Israele, rifugio dei cristiani d'Oriente ? lo ipotizza la reporter francese Catherine Dupeyron
Testata: Avvenire Data: 13 dicembre 2007 Pagina: 30 Autore: Lorenzo Fazzini Titolo: «Cristiani d'Oriente, Israele nuovo rifugio ?»
Da AVVENIRE del 13 dicembre 2007:
I cristiani di Terra Santa non stanno sparendo, bensì va cambiando la loro identità sociale e la collocazione politica in cui essi possono trovare il loro habitat. Il crescente fondamentalismo islamico nei Territori palestinesi, l’avviato dialogo interreligioso tra mondo cattolico e milieu ebraico, una crescente immigrazione slava che porta alla luce il fenomeno dei 'cripto-cristiani' (credenti di confessione ortodossa, benché etnicamente ebrei) formano un ventaglio di indizi che stanno portando alla possibilità, inedita per l’era moderna, di veder nascere compiutamente una 'Chiesa in Israele', termine quasi ancora tabù a Gerusalemme e dintorni. Ma tale definizione non è fuori luogo per la reporter francese Catherine Dupeyron, collaboratrice di Le Monde e La Vie, che nei giorni scorsi ha dato alle stampe Chrétiens en Terre sainte. Disparition ou mutation? (Albin Michel, pagine 284, euro 19,00), volume a metà tra il reportage e il saggio storico-sociale, il cui nocciolo si condensa in quel sottotitolo – 'Sparizione o mutazione?' – dove il punto di domanda lascia intravedere la propensione dell’autrice per la seconda alternativa. Nello scorrere del testo, intessuto con ricchi riferimenti storici, impreziosito da interviste a personalità cristiane ed israeliane, punteggiato da vibranti testimonianze spesso anonime (pregio e difetto del volume, ma la delicatezza dell’argomento ha spesso imposto all’autrice tale scelta obbligata), viene scandagliata la possibilità che per i cristiani dei Luoghi Santi il futuro non sia nero come tante volte appare da notizie di cronaca e da episodi sanguinosi, come la recente uccisione di Rami Khader Ayyad, il libraio protestante della Biblical Society assassinato a Gaza, presumibilmente da fondamentalisti islamici. Questo perché il futuro di chi si professa cristiano in Medio oriente – sostiene la documentata corrispondente transalpina – potrebbe riservare una possibilità di un impensato sviluppo nello stato di Israele. Anzitutto, argomenta la Dupeyron, è il crescente integrismo islamico a segnare una delle novità più insidiose per i cristiani di Betlemme e dintorni: «Il fondamentalismo guadagna terreno tra i musulmani» è la preoccupante e comprovata denuncia che giunge dai cristiani dei Territori, che denunciano le intimidazioni ai negozi che vendono alcolici, le minacce alle donne che non si velano il capo, la sempre più strisciante marginalizzazione a Gaza. Vi è poi la normalizzazione dei rapporti tra Vaticano e lo Stato ebraico, sanciti ufficialmente nel 1993, e quanto ne è seguito, a far dire alla Dupeyron che «i cristiani arabi hanno trovato il loro posto nel moderno Israele». Tanto che padre Emile Shoufani, sacerdote greco-cattolico di Nazareth, spinge sul paradosso: «Non esistono cristiani di Terra Santa». Il perché è presto detto: bisogna iniziare a prendere in considerazione, arguisce il prete, «la possibilità di una Chiesa in Israele, di una Palestina, di una in Giordania, e così via». E Atallah Mansour, correligionario di Shoufani, già membro del comitato editoriale dell’autorevole quotidiano israeliano Haaretz, non ha dubbi: «Israele è uno Stato di diritto con libertà di espressione. Il livello di vita è molto più elevato qui che in tutto il Medio Oriente». Shoufani gli fa eco: «I cristiani hanno un futuro in Israele perché esiste una fiducia nell’avvenire di questo Stato dove le leggi democratiche possono garantire la vita quotidiana in buone condizioni». Sono anche le cifre ad essere dalla parte di questa nuova visione: «La sola comunità cristiana che si sviluppa in Medio Oriente è quel- la che vive in Israele. Questi cristiani non hanno alcuna ragione di emigrare. Le condizioni di vita qui sono soddisfacenti» dice padre Shoufani all’autrice. E se i dati ufficiali riferiscono che i cristiani in Israele sono il 2,1% della popolazione, sottotraccia si sviluppano quelle comunità cristiane russofone formate da immigrati dall’Est Europa, di etnia ebrea ma cristiani per religione: tanto che, scrive la reporter, «i cristiani potrebbero rappresentare fino all’8% degli israeliani». Non solo: è in crescita il fenomeno dei 'cristiani per Israele', quella lobby di credenti – soprattutto protestanti – che sostengono compiutamente lo Stato ebraico, inteso messianicamente (e spesso in senso fondamentalista) come il compimento delle promesse bibliche di Dio al suo popolo. L’Ambasciata cristiana a Gerusalemme, aperta nel 1981, ne è stato il punto iniziale; l’approdo alla Knesset, il parlamento nazionale, con due deputati, uno russofono e laico, l’altro ebreo ortodosso, che hanno formato 'il Forum degli alleati cristiani' pro-Israele, è risultato l’apoteosi somma di questo avvicinamento tra cristiani e Israele. Un fenomeno che secondo l’autrice la Dupeyron apre spazi impensati per la presenza dei credenti in Cristo nel Terzo millennio proprio laddove Egli visse, morì e resuscitò.
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