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L'Opinione Rassegna Stampa
21.11.2007 Saddam voleva le armi chimiche e la bomba
lo rivelano documenti segreti iracheni

Testata: L'Opinione
Data: 21 novembre 2007
Pagina: 1
Autore: Stefano Magni
Titolo: «Ecco la “pistola fumante” di Saddam Hussein»
Da L'OPINIONE del 21 novembre 2007

La “pistola fumante” di Saddam Hussein (le armi di distruzione di massa) non è stata mai trovata. Questo mancato ritrovamento ha minato tutta la parte di politica estera di George W. Bush basata sull’attacco preventivo e il rovesciamento dei regimi più pericolosi, scoraggiato ulteriori azioni militari contro i paesi che sponsorizzano il terrorismo e demoralizzato gli Americani, impegnati in una lunga guerra in Iraq. Ma il fatto che la “pistola fumante” non sia stata trovata, non vuol dire che non vi fosse. Al contrario, sempre più documenti iracheni, autentici, tradotti dall’arabo e attualmente nelle mani degli Americani, attestano la presenza di un vasto programma di sviluppo di armi chimiche e nucleari nell’Iraq di Saddam Hussein sino al momento dell’invasione anglo-americana del marzo del 2003. L’ex ufficiale dell’aviazione irachena George Sada aveva già pubblicato un libro di memorie contenente la sua testimonianza sul trasferimento delle armi chimiche alla Siria, alla vigilia della guerra contro la Coalizione.

La testimonianza di Sada è stata ampiamente ignorata, sia da una sinistra americana che fonda tutta la sua propaganda sul motto “Bush ha mentito”, sia da una destra evidentemente sempre più imbarazzata dalla durata e dai costi del conflitto. Ma la sua versione dei fatti è stata confermata anche da un altro dissidente iracheno (soprannominato “Abu Abdallah” perché vuole restare in anonimato), il quale parla di un trasferimento di armi chimiche alla Siria il 10 marzo del 2003, dieci giorni prima dell’inizio dell’offensiva della Coalizione. I documenti segreti di Saddam Hussein (pubblicati in parte e commentati su LoftusReport.com, il sito di John Loftus, direttore dell’associazione International Intelligence Summit) provano l’esistenza di un programma di armi chimiche, portato avanti sino agli ultimi giorni del regime. Il dittatore iracheno acquistava illegalmente componenti chimiche per la sintesi di gas quali lo Zyklon B (lo stesso gas usato dai nazisti ad Auschwitz) e gas nervini, ancora nel corso del 2002. I documenti di Saddam provano che le armi chimiche furono prodotte in grandi quantità. Mentre, a parte le testimonianze citate sopra, non ci sono prove sulla loro distruzione o sul loro trasferimento.

Fonti di intelligence americane, britanniche e ucraine, ipotizzano che il passaggio di armi chimiche in Siria, all’ultimo minuto, sia avvenuto su pressione della Russia di Putin. La ricostruzione di John Loftus parla di quattro fasi di smantellamento/trasferimento/occultamento delle armi segrete di Saddam: nella prima metà degli anni ‘90, il regime iracheno obbedì solo in parte alle clausole dell’armistizio, dopo aver perso la Guerra del Golfo del 1991 e smantellò appena un quarto del suo arsenale. Nella seconda metà degli anni ‘90, quando Saddam iniziò a non cooperare più con gli ispettori dell’Onu (fino a decretarne l’espulsione nel 1998), un altro 25% delle sue armi fu venduto o trasferito ad altri paesi confinanti, soprattutto la Siria. Infine, quasi tutto quel che rimaneva, sarebbe stato passato al regime siriano nei giorni che precedettero il conflitto del 2003. Il “quasi” è d’obbligo, perché alcune componenti del programma rimasero in Iraq (e nella stessa Baghdad) anche dopo l’ingresso delle truppe della Coalizione.

E qui si apre un altro capitolo, ancor più inquietante, se possibile: quello del programma nucleare di Saddam. La registrazione di un summit del regime iracheno del 2002 permette di sapere che gli alti funzionari del Baath, nel pieno della crisi, stavano ancora discutendo su come progettare e costruire una bomba all’idrogeno. Documenti anche più recenti, che risalgono alla vigilia della guerra del 2003, contengono piani dettagliati per la costruzione di armi nucleari. Sempre stando alla documentazione ritrovata, si sa che il materiale utilizzato per il completamento di questo programma fu nascosto in bunker sotterranei sotto il letto del fiume Eufrate, tra il febbraio e il marzo del 2003, per evitarne la distruzione. Gli ispettori statunitensi trovarono i bunker (che erano già stati svuotati) e scoprirono che erano ancora radioattivi, il che vuol dire che dentro di essi era stato stivato materiale nucleare sino ai giorni della guerra.

Attualmente il caso dell’ex programma nucleare iracheno rischia di ritornare di stretta attualità. Sarebbe infatti il materiale “trafugato” sotto il naso degli Americani nel 2003 ad aver costituito la base del presunto programma analogo in Siria, poi proseguito, stando alle inchieste di Washington Post e New York Times, anche con materiale e consulenti nordcoreani. Dell’incursione aerea israeliana in Siria del 6 settembre scorso si sa ancora pochissimo. E se un’ispezione futura in territorio siriano dovesse svelare l’esistenza di impianti “made in Iraq”? Ecco: quella sarebbe la tanto cercata pistola fumante. Ma nel frattempo non si può continuare ad ignorare che prima della guerra del 2003 Saddam era intenzionato a dotarsi di armi di distruzione di massa. Inutile dire che cosa sarebbe successo se fosse rimasto al potere fino ad oggi, soprattutto in caso di fine dell’embargo: l’Iraq disponeva già di armi chimiche e di tutte le conoscenze necessarie per dotarsi di armi nucleari.

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