Un terrorista di Al Qaeda sottoposto ad annegamento simulato, fornì informazioni "che forse hanno contribuito a salvare delle vite umane" la testimonianza dell'agente Cia John Kiriakou
Testata: Il Giornale Data: 12 dicembre 2007 Pagina: 10 Autore: Alberto Pasolini Zanelli Titolo: «Torturammo un terrorista ma abbiamo salvato molte vite»
Dal GIORNALE del 12 dicembre 2007:
Per la prima volta la tortura ha un nome (anzi due), un luogo, una data. Sappiamo come si fa, come funziona, i suoi effetti, la sua durata: 35 secondi in tutto e l’«inquisito» ha cominciato a confessare tutto. Il luogo fu una prigione segreta della Cia in Pakistan, la data pochi giorni dopo la strage terroristica a Manhattan, a «parlare» fu Abu Zubaydah, un esponente di Al Qaida considerato fra gli organizzatori dell’«11 settembre ». Ieri ha confessato una delle persone che hanno praticato l’interrogatorio, un ex agente della Cia che si è presentato con nome e cognome: John Kiriakou. Ora il mondo sa tutto: anche che l’interrogatorio fu interamente registrato su un video, che però è stato distrutto - lo si è saputo ieri l’altro - per ordini superiori negli archivi della Cia due anni fa. Quasi contemporaneamente il Congresso di Washington ha ordinato un’inchiesta sulle pratiche illegali usate nella «guerra al terrore» dall’amministrazione Bush e i democratici hanno sollevato lo scandalo. Sempre per «coincidenza » poche ore dopo si è venuto a sapere che alcuni leader dell’opposizione (fra cui Nancy Pelosi, presidente della Camera) erano stati informati e consultati sulle «tecniche di interrogatorio » che si intendeva usare e, a quanto pare, non sollevarono obiezioni. La testimonianza di Kiriakou darà nuovo vigore alle polemichema nello stesso tempo chiarisce diverse cose. Catturato in Afghanistan, Zubaydah fu trasportato in Pakistan e interrogato a lungo e sempre rifiutò di parlare. Fu dunque trasferito in una prigione segreta, disteso con i piedi rialzati e la testa verso il basso, il naso tappato da un cellophane e gli fu fatta scorrere a forza dell’acqua in gola. «Ha resistito 35 secondi - ha raccontato Kiriakou alla Washington Post - poi si è deciso a parlare e ha raccontato cose interessanti, che forse hanno contribuito a salvare delle vite umane». L’amministrazione Bush ha sempre fatto distinzioni fra questa tecnica chiamata «water boarding» oppure «annegamento simulato» e la tortura, che è vietata dalle leggi internazionali ed è incostituzionale in America,maKiriakou, alla domanda se il «water boarding » sia una forma di tortura ha risposto seccamente di sì. La sua testimonianza inasprirà le polemiche, proprio in coincidenza - casuale questa - con l’offensiva terroristica in Algeria.
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