Condanne a morte per omosessualità in Iran il caso di Makwan Moloudzadeh
Testata: L'Opinione Data: 06 dicembre 2007 Pagina: 0 Autore: Stefano Magni Titolo: «L’Aja censura i gay musulmani, Teheran condanna a morte»
Da L'OPINIONE del 5 dicembre 2007:
E’ in atto una vera e propria “jihad della parola”, come nella definizione coniata dal giornalista Magdi Allam per descrivere la minaccia di violenza da parte degli imam radicali contro la libertà di espressione in Europa. Il caso che ha fatto più parlare di sé è quello di Sooreh Hera, fotografa di origini iraniane e residente da 7 anni in Olanda. Per motivi di sicurezza, ma ufficialmente per "ragioni di opportunità" è stata ritirata una sua opera composta da video e foto dal titolo "Allah o gay-bar" (distorsione dell'invocazione "Allah'hu akbar" ovvero Allah è grande). Il motivo è che l'opera rappresenta, attraverso Ghosro e Farhad, due modelli iraniani mascherati, il profeta Maometto e il genero Ali come una coppia omosessuale. "Volevo denunciare l'ipocrisia dei Paesi musulmani dove si perseguitano i gay e dove poi molti uomini anche sposati sono gay mascherati” - si era giustificata la fotografa, dopo aver subito la censura da parte degli organizzatori della mostra. Intanto i servizi di sicurezza olandesi sono ancora in stato di allerta. Mentre si discute sull’opportunità o meno di permettere una piena libertà di espressione sui temi religiosi, la provocazione di Sooreh Hera non è stata raccolta, non ha sollevato un minimo di attenzione sulla persecuzione che gli omosessuali subiscono sotto i regimi islamici, nonostante uno di questi casi sia scoppiato proprio ieri nel suo paese di origine.
Il gruppo EveryOne ha lanciato un appello per salvare Makwan Moloudzadeh, ventenne iraniano accusato di “sodomia” che ora rischia la pena capitale. L’accusa risale a sette anni fa, quando Makwan aveva solo 13 anni ed era stato sospettato di aver intrattenuto rapporti sessuali con un altro ragazzo. Il caso di Makwan è stato riesaminato dall'Autorità Giudiziaria di Teheran e domenica 2 dicembre è arrivata la drammatica convalida della sentenza. Il Gruppo EveryOne - che si è battuto, nei mesi scorsi, per impedire la deportazione dal Regno Unito della lesbica iraniana Pegah Emambakhsh - chiede a tutti di inviare cartoline, lettere ed e-mail al ministro della Giustizia e al Presidente dell'Iran Mahmoud Ahmadinejad. Su ogni cartolina va disegnato un cuore e scritto "Noi amiamo Makwan. Makwan è innocente e deve vivere".
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