E' questa la notizia più interessante dela viaggio in Libano di Massimo D'Alema, un incontro che lui definisce . Che per il ministro degli esteri del governo italiano sia normale incontrare un gruppo terrorista, non è cosa nuova, era già successo e presumiamo succederà ancora. Gli suggeriamo, per i suoi prossimi tour intorno al mondo, di dare un'occhiata ai vari gruppi terroristi che pullulano un po' ovunque, avrà solo l'imbarazzo della scelta. Già che che c'è, veda se può programmare anche un incontro con Osama Bin Laden, nel mazzo dei terroristi è certamente quello di maggior spicco. Riprendiamo la cronaca dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/11/2007, a pag.10, il servizio dell'inviato Marco Nese, dal titolo " D'Alema in Libano, il problema è Aoun". Il patriarca maronita ha individuato sette candidati. Tra questi Michel Aoun, convinto di essere la scelta ideale DA UNO DEI NOSTRI INVIATI BEIRUT — «Si sta lavorando per una soluzione condivisa da tutti, cristiani, sciiti e sunniti. Ma la situazione è complicata». Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema è a Beirut per incontrare le autorità libanesi e incoraggiarle a trovare un accordo sul nome del presidente della Repubblica. L'elezione deve avvenire entro venerdì 23, quando scade il mandato del presidente Emile Lahoud, che dopo i sei anni previsti è rimasto in carica per altri tre con una proroga. In base alla divisione delle cariche istituzionali prevista dalla Costituzione, il capo dello Stato deve essere scelto fra i cristiano-maroniti. «Il patriarca Nasrallah Butros Sfeir — dice D'Alema — si è adoperato per individuare candidati di prestigio accettabili anche per l'opposizione». Ne è venuta fuori una lista che comprende 7 personaggi: ci sono politici come Nassib Lahoud, Robert Ghanem e Butros Harb, e leader cristiani abbastanza indipendenti come Joseph Tarabay, Michel Edde e Damianos Kattar. Il settimo è il generale Michel Aoun, 72 anni, il quale è fermamente convinto di essere il candidato ideale. «Il mio nome è quello che conta». Nell'incontro con D'Alema, Aoun è stato categorico: «Non mi tiro indietro». E ha sostenuto che la sua candidatura gode dell'appoggio dei due terzi dei cristiano-maroniti. «Ha esibito — spiega D'Alema — i risultati di sondaggi che gli riconoscerebbero un buon seguito». Però, gli ha fatto notare il ministro, si sta lavorando per una soluzione condivisa da tutti. Per questo sarebbe opportuno che chi può contare solo su un sostegno parziale metta da parte le ambizioni individuali e lasci il campo a una personalità con maggiori chance. È un passaggio cruciale nella storia tormentata del Libano. Già per tre volte il Parlamento ha rinviato quest'anno l'elezione del nuovo capo dello Stato per l'impossibilità di individuare un personaggio super partes, che non sia troppo filoccidentale, ma neanche apertamente filosiriano. È obbligatorio scegliere. «Il rischio — teme D'Alema — sarebbe una drammatica deriva istituzionale per un Paese nel cuore di una regione instabile ». In caso di fallimento, il ministro degli Esteri sarebbe pronto a tornare a Beirut lunedì 26 insieme con i colleghi spagnolo e francese Angel Moratinos e Bernard Kouchner. Si è mosso anche il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che ha ammonito i capi libanesi: «Accordatevi, altrimenti siete sull'orlo di un baratro ». Già si agita il capo Hezbollah, lo sceicco Nasrallah: «Senza un accordo il presidente Lahoud deve prendere iniziative forti». Non ha detto quali. D'Alema ha incontrato anche un rappresentante di Hezbollah: «Incontriamo i rappresentanti di tutte le forze politiche — ha spiegato — è normale». Il presidente del Parlamento Nabih Berri e il capo della maggioranza Saad Hariri promettono di selezionare dalla lista dei 7 un paio di nomi. D'Alema crede che fra loro ci sia l'uomo giusto: «Abbiamo mandato Di Paola alla Nato. In campo internazionale siamo come il Milan, non perdiamo colpi».
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