Dalla rubrica settimanale di Alain Elkann sulla STAMPA di oggi, 25/11/2007, a pag.26, dal titolo " Italiani, attenti all'Iran", riportiamo l'intervista all'Ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir:
Dopo un anno che lei è ambasciatore d’Israele in Italia, è cambiato qualcosa nei rapporti bilaterali tra Roma e Gerusalemme?
«Non credo. Anche perché non credo che gli ambasciatori possano incidere più di tanto nei rapporti tra i Paesi. Ci sono relazioni molto stabili, e molto solide nei due sensi, molte visite bilaterali. Il presidente Peres ha fatto la sua prima visita da capo di Stato all’estero in Italia. Il ministro della giustizia Mastella e il ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio sono da poco venuti in Israele, Olmert è venuto in Italia a dicembre scorso e Prodi è andato in Israele questa estate. I due ministri degli esteri hanno dei rapporti costanti... Questo, comunque, non significa che non ci siano punti di vista diversi tra i due Paesi».
In che cosa?
«Per esempio per quanto riguarda l’Iran. L’Iran, come noto in tutto il mondo, costituisce un pericolo non solo per Israele, ma anche per l’Europa e per l’Italia. Il raggio dei loro missili è di circa tremila chilometri, ovvero la distanza che c’è tra l’Iran e l’Europa. Penso che l’Europa dovrebbe svegliarsi. L’Iran è un grande pericolo per la civiltà occidentale, per i valori comuni di democrazia, di cultura, diritti umani e dignità. Non credo che l’Italia non lo capisca. La differenza sta nel modo in cui raggiungere lo scopo di impedire all’Iran di diventare una potenza nucleare».
Qual è il punto di vista israeliano?
«In questo momento pensiamo che la strada migliore sia quella diplomatica, la comunità internazionale dovrebbe imporre sanzioni. A volte mi impressiona sentire un leader come Ahmadinejad che chiede la distruzione di Israele, uno stato membro delle Nazioni Unite. E che, sessant’anni dopo la Guerra Mondiale, chiede agli ebrei di tornare nei loro paesi d’origine. L’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite, o quelli nelle varie capitali europee, vengono sempre ricevuti con strette di mano. Io come ebreo sono personalmente agghiacciato».
In che senso?
«Mio nonno venne in Israele per la prima volta nel 1908 dove fondò una famosa libreria accademica. Poi fu richiamato alle armi in Germania per la Guerra del ’14-’18, dopo la fine del conflitto rimase in Germania fino al 1° aprile 1933. Era un sabato mattina, tornava dalla Sinagoga e trovò scritto sulla sua porta «Ebrei fuori dalla Germania». Quattro mesi dopo lui e la famiglia tornarono nella terra di Israele. Ahmadinejad ora vuole distruggere il mio Paese e mandarci di nuovo in Germania. Cosa devo pensare della politica degli altri Paesi verso l’Iran? Questo mi riporta a bruttissime memorie. Il mondo non ha imparato nessuna lezione dalla storia».
E i palestinesi?
«Dobbiamo fare delle differenze all’interno dei palestinesi. Gaza è terra di Hamas. E Hamas, invece di investire nel benessere della propria gente, investe in esplosivi, bombe e indottrinamento all’odio contro gli ebrei e Israele. Dall’altra parte c’è la West Bank dove governa il presidente Abu Mazen e il primo ministro Salam Fayad: loro sono i nostri veri partner per la pace. Noi e i palestinesi ci stiamo preparando per l’incontro suggerito dagli americani a Anapolis nel Maryland. Speriamo che da quel meeting qualcosa di positivo emerga».
C’è una differenza tra il governo Berlusconi e il governo Prodi nei rapporti con Israele?
«Non vedo grandi differenze. Ci sono, certo, delle sfumature, ma credo che non sia il mio compito di ambasciatore sottolinearle. L’Italia è amica di Israele, questo va detto senza ombra di dubbio».
Gli italiani come guardano Israele?
«Generalmente in modo molto positivo. Certo l’estrema sinistra ha un problema con Israele, ma si tratta di minoranze. Mi sento molto benvenuto in questo Paese e ben accolto. Anche i mass media sono più bilanciati e imparziali che in altri Paesi europei».
In che senso?
«Prima di venire qui come ambasciatore ero incaricato dei rapporti del governo con la stampa internazionale e conosco la differenza con gran parte dei media inglesi e dei media spagnoli».
E con gli ebrei italiani che rapporti ci sono?
«La comunità ebraica italiana è molto vicina a Israele non solo in senso “geografico” ma anche col cuore».
Che giudizio ha lei sull’Italia?
«Lei sta parlando con uno che ha trascorso quasi tutte le sue vacanze passate in Italia. Tre anni fa ci ho lavorato con mia moglie Amira, che è professoressa di studi biblici. Il nostro trentacinquesimo anniversario l’abbiamo festeggiato all’Arena di Verona, sulle Dolomiti e a Venezia».
Quali sono i suoi prossimi impegni come ambasciatore di Israele in Italia?
«Visto che l’Italia è un grande Paese di cultura vorrei che il 2008, che è il sessantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele, fosse occasione per unire i due popoli attraverso la cultura, l’economia e il turismo».
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