Il caro petrolio aumenta il potere finanziario saudita lanciato il progetto di 6 nuove "città economiche"
Testata: La Stampa Data: 03 dicembre 2007 Pagina: 13 Autore: Marco Sodano Titolo: «Con il caro-petrolio Riad compra il mondo»
Da La STAMPA del 3 dicembre 2007:
Visto dall'altra parte - quella di chi lo estrae - il petrolio a 100 dollari è un'assicurazione sulla vita. Per esempio, la vita economica di un Paese che ha nel greggio l'unica risorsa spendibile e prova a immaginare un domani nel quale le sabbie del deserto ne sputeranno sempre meno. È il caso dell'Arabia Saudita e non è un caso che Riad, in questi tempi di barili grassi, prema sull'acceleratore degli investimenti: il caropetrolio ingrossa il fiume delle entrate tanto che negli ultimi sei anni i ricavi delle esportazioni sono più che triplicati. Quest'anno raggiungeranno i 165 miliardi di dollari, una potenza di fuoco che va spesa bene. Primo, diversificare Diversificare, diversificare, diversificare. Comprare bond governativi dai Paesi del G7 al ritmo di quattro miliardi di dollari al mese: la Saudi Arabian Monetary Agency ha in pancia 265 miliardi di debito estero e non accenna a rallentare. Comprare quote di banche: per ultima s'è mossa la Saad investment company, che ha preso il 3% di Hsbc per 6 miliardi (le cifre sono tutte in dollari). Oppure stringere alleanze con gruppi attivi sui mercati emergenti: Saudi Telecom ha speso tre miliardi per entrare al 25% in Malaysia's mobile. E, ancora, chiudere accordi industriali: Saudi basic industries ne ha appena firmato uno da 11,2 miliardi con General Electrics. Intanto, e fintanto che il petrolio c'è, i sauditi si attrezzano per produrne di più: l'obiettivo è portare la produzione di greggio da 11 milioni di barili al giorno (ovvero il 13% di quella mondiale e il 30% dell'offerta Opec) a 12 milioni e mezzo entro la fine del 2009 per poi raggiungere i quindici milioni al giorno. Chiaro che a questo punto si tratta di capire fino a quando il prezzo resterà intorno ai cento dollari e quanto petrolio abbia a disposizione Riad. Sull'argomento è aperto un dibattito tra scienza e politica. I sauditi assicurano di poter contare su 230 miliardi di barili, diversi esperti occidentali dubitano dell'affidabilità del dato. Secondo, potenziare Agli scettici Riad risponde puntualmente che ci sono vaste zone del Paese ancora inesplorate. E infatti negli ultimi mesi hanno concesso licenze di ricerca per il gas naturale con mano molto più larga del solito nella parte meridionale del Paese: sono della partita, con Shell e Total, anche i cinesi di Sinopec. Di fronte a questi ultimi pare che Washington abbia storto il naso, ma non c'è molto da discutere. Nessuno può permettersi di coltivare lo sviluppo economico senza interloquire con Pechino, gli Stati Uniti lo sanno bene. Intanto, anche l'attività di ricerca ha cambiato segno. Negli anni dell'abbondanza petrolifera il metano era considerato troppo poco redditizio rispetto al greggio. E mentre i tecnici trivellano il deserto a caccia di idrocarburi, a Riad non si resta con le mani in mano. Il governo ha lanciato il progetto di sei città economiche, altrettanti progetti pensati per sostenere lo sviluppo cercando di attenuare la dipendenza dall'oro nero - che poi è l'altra faccia dello stesso dilemma che affligge l'Occidente - per un investimento di circa 111 miliardi di dollari. Al momento hanno preso forma le prime tre. Terzo, costruire La più grande è la King Abdullah economic city, già ribattezzata Kaec. Sulla costa di fronte alla Mecca e Jeddah si costruirà su un'area di 168 mila chilometri quadrati. Nella città dovrebbero lavorare un milione di persone. Costo stimato 26 miliardi di dollari, fiore all'occhiello il quinto porto dedicato ai container del pianeta per dimensioni: occuperà da solo 14 chilometri quadrati. Secondo progetto, un super centro di studi economici nella zona di Medina. Costerà 6 miliardi, dovrebbe creare 20 mila posti di lavoro, si occuperà anche di tecnologie. E trattandosi della città natale del profeta Maometto, sarà affiancato da un istituto di studi islamici. Accanto allo studio, un affaccio sul commercio: ad Hail nascerà il più grosso nodo di smistamento per prodotti agricoli del Golfo persico, un hub che dovrebbe garantire ai sauditi un ruolo centrale nello scambio di derrate alimentari. La ricetta non è nuova: già durante il picco dei prezzi petroliferi degli Anni Settanta i superincassi finanziarono con successo due città industriali, Jubail e Yanbu. Un occhio al deserto e alle ultime cacce al tesoro, l'altro ai listini di Brent e Wti: parola d'ordine, diversificare.
Per inviare una e-mail alla redazione della Stampa cliccare sul link sottostante lettere@lastampa.it