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Agenzia Radicale Rassegna Stampa
18.12.2007 Musulmani indonesiani in Israele
per "conoscere il popolo ebraico"

Testata: Agenzia Radicale
Data: 18 dicembre 2007
Pagina: 1
Autore: Elena Lattes
Titolo: «Musulmani indonesiani in Israele per "conoscere il popolo ebraico"»

Dal sito AGENZIA RADICALE:

Una delegazione di cinque religiosi musulmani indonesiani,
rappresentanti dei due maggiori movimenti del Paese (Nahdlatul Ulama, generalmente conosciuto come NU e capeggiato dall'ex presidente Abdurrahman Wahid, cofodondatore di LibForAll e Mohammadia) che complessivamente includono settanta milioni di musulmani, è arrivata in Israele lunedi scorso per partecipare ad un'iniziativa lanciata dal Centro Simon Wiesenthal, tesa a colmare il vuoto tra le diverse religioni.

Il gruppo, desideroso "di conoscere un po' meglio il popolo ebraico" e presentatosi come "il volto moderato dell'Islam che cerca la cooperazione e la pace con gli altri Paesi", ha incontrato il Capo dello Stato Shimon Peres, alcuni palestinesi di Ramallah, visitato Sderot - la cittadina al confine con Gaza principale meta dei missili Qassam - e partecipato ad alcuni festeggiamenti di Chanukkà (la festa ebraica delle Luci, simbolo, tra l'altro, dell'indipendenza e della libertà politica e culturale del popolo ebraico ai tempi della colonizzazione ellenica).

I due Paesi non hanno relazioni diplomatiche, nonostante alcuni cittadini indonesiani abbiano rapporti d'affari con aziende israeliane, che lo Stato ebraico abbia fornito aiuti umanitari dopo il terremoto del 2005 e che Peres sia andato a trovare Wahid, sebbene per motivi di sicurezza non sia potuto rimanere per più di un giorno. Quest'ultimo ha perfino emesso un decreto in cui si rifiuta di riconoscere Hamas come un'organizzazione rappresentativa dell'Islam.

Il leader di Moahmmadia, Syfiq Mugni, ha regalato a Peres una kippà (papalina) con scritto pace in ebraico, in indonesiano e in caratteri latini.

Nonostante diversi giornali israeliani abbiano riportato la notizia corredata da numerose foto, i media indonesiani si sono affrettati a smentirla. Din Syamsuddin un altro religioso musulmano, in un'intervista al Jakarta Post ha risposto: "non so chi è andato, ma mi piacerebbe saperlo"

Il desiderio di individuare i "responsabili", unito alla negazione espressa anche da alcuni esponenti delle organizzazioni coinvolte, fa presupporre che la paura di ritorsioni per un gesto così semplice, ma al contempo importante e pacificatore, sia piuttosto forte.

Non sono mancate, infatti, da parte di fondamentalisti minacce ed inviti vari a vergognarsi per aver incontrato il demonio in persona. In un articolo, riportato in inglese da un sito che pubblica anche in

italiano, si definisce Shimon Peres uno "scellerato criminale di guerra" che "come tutti gli altri leader sionisti non ha nessun diritto a dare lezioni al mondo, specie quello musulmano, su questioni quali terrorismo e religione" riferendosi  alla frase del Capo dello Stato in cui affermava che "La popolazione mondiale deve ripudiare l'uso della religione per giustificare il terrore e gli spargimenti di sangue". "Indubbiamente - continua l'articolo pieno di livore e diffamazioni -  questi delegati indonesiani hanno provocato un grande danno alla causa dell'Islam della Palestina e della Moschea Al Aqsa".

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