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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Avvenire Rassegna Stampa
13.12.2007 Israele, rifugio dei cristiani d'Oriente ?
lo ipotizza la reporter francese Catherine Dupeyron

Testata: Avvenire
Data: 13 dicembre 2007
Pagina: 30
Autore: Lorenzo Fazzini
Titolo: «Cristiani d'Oriente, Israele nuovo rifugio ?»
Da AVVENIRE del 13 dicembre 2007:

I cristiani di Terra Santa non stanno sparendo, bensì va cambiando la loro identità so­ciale e la collocazione politica in cui essi possono trovare il loro ha­bitat. Il crescente fondamentali­smo islamico nei Territori palesti­nesi, l’avviato dialogo interreli­gioso tra mondo cattolico e milieu ebraico, una crescente immigra­zione slava che porta alla luce il fenomeno dei 'cripto-cristiani' (credenti di confessione ortodos­sa, benché etnicamente ebrei) for­mano un ventaglio di indizi che stanno portando alla possibilità, i­nedita per l’era moderna, di veder nascere compiutamente una 'Chiesa in Israele', termine qua­si ancora tabù a Gerusalemme e dintorni.
  Ma tale definizione non è fuori luogo per la reporter francese Catherine Dupeyron, collabora­trice di
Le Monde e La Vie, che nei giorni scorsi ha dato alle stampe
 Chrétiens en Terre sainte. Dispari­tion ou mutation?
(Albin Michel, pagine 284, euro 19,00), volume a metà tra il reportage e il saggio storico-sociale, il cui nocciolo si condensa in quel sottotitolo – 'Sparizione o mutazione?' – dove il punto di domanda lascia intra­vedere la propensione dell’autri­ce per la seconda alternativa.
  Nello scorrere del testo, intessuto con ricchi riferimenti storici, im­preziosito da interviste a perso­nalità cristiane ed israeliane, pun­teggiato da vibranti testimonian­ze spesso anonime (pregio e di­fetto del volume, ma la delicatez­za dell’argomento ha spesso im­posto all’autrice tale scelta obbli­gata), viene scandagliata la possi­bilità che per i cristiani dei Luoghi Santi il futuro non sia nero come tante volte appare da notizie di cronaca e da episodi sanguinosi,
come la recente uccisione di Ra­mi Khader Ayyad, il libraio prote­stante della Biblical Society as­sassinato a Gaza, presumibil­mente da fondamentalisti islami­ci. Questo perché il futuro di chi si professa cristiano in Medio o­riente – sostiene la documentata corrispondente transalpina – po­trebbe riservare una possibilità di un impensato sviluppo nello sta­to di Israele.
  Anzitutto, argomenta la Dupey­ron, è il crescente integrismo isla­mico a segnare una delle novità più insidiose per i cristiani di Be­tlemme e dintorni: «Il fondamen­talismo guadagna terreno tra i musulmani» è la preoccupante e comprovata denuncia che giunge dai cristiani dei Territori, che de­nunciano le intimidazioni ai ne­gozi che vendono alcolici, le mi­nacce alle donne che non si vela­no il capo, la sempre più stri­sciante marginalizzazione a Gaza. Vi è poi la normalizzazione dei rapporti tra Vaticano e lo Stato e­braico, sanciti ufficialmente nel 1993, e quanto ne è seguito, a far dire alla Dupeyron che «i cristia­ni arabi hanno trovato il loro po­sto nel moderno Israele». Tanto che padre Emile Shoufani, sacer­dote greco-cattolico di Nazareth, spinge sul paradosso: «Non esi­stono cristiani di Terra Santa». Il perché è presto detto: bisogna i­niziare a prendere in considera­zione, arguisce il prete, «la possi­bilità di una Chiesa in Israele, di u­na Palestina, di una in Giordania, e così via». E Atallah Mansour, cor­religionario di Shoufani, già mem­bro del comitato editoriale del­l’autorevole quotidiano israelia­no

  Haaretz,
non ha dubbi: «Israe­le è uno Stato di diritto con libertà di espressione. Il livello di vita è molto più elevato qui che in tutto il Medio Oriente». Shoufani gli fa eco: «I cristiani hanno un futuro in Israele perché esiste una fiducia nell’avvenire di questo Stato dove le leggi democratiche possono ga­rantire la vita quotidiana in buo­ne condizioni».
  Sono anche le cifre ad essere dal­la parte di questa nuova visione: «La sola comunità cristiana che si sviluppa in Medio Oriente è quel-
la che vive in Israele. Questi cri­stiani non hanno alcuna ragione di emigrare. Le condizioni di vita qui sono soddisfacenti» dice pa­dre Shoufani all’autrice. E se i da­ti ufficiali riferiscono che i cristia­ni in Israele sono il 2,1% della po­polazione, sottotraccia si svilup­pano quelle comunità cristiane russofone formate da immigrati dall’Est Europa, di etnia ebrea ma cristiani per religione: tanto che, scrive la reporter, «i cristiani po­trebbero rappresentare fino all’8% degli israeliani».
  Non solo: è in crescita il fenome­no dei 'cristiani per Israele', quel­la lobby di credenti – soprattutto protestanti – che sostengono compiutamente lo Stato ebraico,
inteso messianicamente (e spes­so in senso fondamentalista) co­me il compimento delle promes­se bibliche di Dio al suo popolo. L’Ambasciata cristiana a Gerusa­lemme, aperta nel 1981, ne è sta­to il punto iniziale; l’approdo alla Knesset, il parlamento nazionale, con due deputati, uno russofono e laico, l’altro ebreo ortodosso, che hanno formato 'il Forum degli al­leati cristiani' pro-Israele, è risul­tato l’apoteosi somma di questo avvicinamento tra cristiani e I­sraele. Un fenomeno che secon­do l’autrice la Dupeyron apre spa­zi impensati per la presenza dei credenti in Cristo nel Terzo mil­lennio proprio laddove Egli visse, morì e resuscitò.

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