Testata: Il Foglio Data: 08 dicembre 2007 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Dissidente iraniano racconta le torture di "Golpa" Ahmadinejad»
Dal FOGLIO di oggi, 08/12/2007, a pag.2, con il titolo , Giulio Meotti anticipa alcuni temi del convegno sui dissidenti nei paesi islamici che si terrà a Roma lunedì e Martedì 10-11 dicembre.
Dopo l'articolo di Giulio Meotti, riportiamo il programma del convegno.
Roma. Una corte islamica mondiale per giudicare “i crimini occidentali contro i musulmani”. A proporla è il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Sorride il dissidente Alireza Jafarzadeh, fra i leader del Consiglio nazionale della resistenza iraniana, ricorda un giovane Ahmadinejad che nelle segrete degli ayatollah interrogava, torchiava e torturava i ribelli del regime khomeinista. Lo racconta in un bellissimo libro, “L’atomica di Teheran. Ahmadinejad la terza guerra mondiale” (Guerini). Jafarzadeh ripercorre la genesi del “falco uscito dal buio”, il “figlio della rivoluzione”. Il pamphlet fa il paio con lo strepitoso reportage di Mark Bowden, “Teheran 1979” (Rizzoli), sulla presa dell’ambasciata americana cui Ahmadinejad fu protagonista. “La sua storia personale comincia in un piccolo angolo di deserto” racconta Jafarzadeh. Figlio di commercianti, Ahmadinejad doveva chiamarsi Saborjhian, dal farsi “sabor” (colui che tinge il filo). Quando il padre si trasferì in città, decise di cambiare nome. Ahmad ampliò il suo, che significa “virtuoso”, aggiungendovi nejad stirpe), così da formare Ahmadinejad, stirpe virtuosa” o “stirpe di Maometto”. La famiglia Ahmadinejad ebbe sette figli, tutti cresciuti in un ambiente domestico devo-to, dove la madre, i cui parenti e amici chiamavano Seyed Khanom, “discendente dal Profeta”. Il suo zelo religioso lo portò a scalare il movimento di Khomeini. Durante l’occupazione dell’ambasciata, Ahmadinejad interrogava gli ostaggi americani. Ahmadinejad poi “sviluppò la fama di famigerato interrogatore nella prigione di Evin dove, negli anni Ottanta, migliaia di prigionieri politici furono torturati e giustiziati”. Jafarzadeh ha incontrato i prigionieri politici che riuscirono a sopravvivere a quel periodo, compreso uno che ricordò interrogatori effettuati da Ahmadinejad, noto nellasezione 4 del carcere di Evin con l’appellativo di “Golpa”. Gli interrogatori a Evin e altre prigioni iraniane nascondevano la loro identità, usando pseudonimi e indossando in testa cappucci simili a quelli del Klux Klan. Tuttavia, in certe occasioni, toglievano la maschera. “Nella sezione 4, Ahmadinejad era incaricato di eseguire gli intensi interrogatori destinati ai prigionieri politici arrestati prima del giungo 1981”, disse un ex prigioniero che trascorse sei anni nel carcere di Evin. Da Evin è passato il dissidente Amir Fakhrawar, lunedì a Roma prenderà parte convegno sulla democrazia nel mondo islamico organizzato dalle Fondazioni Magna Carta, Craxi, Associazione Appuntamento a Gerusalemme e l’israeliano Adelson Institute. Nel febbraio del 1982, quel prigioniero fu trasferito a Evin per ulteriori interrogatori. “Dopo qualche giorno mi portarono nella sezione 4 e fu allora che fui personalmente torturato da ‘Fakoor’, il capo del reparto, e da ‘Golpa’, Ahmadinejad. Vedevo la faccia, insieme a quella degli altri torturatori, ogni volta che la benda cadeva a terra dopo essere stato frustato con un cavo elettrico, ogni volta la stringevano ancora di e continuavano a frustare”. Poco dopo fu trasferito nella sezione di isolamento, il famigeratofamigerato braccio 209 di Evin, in cui, disse, ebbe modo di vedere più volte la faccia di Ahmadinejad e di fissare nella mente il suo volto. “Ahmadinejad e Lajervadi, il terribile guardiano della prigione soprannominato ‘il macellaio di Evin’, venivano nella mia cella due o tre volte alla settimana senza maschere o cappucci”. Alcuni dissidenti chiamano Ahmadinejad “terminator” per il vezzo di infliggere il colpo di grazia. Laïa Roshan fu arrestato nel 1982 in quanto oppositore. Fu condannato a 500 colpi di frusta nella prigione di Evin. Lì ha visto Ahmadinejad, si faceva chiamare “medico Mirzaï”. “Il suo viso crudele mi è rimasto vivamente in memoria”. Ahmadinejad spiegava ai suoi subordinati come torturare i prigionieri già feriti affinché non morissero. Dice di averlo visto occuparsi personalmente di un detenuto. “Ha preso la sua mano e lo ha trascinato per terra verso la camera di tortura. Due ore più tardi, è ritornato con i denti rotti, le labbra strappate e il viso blu”. Anche quando Ahmadinejad divenne un alto ufficiale della Brigata speciale dei Guardiani della rivoluzione, con base al presidio di Ramazan, nell’ovest del paese, “il suo compito prevedeva l’eliminazione dei dissidenti in Iran e all’estero”.
L’incontro di Roma è la continuazione della
conferenza di Praga "Democracy & Security"
promossa lo scorso giugno dal Prague Security
Studies Institute, dall’Adelson Institute-Shalem
Center e dalla FAES Foundation for Social
Research and Analysis.
Roma come a Praga i protagonisti saranno
dissidenti, intellettuali e politici perseguitati
nei loro paesi, in prima linea nella battaglia
diritti umani, per la libertà e per la democrazia.
La conferenza è promossa dalle fondazioni
Magna Carta, Farefuturo e Craxi,
dall’Associazione Appuntamento a Gerusalemme
dall’Adelson Institute-Shalem Center.
La conferenza metterà a confronto i dissidenti
con i leader europei per cercare insieme
risposte coraggiose e concrete che questa
storica richiede.
Lunedì 10 Dicembre
Camera di Commercio di Roma
Sala del Consiglio
Conferenza Stampa
con i rappresentanti
delle Fondazioni organizzatrici
Stefania Craxi
Anita Friedman
Vera Golovensky
Gaetano Quagliariello
Adolfo Urso
INTRODUCE Fiamma Nirenstein
Saluto
Andrea Mondello
Presidente della Camera di Commercio
Vite straordinarie
I dissidenti raccontano ai giornalisti
le loro storie personali
MODERA Angelo Pezzana
Un saluto di Magdi Allam ai dissidenti
09.00 Registrazione dei partecipanti
09.30 Apertura dei lavori
INTRODUCE Gaetano Quagliariello
Saluto
Professor Gherardo Gnoli
Presidente IsIAO
RELATORE Professor Bernard Lewis
L’Islam è compatibile con la Democrazia?
10.15 SESSIONE 1
Democrazia e Islam radicale
MODERA Natan Sharansky
Saad Eddin Ibrahim
I requisiti necessari per le democrazie islamiche.
Il caso dell’Egitto
Kassem Jaafar
La crisi libanese e le implicazioni regionali
Ibrahim Mudawi Adam
La via verso la democrazia
nei Paesi in via di sviluppo. La tragedia Sudanese
Farid Ghadry
Siria: dal cambio di regime i benefici per la regione