Ha lavorato per un’amministrazione in cui la parola ha assunto un peso specifico senza precedenti. Michael Gerson è anche noto come “la bocca di Bush”, “lo Scriba” o come dice il columnist conservatore Ramesh Ponnuru, “se Karl Rove è stato il cervello di Bush, Gerson la sua anima”. Per quattro anni ha scritto i discorsi più entusiasmanti della presidenza repubblicana, prima di tornare al suo lavoro di commentatore (scrive sul Washington Post). La “coscienza della Casa Bianca” è stato accusato di aver fomentato il manicheismo della lotta al terrorismo. A Gerson “il Credente”, secondo la definizione del New Yorker, si deve, infatti, la celebre espressione “asse del male”. Secondo lo speechwriter di Jimmy Carter, Hendrik Hertzberg, Gerson ha scritto fra i migliori discorsi “da quando è stata fondata la Repubblica”. Gerson ha pubblicato un libro che è già un best seller per Harper Collins, “Heroic Conservatism”, rilancia l’idealismo americano in politica estera, racconta gli anni trascorsi al fianco di Bush, ma soprattutto celebra la nobiltà della guerra in Iraq. “Molti hanno detto che il progetto americano era falsato dal fatto che arabi e iracheni sarebbero inadatti alla democrazia. Un’accusa storicamente rivolta anche ai cattolici nell’Europa meridionale, a indù e musulmani in India, agli ortodossi nell’Europa dell’est e alla cultura confuciana in Asia. Forse il mondo arabo è la grande eccezione, ma non è il caso dell’Iraq”. Gerson riprende l’idea del grande storico John Lewis Gaddis secondo cui Bush ha “lanciato un’ancora nel futuro”: la fine della tirannia. Nella partita islamica si gioca il destino dell’America: “Se abbandona leader e soldati musulmani che stanno rischiando le loro vite per sconfiggere terroristi e jihadisti, la guerra contro il terrore non può essere vinta. L’America, oggi più di ogni altro periodo della storia, ha un diretto interesse nazionale nella speranza e nel progresso nelle altre terre”. Gli errori commessi in Iraq non alterano una verità fondamentale: “L’asse del male è viva. La guerra contro il terrore è più lunga del periodo che va da Pearl Harbor alla resa giapponese. Gli americani sentono di meritarsi una pausa dalle responsabilità storiche. Ma la storia, ahimè, non bada a noi. I pericoli mortali del nostro tempo richiederanno nuovi impegni, nuovi sacrifici, un nuovo coraggio”. Bush, spiega Gerson, è autore del “più grande rifiuto del relativismo culturale e morale che sia mai stato formulato. Anche Lincoln aveva non solo rifiutato la schiavitù, ma anche il relativismo, l’idea che gli standard morali cambiano da cultura a cultura. E fondava queste idee sulle due grandi tradizioni dell’illuminismo dei Padri fondatori e gli insegnamenti della religione. Gli abolizionisti dimostrarono che la religione può essere una forza benigna e che gli istinti distruttivi dell’umanità possono essere vinti, l’idealismo è possibile e potente. La fede aggiunge un elemento alle nostre esistenze umili e annerite, un elemento di speranza e coraggio”. A Gerson si deve l’idea, impressa nella retorica bushiana, che l’America è in guerra con un’eresia islamica. “Ci sono differenze fra i rivoluzionari omicidi e i fedeli musulmani. Il terrorismo è un’eresia nota come takfirismo, una perversione dell’islam. L’islam contiene elementi legati al pluralismo ed elementi che non lo sono. E come in ogni società, inclusa la nostra, le società islamiche faranno progressi rafforzando i primi elementi a scapito dei secondi. I pessimisti culturali non possono ignorare il fatto che l’America ha trovato eroici alleati islamici nella guerra al fanatismo, come i curdi in Iraq e l’Alleanza del Nord in Afghanistan. Riformatori come Amina Lemrini in Marocco e Ghada Jamsheer nel Bahrain hanno protetto i diritti delle donne a rischio delle loro vite”. I repubblicani, tentati dal realismo e dal cinismo, devono riscoprire il cuore del “conservatorismo eroico”. “Uno degli aforismi che preferisco di Chesterton dice che ‘dobbiamo essere certi sulla verità e incerti su noi stessi’. Eroici sono gli uomini e donne di fede che hanno insegnato ad amare il tuo simile e non a schiavizzarlo, che hanno salvato i bambini dalle fattorie nere della rivoluzione industriale, che si sono opposti alla tirannia perché ogni uomo è figlio di un re. La storia avanza sulla loro indomita certezza Giulio Meotti Il Foglio