Sono passati pochi giorni da quando si sono incontrati ad Annapolis coloro che, almeno apparentemente, cercano di trovare una soluzione ai problemi della Palestina. Alcuni attenti commentatori (palestinesi) tuttavia ci spiegano che la riunione, per la cui organizzazione l'America ha lavorato per mesi senza fare attenzione alle tante voci critiche, si è risolta in un'occasione per una bella fotografia e per ottimi pranzi. Se così è stato, ci sarebbe davvero da preoccuparsi, se non fosse che questa è, comunque, la realtà degli "episodi epocali" che si susseguono nel tempo. E credo che il commentatore palestinese da me citato abbia perfettamente ragione.
Infatti vi è stata una conferenza alla quale hanno partecipato, per la prima volta, sotto gli occhi del mondo, insieme ad Israeliani, governanti che non hanno mai voluto avere a che fare con i rappresentanti dello stato ebraico. Ma a differenza di Sadat, questi governanti si erano assicurati prima di non dover stringere loro la mano, e perfino di non dover entrare nella sala della conferenza passando dalla stessa porta. Logica conseguenza fu quindi che i giornalisti israeliani non potessero poi partecipare neppure alle loro conferenze stampa.
Alla conferenza ha poi partecipato, seppur con una delegazione abbassata al livello di viceministro, la Siria. Ma gli eventi degli ultimi giorni, con i deputati libanesi tuttora rinchiusi in un albergo per non rischiare di morire, e con le uccisioni degli avversari che continuano, stanno a dimostrare che Annapolis non ha portato nessuna novità sostanziale.
Come concordato sotto gli occhi di Bush, poi, in vista di un accordo generale da raggiungere entro il 2008, sono iniziati gli incontri fra palestinesi ed israeliani. Ma se è quasi facile concordare di mettersi d'accordo sui problemi in un futuro più o meno vicino, ben più difficile, e non da oggi, è mettersi d'accordo sui problemi reali. E infatti il primo incontro non ha portato nessun risultato.
Il "saggio" commentatore palestinese sostiene che sarebbe già un gran passo avanti finirla con tutte le lotte che insanguinano l'area; lotte fra ebrei e palestinesi, e lotte, non meno cruente, fra palestinesi delle diverse fazioni. Non è possibile, oggi come oggi, pensare ad una pace. Non è possibile perchè, in effetti, ai tanti dignitari arabi va benissimo lo status quo, con tanti soldi che arrivano da tutte le parti, per poi uscire anche in direzioni "di comodo"; a loro va benissimo che la popolazione stia male, perché così è manovrabile in tutte le direzioni. E in realtà loro non desiderano affatto che nasca uno stato palestinese; non l'hanno mai voluto, né hanno mai saputo mettere le basi perché ciò avvenisse. Peggio, non hanno mai saputo cogliere le occasioni che la storia ha loro presentato in quasi novanta anni. E non è possibile perchè non c'è, né da una parte né dall'altra, nessun uomo politico in grado di "fare la storia".
Temo quindi che Annapolis rimarré come un episodio del tutto secondario, e che i suoi promotori, che per l'averla organizzata speravano di riceverne in cambio il premio Nobel, dovranno riporre tale sogno nel classico cassetto.