Due lettere inviate a Sergio Romano, a proposito di una sua risposta a un lettore, reperibile al seguente link:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=110&id=22695
Egregio dott. Romano,
dopo aver magnificato un bimillenario idilliaco rapporto tra i due monoteismi, Lei scrive ad un suo lettore, il sig. Silvio Anselmo–Corriere della Sera,25.11.07-sotto il titolo EBRAISMO E ISLAM MONOTEISMI SEPARATI IN CASA: “La nascita di Israele è stata percepita dai Paesi arabi come una invasione di campo, una ennesima manifestazione del colonialismo europeo. Cominciano da allora l'ostilità verso gli ebrei e il loro esodo. Fra il 1948 e il 1967 (l'anno della «Guerra dei sei giorni») partirono, soprattutto verso Israele, quasi tutti gli ebrei dei Paesi arabi.”
A me risulta, piuttosto, che dalla venuta di Maometto in poi finì per gli Ebrei la condizione di parità con le popolazioni arabe locali. Già nel 625-627 il Profeta annientò le tribù ebraiche che rifiutavano la nuova fede, fece sgozzare 600 Ebrei dopo la ”battaglia del Fossato”, accusandoli di un tradimento mai avvenuto (da lì la tenace ed ancora vivace imitazione degli Atti del Profeta). Cominciarono insopportabili balzelli, umiliazioni, saccheggi, omicidi. Intere comunità furono annientate dal re Idris, in Marocco nell’VIII sec., nel IX gli Ebrei ( ed i Cristiani) vennero chiamati spregiativamente ed ironicamente “dhimmi”, “protetti”: era loro proibito costruire case più alte di quelle dei musulmani, (come del resto ai Siciliani durante la dominazione araba, che dovevano anche alzarsi tutti in piedi, anche i nonni, se un Arabo fosse entrato in casa loro), salire a cavallo o su un mulo, bere vino in pubblico, pregare ad alta voce, pregare per i propri morti o seppellirli in modo che desse fastidio ai musulmani. Dovevano portare abiti che li distinguessero o pezze colorate sugli abiti, i Mamelucchi li vorranno con turbante (giallo), fino alla fondazione dei ghetti nel 1438 (“mellaha”) in Marocco ed esportati in Tunisia nel 1650 (“hara”), subire una interminabile serie di carneficine, di distruzioni di sinagoghe in Egitto, Siria, Iraq…Lo stesso avvenne nei domini europei come il massacro a Granata del 1006, e così via sino “ai martiri” delle più moderne “Intifade”!
Nel 1948 furono circa 865.000 gli Ebrei che dovettero lasciare i Paesi arabi con solo ciò che avevano addosso, spogliati di ogni bene e proprietà. Lei scrive: “...partirono, soprattutto verso Israele…”.
Sì, ma non per una vacanza con biglietto di ritorno.
Più che percepirlo come una “manifestazione del colonialismo europeo” la fondazione dello Stato Ebraico fu percepito come l’AUTO LIBERAZIONE degli ex-schiavi – i dhimmi- : ciò era e resta intollerabile per uno dei due monoteismi, ma, forse, anche per molti Europei.
“
la prima Carta sui Diritti Umani è il Corano e
la prima Dichiarazione sui Diritti Umani è quella fatta da Maometto a Medina”, affermazione dell’ambasciatore del Pakistan all’ONU, per esonerarsi dallo sottoscrivere quella vigente alle Nazioni Unite.
Un attestato che non ha bisogno di commenti.
Distinti saluti, Alberto Hammerman
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Nella sua risposta pubblicata oggi ad un lettore lei parla di una situazione di tensione nata al momento della fondazione dello stato di Israele (1948).
Come storico lei non può dimenticare quello che è successo nel periodo del mandato britannico; furono 25 anni nei quali, alla convivenza pacifica fra arabi ed ebrei, si sostituì uno stato di tensione sfociato in numerosi attacchi contro gli ebrei. Questi nel 1919 (come si legge nell'accordo firmato a Londra tra Feisal e Weizmann), erano visti come i fratelli che potevano portare alla rinascita di quelle terre aride e desolate, al punto che Feisal benediceva l'immigrazione che sfuggiva ai pogrom russi e portava ricchezza e sviluppo fra gli arabi di Palestina. Per questa sua posizione Feisal venne ucciso dagli arabi e dopo tutto cambiò. Proprio in quegli anni, dei quali lei non parla, già venivano costruiti autobus blindati, per esempio, per difendersi dagli attacchi della popolazione araba. L'antica comunità ebraica di Hebron veniva annientata. E tanto altro ancora si potrebbe dire su questo argomento.
Lei poi parla di una popolazione ebraica che, dopo secoli di tranquilla convivenza nei paesi arabi, partì dai vari paesi elencati per recarsi in Israele. Pensa lei, storico Romano, che sia stata una partenza volontaria? Non conosce le ragioni di questa partenza? Perché ha paura di dire che furono cacciati, da un giorno all'altro, senza potersi prendere alcunché dei beni messi da parte in anni di lavoro? Sono anche quelli dei profughi, dei quali però lei non fa mai menzione, nelle sue risposte.
Vede, Romano, se lei continua a scrivere solo parole deformanti una realtà storica, non rende un buon servizio non solo al suo nome (questo è un problema solo suo), ma neppure al nome del Corriere (e questo è un problema di tutti i lettori)