nel Discorso della montagna, da intendere come bussola anche nel modo (cri­stiano) di porsi di fronte al dia­logo interreligioso.
  È una lettura su cui si può ov­viamente essere d’accordo oppure no. Quello che però è
molto pericoloso è forzare le cose facendo dire ad altri quello che non dicono. Per­ché la conclusione di Israel è che con questa tesi Martini «afferma né più né meno che il dono di Dio [al popolo e­braico,
  ndr]
è stato revocato. Chi voglia dialogare con lui sa quale sia l’intenzione e l’u­nico possibile esito di tale dia­logo: la conversione 'radica­le' alle parole di Gesù e il ri­conoscimento del carattere ormai 'degradato', 'deca­duto' e 'non autentico' del­l’ebraismo ». Nella foga arri­va a dire anche che con que­sto suo libro Martini vuole contrapporsi al Gesù di Na­zareth
  di Benedetto XVI, che invece (e questo è vero) con­tiene
spunti molto interes­santi per il rapporto tra ebrei e cristiani. Ma qui – ormai – siamo nel dominio della fan­tapolitica ecclesiastica.
  Forse sarebbe meglio legge­re quel libro nel suo insieme, senza fermarsi all’anticipa­zione fornita da un quoti­diano. Magari accanto a qualcuno degli innumerevoli interventi del cardinale Mar­tini sul dialogo ebraico-cri­stiano. Così ci si accorgerà che si può leggere i racconti della Passione di Gesù con occhi diversi. Ma senza per questo amare di meno quel popolo che noi cristiani fi­nalmente stiamo imparan­do a riscoprire come nostra
radice.

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