La pace fredda tra Egitto e Israele a 30 anni dalla visita di Sadat a Gerusalemme
Testata: La Stampa Data: 19 novembre 2007 Pagina: 13 Autore: Francesca Paci Titolo: «Oggi, due Paesi amici due popoli molto lontani»
Da La STAMPA del 19 novembre 2007
Tzipi Livni si confonde tra il pubblico e i pannelli della mostra «No more war», l'omaggio del Menachem Begin Heritage Center di Gerusalemme al trentennale della visita del presidente egiziano Sadat in Israele, premessa al trattato di pace di Camp David del 1979. Era il 19 novembre 1977: la ministro degli Esteri aveva 19 anni, l'età della leva. La sua nazione in uniforme sembrava aver imboccato una strada in discesa. Eppure oggi le immagini di quel successo, coronato dal Nobel per la Pace nel 1978, appaiono sbiadite. Se i due Paesi sono ancora «amici», i rispettivi popoli non sono mai stati tanto lontani. Dopo l'entusiasmo iniziale e la stagione degli attentati, gli israeliani hanno rinunciato alle ferie in Egitto: dal 2001 il turismo è calato del 70%. E gli egiziani hanno sempre guardato a dir poco con sospetto l'ex-nemico: le istituzioni hanno dimenticato di celebrare Sadat e un mese fa l'attore egiziano Amr Waked è stato espulso dalla Egyptian Actors Union per aver recitato con un collega israeliano. Cosa resta allora del «modello Camp David», la madre di tutte le intese sponsorizzata dal presidente americano Jimmy Carter? C'è qualcosa da portare ad Annapolis, il vertice israelo-palestinese programmato per fine mese ma ancora senza elenco degli invitati e adesione ufficiale del Cairo e di Ryad? «Annapolis è solo una via per tornare al tavolo dei negoziati», ammette il ministro e osserva una vignetta con Sadat e il premier Begin legati alla scrivania a stelle e strisce mentre due mani afferrano le rispettive giacche per tirarli indietro. Basterebbe sostituirli con Abu Mazen ed Ehud Olmert, ancora neppure seduti. La piattaforma è vaga e la tensione esplosiva. Quando la Livni afferma che «il futuro Stato palestinese dovrà provvedere ai palestinesi di tutto il mondo, compresi gli arabi-israeliani» l'eco delle sue parole arriva alla Knesset e i deputati arabo-israeliani minacciano le barricate contro il «nuovo tentativo di deportazione». L'ombra del passato grava sul presente. Tzipi Livni guarda la foto dei due leader che scrutano Asuan il 10 gennaio 1980, soli. Un anno e mezzo dopo Sadat sarebbe morto per mano dei Fratelli Musulmani, pagando con la vita la scelta difficile e impopolare. Qual è l'eredità di questi trent'anni? Una maledizione secondo Talal Salman, direttore del quotidiano libanese A-Safir, convinto che la visita di Sadat sia stata «un crimine che ha distrutto ogni possibile sostegno arabo unitario alla causa palestinese». Ma a Ramallah Samih Jarrar, 21 anni, studente di legge a Birzeit, ci spera: «Avremmo bisogno di un Mandela, ma ci basterebbe un Sadat».
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