Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Vita da studenti a Teheran un reportage di Vanna Vannuccini
Testata: La Repubblica Data: 14 novembre 2007 Pagina: 40 Autore: Vanna Vannuccini Titolo: «Musica, rimmel e repressione vita da studenti a Teheran»
Dalla REPUBBLICA del 14 novembre 2007:
Il piccolo caffè sulla via Saadatabat non sembra a prima vista un ritrovo di studenti, con le sue immagini di Ali e i versi di Rumi appesi alla parete. Ma questo, dice il gestore, un ragazzo con capelli e barba lunga come un sufi, è uno dei posti più frequentati dagli studenti, soprattutto dell´università Allan Tabatabai che non è lontana, perché la regola è che qui tutti possono trovarsi a loro agio, dai religiosi come me, che hanno scoperto Ali e praticano una forma di sufismo (non troppo ben vista dai regime), a tutti quelli che religiosi non lo sono o non lo sono più. Il sottofondo musicale, uno degli ultimi album dei Coldplay, Speed of Sound, gli dà ragione. I Coldplay sono il gruppo europeo più di moda fra gli studenti di Teheran e qui è venuto una volta perfino Mohsen Nanjoo, il cantantautore i cui dvd si trovavano finora solo illegalmente ma che da qualche mese sono comparsi anche nei negozi. I ragazzi discutono delle proteste studentesche che hanno ricominciato a esplodere qua e là a Teheran, ieri proprio all´università Allan Tabatabai, un ateneo di eccellenza per le materie umanistiche, che non aveva visto più manifestazioni politiche dopo il processo anni fa, di un professore, Aghajari. Qualche settimana fa c´erano state proteste alla Statale, quando Ahmadinejad era andato a fare il discorso inaugurale e a intervalli regolari manifestano gli studenti di Amir Kabir, il Politecnico che per la prima volta nove mesi fa aveva gridato in faccia a Admadinejad «morte al dittatore». Certo, il movimento studentesco che sette anni fa riempì le strade delle città iraniane, non c´è più, dicono Samineh e Ali, due dei protagonisti della protesta. «Quelli del 99 erano la prima generazione nata e cresciuta nella Repubblica islamica, e ne avevano abbastanza di essere tenuti sotto tutela, della corruzione, dell´arroganza, della presunzione di uno Stato che si arrogava il diritto di prescrivere ai suoi cittadini, e soprattutto ai giovani, come vivere, che cosa leggere, qualche musica ascoltare, in che cosa credere. Non chiedevano nulla di straordinario, solo un po´ di libertà. Ma si resero conto che in uno Stato come la Repubblica islamica già questo era straordinario. E lo è diventato ancora di più da quando Ahmadinejad è succeduto a Khatami e il governo emette ogni settimana norme più rigide di comportamento e di abbigliamento». Nessuno, bisogna dire, sembra finora mettere in atto queste nuove norme. Anche se ci sono casi spaventosi, come quello di Zahra, la studentessa di medicina arrestata mentre chiacchierava col fidanzato in un parco di Hamedan e morta in carcere due giorni dopo. Suicida, secondo la polizia, ma nessuno ci crede. Samineh e Ali non sono sposati né fidanzati eppure sono arrivati tranquillamente al caffè insieme. Samineh ha un bel viso privo di trucco, come le altre due ragazze che siedono al tavolo. La lipstick jihad, com´era stata chiamato quell´eccesso di rossetti e di rimmel che caratterizzava la resistenza delle iraniane alle imposizioni del regime, è passata di moda. «Non posso travestirmi da prostituta per avere l´impressione di essere libera», dice. «Gli studenti stanno tutti dalla nostra parte» racconta Ali, «solo che non vogliono esporsi, perché i costi da pagare sono troppo alti. Ci aiutano, ci proteggono, per esempio alla Statale ci avevano dato i loro tesserini perché potessimo entrare, ma non hanno speranza e per avere coraggio bisogna avere speranza». Loro in che cosa sperano? Entrambi stavano per laurearsi brillantemente quando sono stati espulsi da ogni università del paese. Ali non può nemmeno andare all´estero senza fare prima il servizio militare. Ma all´estero non vogliono andare, contrariamente alla maggioranza che la prima cosa che ti chiedono quando li incontri è: come si fa ad avere un visto per l´Italia (vista come anticamera dell´America, che è il sogno di tutti). E spesso non te lo chiedono solo i ragazzi ma i genitori, anche negli ambienti di regime in cui meno te lo aspetteresti. Loro vogliono invece restare in Iran, per lottare contro le illegalità, dicono. Legalità è la parola che ricorre più spesso nei loro discorsi. Le illegalità che li circondano continuano a sorprenderli. Te le enumerano una ad una. Per far espellere uno studente, o un professore, i basiji scrivono al rettore di essere stati discriminati nei voti rispetto a quello «studente laico» e questo basta a farlo sospendere. Oppure, altro esempio, creano una nuova associazione studentesca e dichiarano illegale quella ufficialmente riconosciuta, Takim e Vahdat, nel silenzio delle autorità accademiche. Insistono per dare al giornalista occidentale nome e cognome, siamo cittadini, abbiamo una carta d´identità, non abbiamo niente da nascondere, dicono. Pochi giorni dopo il nostro colloquio Ali sarà prelevato di notte nella sua abitazione, come ha raccontato la madre, e portato a Evin, nel braccio dell´isolamento che ha conosciuto prima le torture della Savak ai tempi dello scià e poi quelle dei nuovi governanti. Accusato di «attentare alla sicurezza dello Stato». Aspetterà inutilmente un processo. Forse, come tanti altri, sarà rilasciato dopo qualche tempo ma solo dopo aver firmato una falsa confessione. Nel 1999 gli studenti avevano creduto di poter cambiare l´Iran. Forti del loro numero, che era triplicato nei vent´anni dopo la rivoluzione, da 7 a 19 milioni. Anche quello delle studentesse aveva fatto un balzo enorme - provocato, ed è uno dei tanti paradossi dell´Iran, dalla segregazione dei sessi imposta dal regime islamico, che aveva aperto per la prima volta le porte delle case alle ragazze delle campagne e delle famiglie religiose tradizionali. Tra il 79 e il 99 l´alfabetizzazione tra le donne era passata dal 28 a quasi il 90 per cento. Nel centro commerciale di Vanak, le ragazze della classe media passano la giornata a fare shopping a parlare al telefonini. Due studentesse ci chiedono se davvero Benetton dovrà chiudere. A loro interessa la moda più che la Repubblica islamica. Della politica non gliene importa niente, facciano quello che vogliono, loro non si fidano di nessuno e giornali non ne leggono. Non sono povere, ma nemmeno ricche, devono fare attenzione a come spendono il denaro che la famiglia dà loro. Spesso più del denaro contano le conoscenze, dicono, sono queste che ti permettono di procurarti vestiti, borse, scarpe, per la metà del prezzo. Studiano informatica, ma quello cui aspirano è soprattutto un marito, trovare un uomo da sposare e da avere accanto per tutte quelle cose per le quali serve avere un uomo accanto è il loro sogno. Ma per trovarlo bisogna essere à la page, che colore va di moda quest´anno in Italia? Il nero, ancora il nero, ma non è possibile, se ne vanno irritate. Soheila studia ingegneria all´università Azad di Shiraz. Le università Azad sono atenei privati che esistono in quasi tutte le città iraniane ai quali si può essere ammessi senza il difficilissimo esame necessario per accedere alle università statali ma pagando una tassa molto alta. Soheila ha 23 anni. Per pagarsi gli studi, ha già fatto quattro «matrimoni temporanei». Per incontrarla, è bastato rispondere al suo annuncio, comparso sul sito web più diffuso sui matrimoni temporanei, 30gheh.com (trenta in farsi si pronuncia «si» e il logo diventa sigheh, che vuol dire appunto il matrimonio temporaneo). Tra i diversi annunci nel sito - quasi tutti di uomini ma tre anche di donne - il suo spiccava per la meticolosità dei dettagli: quattro mesi e non oltre 200.000 tuman al mese da pagare tutte insieme all´inizio, garanzia di non perdere la verginità - e se questo fosse accaduto, un risarcimento di 1000 monete d´oro di mehrieh (il mehrieh è la somma che nei matrimoni normali il marito s´impegna a versare alla moglie in caso di divorzio e che viene calcolata in monete d´oro). No, non ha mai rivisto nessuno dei suoi «mariti temporanei», racconta, è infatti una delle condizioni che pone nell´annuncio. Sottolinea che ha sempre chiesto una somma giusta, che le basta appena per andare avanti. Il sigheh può durare da un´ora a 90 anni ed è previsto dalla religione sciita, anzi in questi ultimi tempi viene propagandato dal regime nel tentativo di sopire lo scontento dei giovani che per mancanza di lavoro e di soldi devono rinviare sempre più in là la data del matrimonio. La sera, a Teheran, a una cerimonia in memoria di Alireza Nouri, il giovane deputato amato dagli studenti che morì cinque anni fa in un incidente di macchina (simulato, i freni della vettura erano stati manipolati), sono venuti anche molti ex studenti, tutti con un´attività politica e diversi anni di carcere alle spalle (ma non è venuto l´ex presidente Khatami, che era atteso). Il poeta Batkubei recita una poesia che comincia così: «ci hanno tolto l´amore di Dio in nome della religione». Facciamo una preghiera perché tu non finisca in prigione come Emadeddin Baghi, gli dicono. Un religioso commenta: «Che cosa è diventata la nostra Repubblica islamica. E quello che mi dispera è che non si vede come potremo uscirne».