Da LIBERO del 22 novembre 2007:
Per concessione dell'autore, anticipiamo stralci del capitolo su Sayed Hassan Nasrallah dal libro "I nomi del male" (Boroli, pp. 187, euro 14) del collaboratore di Libero Maurizio Stefanini, da oggi in libreria
Miliziano a 15 anni, Nasrallah a 16 è già capo di Amal (il Distaccamento della resistenza libanese, ndr) nel suo villaggio. Va detto, anche perché quella zona è una roccaforte comunista, dove il movimento sciita fatica a trovare adepti. È vero però che fin da piccolo è stato un topo da biblioteca, sempre intento a leggere tutti i libri soprattutto religiosi su cui riusciva a mettere le mani. «Sembrava già un adulto, non apriva bocca senza riflettere, si vestiva di scuro, non si scopriva mai, non giocava a calcio e non faceva sport» ricordano i suoi compagni di classe. (...) Alla fine trova un religioso importante che è amico dell'aya tollah Sadr, e che gli dà una lettera di raccomandazione per studiare nella città santa irachena di Najaf. «Con l'aiuto di alcuni amici di mio padre e vendendo qualche cosa» racconta sempre Nasrallah «misi insieme i soldi e volai a Baghdad. Da lì presi un autobus per Najaf... Quando arrivai non avevo un soldo... ero ridotto a pane e acqua e dormivo su un materasso polveroso... Chiesi agli altri studenti libanesi come far avere la lettera all'ayatollah Sadr, (...) e loro mi dissero che solo Abbas al-Musawi poteva aiutarmi». Tra Iraq e Libano
È il primo incontro con l'uomo che lo introdurrà nelle alte sfere di Hezbollah. «Quando vidi per la prima volta Abbas al-Musawi pensai che fosse iracheno perché la sua pelle era un po' scura, e così gli parlai in arabo classico, ma lui capì subito... "Dai, sono libanese anch'io, arrivo da Nabi Sheys"». I due, separati da otto anni di differenza, divengono inseparabili, anche perché nel 1978, quando Saddam Hussein inizia a stringere i freni con gli sciiti, assieme sono espulsi e mandati in Libano. Nel frattempo si sta scatenando in Iran la rivoluzione khomeinista, che prenderà il potere nel febbraio 1979. (...) La scomparsa del moderato Musa Sadr, l'intervento israeliano, la radicalizzazione dello sciismo iraniano al potere, la sua guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein sono tutti fattori che portano a quella svolta per cui in Libano i partiti di sinistra tendenzialmente laici sono sempre più emarginati da una nuova leva di islamici integralisti. Da ricordare è il 1982: anno di quell'operazione Pace in Galilea che porta gli israeliani a Beirut; delle stragi di Sabra e Chatila; dell'arrivo di un contingente multinazionale Nato; e del «pellegrinaggio» di un migliaio di pasdaran, che accompagnano attraverso la Siria il ritorno dei delegati libanesi alla Conferenza islamica di Teheran, indetta per aiutare a stabilire un fronte diretto tra la Rivoluzione islamica e i «Grandi Satana» israeliano e americano. Un'operazione pilotata direttamente dall'ambascia tore iraniano a Damasco Ali Akbar Mohtashemi, e che inizia con la «conquista» della città di Baalbek e della circostante valle della Bekaa, dove i Guardiani della Rivoluzione iraniana spingono la popolazione sciita a espellere soldati governativi e cristiani, trasformandola nel primo feudo del costituendo Partito di Dio. È più esattamente a novembre, quando alcune centinaia di donne in chador escono da una manifestazione per prendere d'assalto la caserma Sheik Abdallah, travolgendo le sentinelle e costringendo i militari alla fuga. Per dieci anni, l'edificio diventa il quartier generale di Hezbollah, dove verranno organizzate trenta sessioni di addestramento, con almeno trecento volontari libanesi per ogni corso. Dio e il kalashnikov
«E coloro che prendono per alleato Dio, il suo Inviato e coloro che credono: ecco il Partito di Dio, i Vittoriosi», è quel versetto 56 del Corano da cui il nome è ripreso, e che compare scritto in verde e rosso anche nella bandiera gialla del movimento, assieme a un logo in verde con i simboli di un kalashnikov, del mondo, del Corano e di un tronco a sette foglie: tutti elementi ripresi dal vessillo dei pasdaran. La polemica è ormai anche con Amal, il cui nuovo leader dopo la scomparsa di Musa Sadr è l'avvocato Nabih Berri: troppo laico e troppo corrotto per i gusti di Hezbollah. La prima azione kamikaze avviene l'11 ottobre 1982, quando il diciassettenne Ahmad Qassir conduce una Mercedes con quattro quintali di esplosivo contro il comando israeliano di Tiro, uccidendo 141 persone. Il 18 aprile 1983 un furgone fa saltare l'ambasciata Usa a Beirut, mentre è in corso una riunione tra il capoanalista della Cia per il Medio Oriente Robert Ames e i suoi quattro più stretti collaboratori. Saranno tra i 60 morti, privando per almeno dieci anni i servizi Usa nella regione delle loro intelligenze migliori. Il 16 ottobre 1983 uno scontro tra un convoglio israeliano e 50.000 fedeli sciiti in pellegrinaggio, con il saldo di 15 morti, accende la rivolta in tutto il Sud. Il 23 ottobre due camion-bomba contro le caserme di americani e francesi a Beirut fanno 299 morti e 96 feriti. «Volete soffrire con Hussein?» proclama in un sermone il leader spirituale di Hezbollah, l'ayatol lah Fadlallah, facendo riferimento all'imam sciita ucciso in battaglia dai sunniti. «Allora per voi c'è la Garbala del Sud. Qui potrete ferire e venire feriti, uccidere ed essere uccisi e assaporare la gioia spirituale di Hussein quando accettò il sangue del proprio figlio assieme al proprio sangue e alle proprie ferite». (...) Salah Ghandour, che il 25 maggio 1995 si infilerà con una macchina carica di esplosivo nel mezzo di un convoglio israeliano nel Sud del Libano, scriverà così nel suo testamento: «Chiedo ad Allah di garantirmi il successo e di incontrare il Signore del martirio, il grande imam Hussein che ha insegnato a tutti i popoli liberi come vendicarsi degli oppressori». Nel febbraio del 1985 così spiega il manifesto dottrinale di Hezbollah: «Noi consideriamo Israele l'avanguardia degli Stati Uniti all'interno del mondo islamico. È il nemico odiato e deve essere combattuto fino a quando gli odiati avranno quel che si meritano». «La nostra lotta terminerà solo quando questa entità verrà annullata. Non riconosciamo alcun trattato, alcun cessate il fuoco, alcun accordo di pace con essa... Condanniamo vigorosamente tutti i piani per un negoziato con Israele, consideriamo i negoziatori nostri nemici perché questi negoziati non sono altro che il riconoscimento della legittimità dell'occupazione sionista della Palestina».
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