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Ti racconto la mia storia. Dialogo tra nonna e nipote sull’ebraismo La storia della sua vita e la presentazione delle sue convinzioni che Tullia Zevi, figura di punta nella storia della minoranza ebrea-italiana nel corso di tanti decenni, comincia là dove sarebbe impossibile non dover cominciare, per una persona della sua generazione: “Non potrò mai dimenticare l’estate del ‘38”. Nemica di ogni forma di presenzialismo ed esibizionismo,
Figlia di un Calabi importante avvocato milanese e di una Bassani ferrarese, la sua infanzia e adolescenza sono state improntate – fino all’estate del ’38 – alla serena convinzione che la differenza non stesse nell’essere ebrea ma semmai antifascista, e più volte ricorda quanto il processo di assimilazione degli ebrei nella comunità nazionale fosse avanzato, quanto l’appartenenza ebraica non costituisse un problema. Direi anzi che di questo
Dall’Italia alla Svizzera agli USA, e poi nell’Italia del dopoguerra e in giro per il mondo per lavoro, moglie di un uomo irruento come Bruno, madre di due figli di “Lotta Continua”, Tullia Zevi ha scelto di avere una propria vita professionale come giornalista e una vita pubblica come, per esempio, alla presidenza della Ucei, la comunità ebraica italiana, sempre in piena autonomia e assumendo tutte le responsabilità che, epoca per epoca, ha ritenuto giusto di dover assumere, a volte non capita e approvata anche all’interno della Comunità, sempre aperta al dialogo e al rispetto delle altrui differenze.
Si vedano, nel libro, non solo le sue considerazioni sul mondo arabo, improntate a una straordinaria serenità e saggezza, ma anche quelle sulla minoranza valdese italiana, cui è stata sempre molto vicina. “
Le più belle pagine del libro, quelle che a mio parere la rappresentano meglio, riguardano il processo ai criminali nazisti a Norimberga e quello a Eichmann a Gerusalemme, cui assistette da giornalista. Ci sono nel libro considerazioni che riguardano pienamente il passato, con tutte le sue colpe, altre sul nostro ambiguo e terribile presente. Con chiarezza, con modestia, ma anche con la ferma coscienza di convinzioni derivate dall’esperienza, Tullia Zevi, amorevolmente spinta dalla nipote Nathania, ci ha consegnato un libro sulla storia del Novecento pieno di ammaestramenti, che dice molto più di quel che non sembri a chi voglia ancora ascoltare una voce come la sua, dentro un secolo che non si è annunciato migliore del precedente.
Goffredo Fofi
Il Sole 24 Ore
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